26 maggio 2014

La classe è… acqua

5Ho scritto queste righe per l’inserto La Lettura del Corriere della Sera, nell’ambito del dibattito sulla scuola affrontato dal giornale nelle ultime settimane.

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Le parole abusate sono segnaletica della nostalgia, fosforescenze di ciò che perdiamo. Scuola: tutti ne parlano, mentre rantola.

Se dovessi distillare il succo di 14 anni di insegnamento, di incontri in ogni tipo di scuola e di migliaia di lettere di studenti, docenti e genitori, dovuti ai libri che ho scritto, direi con E.Canetti: “Ogni cosa che ho imparato dalla viva voce dei miei insegnanti ha conservato la fisionomia di colui che me l’ha spiegata e nel ricordo è rimasta legata alla sua immagine. È questa la prima vera scuola di conoscenza dell’uomo”. Così ne La lingua salvata definiva l’essenza della scuola: la viva voce e l’immagine dell’insegnante. Solo una discontinuità antropologica (e quindi economica) potrà cambiare la scuola, non belletti organizzativi spacciati per riforme. Una rivoluzione copernicana che ponga nell’ordine giusto conoscenza e amore: ogni crescita in estensione e profondità della nostra conoscenza del mondo presuppone un’estensione della nostra sfera di inter-esse, cioè d’amore.

Perché non chiudiamo le scuole e non carichiamo le lezioni su youtube risparmiando tempo e fatica? Perché siamo convinti che insegnare sia una relazione attuale: spazio e tempo condivisi nell’irripetibile dinamismo della vita e delle vite.

Se un ragazzo esteriormente somiglia più al padre o alla madre, interiormente (sguardo sul mondo, fiducia nella vita) corrisponde alla qualità della relazione tra i genitori. Così l’insegnamento, parte dell’educazione, si dà nella triplice relazione professore-studente, professore-genitori, professore-colleghi. Classe e studente somigliano alla qualità di queste tre relazioni. Posso soffermarmi solo sulla prima.

La qualità della relazione docente-studente determina l’apertura conoscitiva, a meno di non illudersi che istruzione ed educazione siano separabili. Si conosce soltanto ciò a cui la nostra intelligenza ri-conosce un valore (il cuore intelligente di Finkielkraut) segnalato da tutto l’essere dell’in-segnante. Non ci può essere educazione (né insegnamento) in differita, perché la relazione coinvolge tutti i livelli della persona (corporeo, intellettivo, spirituale). Il moscone del cogito cartesiano continua a sbattere contro il vetro che non vede: cervelli riempiti di nozioni, addestramento pavloviano a ripetere, miglioramento solo con la sanzione dell’errore. L’insegnamento invece avviene solo in atto, perché solo la vita integrale educa. Si insegna con tutto: sguardo, tono di voce, movenze del corpo, disposizione dei banchi, brillare degli occhi, segni su un compito, cellulare spento… e parole. Una relazione funziona quando genera i beni specifici per cui la si instaura, se quella scolastica non genera attenzione, motivazione, curiosità, non è solo per carenza di stipendio, mura scorticate, vuota burocrazia, giovani e famiglie d’oggi, ma per carenza di relazione. Che cosa è necessario perché essa sia e sia generativa?

La molecola d’acqua è relazione tra due atomi d’idrogeno e uno d’ossigeno, uno dà all’altro ciò di cui l’altro ha bisogno. Anche a scuola è così: la classe è acqua!

Nella relazione scolastica tre sono gli elementi indispensabili: amore per ciò che si insegna (conoscenza e passione: studium), amore per il chi a cui si insegna (empatia: non sentimentalismo, ma riconoscimento dello studente come soggetto di un “inedito stare al mondo” e non oggetto da cui ottenere prestazioni), amore per il come si insegna (creatività didattica che rinnova ogni lezione in base ad allievi e contesto: metodo). Senza questi tre elementi la relazione non si dà e genera contro-effetti: noia, avversione, disinteresse. Per questo credo in una personalissima trinità di professori.

Uno. I docenti in atto. Curando faticosamente i tre elementi, trasformano il loro “dìcere”(dire) in “docère”(mostrare): pongono le condizioni dell’imparare non lo pretendono e i ragazzi sono pro-vocati a lavorare sodo (a noia non si oppone divertimento, ma interesse) e a diventare teste fredde e cuori caldi (al contrario di come sono oggi). Generano il desiderio mimetico di raggiungere autonomamente la Luna che il dito mostra, svincolano il sapere dalla pur necessaria prestazione e lo orientano a diventare vita: la cultura come strumento per leggere la realtà con totale apertura, senza subire luoghi comuni e ideologie. Generano simbolicamente, fanno venire alla luce i ragazzi, per ciascuno dei quali hanno una pagina del registro con i punti di forza, non smettono di studiare, prestano libri, offrono un caffè ad uno studente in crisi, fanno una lezione fuori dal programma, dedicano tempo fuori dalla lezione… Tengono il filo come Arianna (amano e sono presenti a distanza) mentre lo studente si addentra nel labirinto e lo decodifica grazie alla cultura che si confronta con la svolte della vita e le sue forme a volte spaventose come il Minotauro. Aiutano i ragazzi a trasformare il loro destino in destinazione: ad ora ad ora m’insegnavate come l’uom s’etterna (Dante a Brunetto). La loro classe è convivio, hanno l’autorità di chi assapora la vita e la porge.

Due. Gli “in-docenti”. Per vari motivi (stanchezza, difficoltà relazionali, equilibrio personale, stipendio…), pur avendo competenza nella materia, non riescono a trasmetterla. Mancano due terzi della relazione (empatia e metodo), somigliano ad un postino che consegna lettere senza busta e/o destinatario. Non propongo disastrose simbiosi o voti politici, ma asimmetria relazionale (non è distacco: emblematico il recente Detachment), in cui la materia è terreno comune di ricerca, non trincea: “la fiducia non si guadagna se ci sforza di guadagnarla, ma se si partecipa alla vita degli allievi, in modo immediato e naturale e se si prende su di sé la responsabilità che da ciò deriva” (Buber). L’indocente non insegna, perché non impara dai ragazzi, la sua classe si appiattisce sulla prestazione (programma ed esame diventano l’orizzonte di autorità).

Tre. Gli “in-decenti”. Non conoscono ciò che insegnano e trasformano la classe, presto connivente, in chiacchierificio e poltiglia educativa.

Ogni discorso sulla scuola è secondario senza i docenti in atto. Non basta l’anzianità come criterio esclusivo di merito nelle graduatorie, ma i tre elementi segnalati e trasversali (docenti, indocenti, indecenti hanno tutte le età). La scuola si liberi degli indecenti; aiuti gli indocenti a (ri)diventare se stessi; punti sui docenti, che ne sono le mura di carne e sangue: ce n’è almeno uno nella nostra vita e gli dovremmo, se non il doppio dello stipendio, almeno un grazie.

La Lettura del Corriere della Sera, 25 maggio 2014 (link) 

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PS. grazie per l’entusiasmo con cui avete accolto questo video segnalato nel precedente post.

[youtube]http://youtu.be/uW_Osb9QJwI[/youtube]

24 risposte a “La classe è… acqua”

  1. Melissa aspirante insegnante ha detto:

    Questo articolo è da standing ovation!!! Che dire, spero solo che un giorno possa diventare anch’io una docente “in atto”, prestando qualche libro, utilizzando le parole e tenendo il cellulare spento! 😉

  2. Martina ha detto:

    Grazie di cuore! 🙂

  3. Giovanni ha detto:

    “La scuola si liberi degli indecenti; aiuti gli indocenti a (ri)diventare se stessi; punti sui docenti, che ne sono le mura di carne e sangue…”
    Ho dovuto ripetere questa degna conclusione della tua bellissima riflessione.
    E un grazie a te, e ai docenti (più d’uno!!) che ho incontato nella mia storia!

  4. José Manuel ha detto:

    Fantástico, es muy verdadera tu reivindicación del docente “in actu”: el riesgo es la persona, la belleza está en esa comunicación donde se puede dar lo mejor. Hay que jugársela con los alumnos, abrirse a la sorpresa de que lo mejor puede ocurrir hoy en el aula; el contagio, la relevancia de lo que es ser persona, que solo puede darse en co-presencia. Tantas cosas de las que estamos huyendo por pereza y por miedo… a la belleza de la vida.

  5. Feli ha detto:

    Grazie, Alessandro. Questo mestiere meraviglioso , che ti mette alla prova ogni giorno, lo puoi fare se sei capace di stupirti ogni volta dello sguardo dei tuoi ragazzi, senza pensare quanto ti pagano. Sono stata nella scuola 42 anni.

  6. andrea ha detto:

    Bello e propositivo, l’articolo. Ma quante possibilità esistono realmente perchè si abbia una scuola come quellà descritta in questo e in altri articoli comparsi su La Lettura? Pochissime. La casta degli insegnati in-decenti è troppo numerosa. E i politici, i burocrati, i sindacati e una bella fetta di genitori, in-dececenti, hanno tutto l’interesse che resti eternamente in agonia. Mi occupo da anni di relazioni scolastiche, e sono i docenti ad essere i più disinteressati ad una inversione di tendenza. Nulla li tocca. Nulla li interessa. Nulla li costringe a partecipare ad una qualsiasi delle iniziative messe in campo per confrontarsi, migliorare, superare l’impasse educativo in cui ci troviamo. Ma rassegnarsi, mai.

    • Prof 2.0 ha detto:

      I cambiamenti si cominciano dalle parole. Poi a poco a poco diventano pensieri. Poi a poco a poco diventano fatti.

    • Filippo ha detto:

      Anche se talvolta è scoraggiante, penso che ognuno debba fare la propria parte, anche quando lo scenario somiglia a quello che hai descritto.
      Sprono sempre i miei ragazzi a tenere alto lo sguardo e a fare il proprio pezzo, quello per cui siamo al mondo. Il bene genera altro bene ed ognuno può essere un piccolo seme

  7. Monica ha detto:

    Amore per ciò che si fa, amore per chi s’incontra… una chiave di lettura del nostro vivere piena di speranza e che condivido pienamente. Essere positivi, sempre, con i piedi saldamente radicati a terra.: è ciò che cerco di fare e trasmettere alle mie figlie (18 e 19 anni, ora la liceo). Purtroppo, spesso, il messaggio trasmesso da tanti docenti, ma non da tutti (per fortuna), è diverso: pieno di negatività, sfiducia, delusione, rabbia …. e molto altro ancora. E questo contribuisce non poco a scoraggiare i ragazzi che hanno già mille incertezze e paure.
    Grazie di cuore per queste tue parole.

  8. Paola Manili ha detto:

    Gentile Alessandro,
    ho apprezzato molto il suo articolo sul Corriere della Sera, perchè rispecchia in toto quello che in questi tre anni di scuola media, di mia figlia, ho “gridato” nei consigli di classe.
    Le lascio solo immaginare come sia gli “in-decenti”, sia una parte dei genitori mi hanno sempre guardata come se fossi un extraterrestre….
    Io che nel mio percorso scolastico ho incontrato dei veri docenti, come lei di cui ho apprezzato anche i suoi video-lezione,ho veramente sofferto in questi anni.
    Spero che in futuro la scuola torni ad essere uno scambio reciproco per la crescita di tutti.
    La ringrazio per la speranza che mi ha dato nel vedere che esistono ancora Insegnanti con la I maiuscola!
    cordialmente
    Paola Manili

  9. Monica ha detto:

    Alessandro, il suo articolo è una fotografia della realtà che sto vivendo come docente e come genitore. Non accetto più la rassegnazione……”quel docente è così, non possiamo fare nulla..” Nei casi più gravi il docente in-decente o in-docente viene spostato da una sezione ad un’altra e se va bene, per modo di dire, in un’altra scuola! In questo modo la scuola diventa indecente e gli studenti perdono la possibilità di riconoscere negli adulti che li circondano la coerenza e l’autorevolezza.
    Per quanto mi riguarda non mi rassegno, bisogna intervenire per dare più fiducia a chi ci guarda in cattedra e si aspetta proprio da noi “il buon esempio”!!

  10. Paola ha detto:

    Condivido appieno e mi impegno, ogni giorno, per appartenere alla prima categoria…

  11. Giovanna ha detto:

    Complimenti per l’ articolo!!!

  12. andrea ha detto:

    concordo molto sull’articolo, specie sui primi due punti che utilizzo anche negli incontri di catechismo…(amo la materia, amo Gesù, amo i miei ragazzi, loro lo sanno e spesso ne approfittano…). Il terzo punto è il più difficile; ho provato di tutto presentazioni in power point, simulazioni in excel, visite ed esempi pratici, giochi (ho realizzato una specie di “milionario” di ripasso per i concetti fondamentali del modulo che stavo insegnando e lo inviato prima del compito; praticamente nessuno ha provato a farlo).Ho faticato molto e sono un po’ deluso dai miei insuccessi. Mi hanno insegnato penosa didattica 30 anni fa, ma forse nessuno ha la ricetta perchè deve essere sempre adattata alla realtà.

  13. Daniela ha detto:

    Per chi non ha incontrato e forse non incontrerà mai un docente “uno e trino” cosa puoi suggerire?
    Cari saluti.

  14. Simone Memmolo ha detto:

    Caro Alessandro,lo so che sarai già intasato di lettere ma vorrei riuscire a contattarti per dei consigli. Sono Simone e ho 19 anni e ho già provato a mandarti una e-mail ma non so se l’indirizzo che c’è sul sito è quello corretto o no

  15. mg ha detto:

    Perdonateci, ragazzi, per tutte le volte che vi siete sentiti trattati ingiustamente
    non capiti, non accolti, non riconosciuti “persona”;

    anche tu, che la scuola hai imparato ad odiarla,
    a snobbarla, a disprezzarla per come ha saputo aggiungere nuove ferite su altre vecchie,

    perdonaci per come non abbiamo saputo vedere la tua presenza come unica e preziosa occasione per crescere insieme alimentandoci a vicenda:

    che la Vita ti mostri i suoi favori e ti guidi verso esperienze in cui potrai valorizzare appieno te-persona, con le tue doti e le tue risorse, nella tua unicità;

    il Mondo ti abbracci e ti protegga, ti faccia sentire il suo calore e la sua forza, ti porti ad essere pienamente te stessa, riscattandoti da un marchio che non ti appartiene.

    Fosse anche uno su un milione lo studente che vive l’assenza di amore nell’ esperienza scolastica con i docenti, quel singolo é già troppo.

  16. Titty ha detto:

    …..grande passione ,grande entusiasmo!la nostra scuola ha bisogno di tutto ciò, ha bisogno di “maestri” non di professori…
    I Professori parcellizzano,vivisezionano il sapere in virtù di una pretesa di approfondimento, il “maestro” opera una reductio ad unum per rispondere alle esigenze dell’allievo….
    il prof indica il proprio orizzonte come obiettivo , il maestro cerca nello sguardo dell’allievo il riverbero del suo orizzonte per fornire gli strumenti per sfiorarlo…
    il prof insegna il maestro insegnando impara!

  17. Pasquina ha detto:

    Ciao,
    sono una tua collega, insegno lettere alle scuole medie da nove anni. Sono arrivata al tuo blog e a vedere il tuo video grazie alle mie alunne di terza media, molte delle quali hanno letto “Bianca come il latte e rossa come il sangue”. Così, com’è mio solito fare, ho letto anch’io il romanzo, per avvicinarmi al loro mondo. Ho scoperto un libro bellissimo, utile non soltanto agli adolescenti, ma anche agli adulti. Non è solo la storia in sé ad appassionare, ma anche la tua capacità di analisi psicologica, la profondità delle tue riflessioni e la forza della tua fede. A stupirmi ancora di più è la tua giovane età. Siamo quasi coetanei e io ne vedo molti intorno a me che sono degli adolescenti cresciuti, ancora in cerca della propria identità e poco inclini ad assumersi delle responsabilità. Invece tu mi sembri eccezionalmente saggio e maturo. Poi guardo il video e capisco che in gran parte è merito dei tuoi grandi Maestri . Condivido tutto quello che dici, sia nel video “L’adolescenza non è una malattia” sia nell’articolo “La classe è acqua”. Tuttavia, nonostante io cerchi in tutti i modi di trasmettere amore per quello che insegno e verso i miei alunni, mi rendo conto che non sempre riesco a centrare l’obiettivo. Questo non solo a causa dei miei umori (perché ci sono, inutile negarlo), ma perché ci sono situazioni talmente problematiche verso le quali mi sento impotente. E non mi riferisco ai BES o ai DSA, ma a quegli alunni che hanno gravi problemi familiari sia dal punto di vista sociale (genitori scapestrati , assenti o addirittura distruttivi) che economico. Noti nel loro sguardo assente, l’inutilità di quello che stai dicendo, perché incapace di risolvere i problemi essenziali della loro vita. Il sistema formativo dice che il docente deve saper essere contemporaneamente insegnante, pedagogo, assistente sociale ecc… Io invece soffro la mancanza di figure specialistiche nella scuola (psicologi e assistenti sociali in particolare). Tu dici che riesci a leggere l’intera Odissea, beato te! In prima media ci vuole un’ora per pochi versi e per alcuni alunni anche questi sono improponibili, perché ho davanti a me dei dialettofoni per i quali già il semplice italiano è difficile (altro che testi epici!). Ovviamente io ho a che fare con dei ragazzini molto più piccoli dei tuoi, alcuni ancora bambini nel vero senso della parola. Penso, però, ad alcuni amici che insegnano negli istituti professionali e che mi raccontano aneddoti incredibili. Ecco perché credo che alcune cose che dici siano vere solo se riferite agli studenti di un liceo e non in altri contesti, nei quali il rischio di diventare in-docenti è alto. Ma se questi meritano un aiuto, nessuna indulgenza è ammessa per gli indecenti, che andrebbero cacciati o, vista la loro età, semplicemente mandati in pensione.
    Avrei ancora tante cose da dirti, ma mi sono già dilungata e temo di tediarti. Grazie per la tua attenzione.
    Pasquina.

    • Prof 2.0 ha detto:

      Cara Pasquina, sono d’accordo con te. Ognuno di noi è chiamato ad adattare ciò che ha studiato alle persone che ha di fronte. Io mi riferisco al contesto in cui insegno nel merito dei contenuti, ma per quanto riguardo lo sguardo sui ragazzi quello è trasversale. Sta a noi incarnare in quel contesto il contenuto. Ognuno fa percorsi diversi perché li ha scelti. Esperienze positive ce ne sono in ogni ordine e grado di scuola. Se fossi in un professionale mi rimboccherei le maniche e proporrei altre cose. Buon lavoro e forza! Grazie per avermi scritto.

  18. Maria del Pilar Zamora ha detto:

    di una copia impresa de este artículo a mi maestra de historia, la mejor maestra que he tenido, y que se irá del colegio. Esto ya se lo conté queridísimo prof en un correo porque usted me responde todo lo que le mando tarde o temprano y gracias por que sé que aunque no responda lee todo.(Me queda a mi la vergüenza de que lo acoso y saturo de mensajes pero qué va al final dudo la vida nos junte en un mismo punto. Sin embargo le pido perdón por los miles de correos msjs etc). Eso le hace a usted una persona más que increíble,aunténtica y generosa.
    No me ha dicho mi maestra sobre el artículo, espero que le guste y que entienda que al fin y al cabo como aparece en su libro cose che nessuno sa, cuando Margherita le da su pieza de puzzle al prof, el prof ( profesor que ademas me parece que ea un poco usted, apasiando, que es lo unico que sé bien de su persona) teme que en realidad eso sea una confesión de amor, amor de alumno al profesor.
    Gracias Alessandro por rejuvenecer la figura del profesor en el mundo en la escuela, por motivar a tanta gente a ser profesor y creer como asi se puede cambiar el mundo. Gracias por encender mi alma en fuego con sus palabras tan bellas y sabias.
    Quiero que sepa que ha cambiado mi vida y me ha hecho soñar como nadie nunca lo había logrado. Y asi ha hecho con miles de jovenes.
    Espero algun dia ver La adolescenza non é un malattia subtitulada al español o aprender italiano.
    GRAZIE!!!

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