Gli zaini insanguinati chiedono risposte
Sedici anni. Anche io li ho avuti. E quando ho visto quei libri aperti e che nessuno leggerà più, quegli zaini svuotati e abbandonati con il fardello di fatiche e sogni che accompagnano ogni sedicenne, quelle scarpe senza piedi che le portino sulle strade di una vita tutta incerta ma piena di prospettive e progetti, tutta da immaginare e assaporare, non ho potuto trattenere le lacrime. Le lacrime versate quando sedici anni li avevo io e nel giro di pochi mesi vidi nella mia città i rottami delle auto della strage di Capaci, le macerie di via D’Amelio, dove era saltato Borsellino, che incontravo tutte le domeniche nella mia parrocchia, e il sangue secco di Padre Pino Puglisi a Brancaccio, professore di religione del mio liceo. Credevo che non avrei mai più riassaporato lacrime della stessa sostanza, generate dallo stesso nonsenso. Avevano lo stesso sapore, anzi, erano ancora più amare. Perché al ricordo si è aggiunta l’evidenza che questo è accaduto in un luogo dove lavoro tutti i giorni: una scuola.
Una sedicenne che mi conosce per i libri mi ha scritto da Brindisi: «Io ero lì esattamente 10 minuti dopo la strage perché la mia scuola si trova a venti metri circa dal luogo maledetto. Oggi alle 18 tutti noi Brindisini scenderemo in piazza, ma non basta. Vogliamo che da tutt’Italia giunga il grido di forza di un popolo che si è stancato e che vuole ritrovare se stesso. Vogliamo che si dia appoggio alla gioventù e soprattutto a noi giovani del meridione che abbiamo il sole nel cuore ed il mare che ci palpita nell’anima. E non abbiamo paura». A lei fa eco un’altra ragazza: «Nella mia mente è nato il terrore. In Italia è nato ancora una volta disordine, angoscia, insicurezza. Più di quanto già non ce ne fosse. L’Italia ha perso ancora, siamo deboli. Parlo dal basso dei miei 16 anni, ma credo che ciò valga per ogni singolo giovane, uomo, anziano, che si senta realmente Italiano».
Questa volta a cadere non sono uomini coraggiosi che lottano consapevolmente, ma sono dei sedicenni che prendono un autobus per andare a scuola, quelli che accolgo in classe tutte le mattine e lottano per un’interrogazione, una fidanzata, un po’ di futuro. E li vedo lì ogni mattina, prima che la campanella squilli, a scambiarsi sbadigli, idee, sorrisi, racconti, con una vita tra le mani tanto fragile quanto forte. Quegli zaini, quei libri, quelle scarpe rimarranno immobili, come statue di una memoria pietrificata e tenteranno di pietrificare tutto il resto: sogni, speranze, fiducia. Quegli oggetti muti ci sussurreranno di ritirarci in silenzio fino a convincerci che tutto è inutile, che siamo soli, che lo Stato non riesce a difenderci, che non abbiamo nulla da sperare in un Paese ferito da una politica inefficace, ingorda e debole, preda facile di una malavita dai connotati terroristici o mitomaniaci, che sferra un attacco che non ha precedenti nel nostro Paese.
Portare il sangue in una scuola è un peccato originale in Italia. Non è come le altre stragi.
Abbiamo visto zaini schiacciati da scuole crollate per disastri naturali o incuria umana, ma non abbiamo mai visto zaini innocenti svuotati da una ferocia calcolata. Sono rimasto in classe, fermo, come se quell’aula in cui fare innamorare i ragazzi della verità, del bene, della bellezza e del sacrificio che comportano, fosse diventata un campo minato; e cattedra e banchi una trincea di sangue. Anche lì può arrivare la mano cruenta del terrore, per colpire alla cieca e lasciare, insegnanti e studenti insieme, orfani di un orizzonte che dia senso a quello studio, a quelle discussioni, a quelle parole. Ma che te ne fai di queste cose adesso? Non ci credi quasi più. Tu costruisci giorno dopo giorno e in un attimo tutto viene spazzato via. Quella speranza che a fatica hai seminato e sta germogliando in un filo d’erba viene bruciato dal fuoco di una bomba.
La paura ci fa tremare vene e polsi, ma «chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola» ripeteva Borsellino: sfidare questa paura che pietrifica e ci toglie ogni certezza è la sfida, adesso.
Proprio come i rottami di Capaci, le macerie di via d’Amelio, il sangue sulla piazza di Brancaccio, quegli zaini abbandonati, quei libri macchiati, quelle scarpe svuotate, daranno una scossa a tanti uomini e donne, che non sanno cosa hanno finché non lo perdono. Da quella follia omicida dei primi Anni Novanta nacque una primavera di ribellione e di rinnovamento. E sarà proprio dalla scuola di Brindisi che spero di vedere sorgere una Scuola che le unisca tutte, scaturire la forza di una gioventù che non vorrà più scendere a patti con la noia e il qualunquismo. L’errore più grande è stato colpire una scuola e i giovani. Adesso non potremo più ignorare a che cosa veramente abbiamo rinunciato da troppo tempo: il futuro dei nostri ragazzi. Il terrore non ci paralizzerà, ma darà nuovo slancio ad un eroismo per troppo tempo compresso per affrontare una crisi già in atto da anni e che abbiamo accettato solo quando è diventata economica. Ma la vera crisi è avere abbandonato un Paese alla forza cieca dell’avidità, del potere, del compromesso, del silenzio omertoso, dello sberleffo, della disunione, del cabaret, della raccomandazione, della parola vuota. Questo ci ha indebolito sino a chiudere gli occhi: basteranno tre bombole di gas a risvegliarci?
Il sangue dei martiri è da sempre il seme della rinascita. Lo sapevano bene quei tre uomini che ho visto morire nella mia città. Proprio loro continuano a darmi speranza: Falcone diceva che «la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine» e la ricetta l’aveva proprio il suo collega Paolo Borsellino, le cui parole oggi rimbombano forti e dovrebbero essere pronunciate in ogni scuola alla prima ora di lunedì prossimo: «Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo». E proprio di onnipotenza parlava Padre Puglisi, ma quella vera: «La mafia è forte, ma Dio è onnipotente».
Io non so se quella di Brindisi sia una strage mafiosa. Preferirei di no. Quello che so è che tocca proprio a noi, docenti e studenti, a scuola, indossare quelle scarpe svuotate, mettere in spalla quegli zaini abbandonati e leggere quei libri macchiati di sangue. Altrimenti dimenticheremo ancora una volta perché siamo arrivati sin qui e non sapremo rispondere alle domanda che ieri, Mia, sei anni e nipotina di un’amica, le ha posto: «Zia, perché mettono le bombe nelle scuole? Io a scuola non voglio più andare se mettono le bombe, voglio studiare, diventare grande e diventare una dottoressa come te».
Ma la vera crisi è avere abbandonato un Paese alla forza cieca dell’avidità, del potere, del compromesso, del silenzio omertoso, dello sberleffo, della disunione, del cabaret, della raccomandazione, della parola vuota. Questo ci ha indebolito sino a chiudere gli occhi: basteranno tre bombole di gas a risvegliarci? Il sangue dei martiri è da sempre il seme della rinascita.
Mi limito a citare le tue parole, che descrivono ciò che sta dietro eventi di questo genere.
E’ orribile dirsi appartenenti del genere umano, quando parte di questo stesso sono persone come quelle, se si possono definire persone.
A parer mio, sono Bestie.
Grazie Alessandro per aver condiviso con noi questo momento pieno di lacrime..
grazie prof…non potevano esserci parole più calzanti,hai espresso i sentimenti e i pensieri di tante persone, e anche i miei…
Strano paese il nostro: un paese che prende coscienza dei problemi solo quando questi degenerano in tragedie, un paese che reagisce compatto solo quando è messo alle corde, un paese che si ricorda dei suoi giovani solo quando ha bisogno di salvarsi.
“Il sangue dei martiri è da sempre il seme della rinascita” e nella storia d’ Italia spesso quel sangue è stato sangue di giovani, non dimentichiamolo.
non ci sarà rinascita alcuna, non ci indignamo mai abbastanza perchè abbiamo dei limiti e se non veniamo toccati personalmente dopo poco tutto si seppellisce e svanisce; è così, è già successo e succederà.. Ma che almeno chi è pagato e investito di un compito lo faccia.. voglio essere tutelata e così tutti noi
Comprendo l’indignazione ma nessuno dimentica fatti del genere o fatti inerenti al passato e che purtroppo hanno fatto la storia del nostro paese … certe cose non si cancellano perchè ci colpiscono al cuore, mettendo in risalto la fragilità … putroppo è in questi momenti che dovremmo e dobbiamo creare unione … criticare non aiuta a riportare in vita le vittime delle stragi … bisogna lottare anche per loro perchè ciò che è successo non accada più …
io la notizia dalla morte della ragazza l ho ricevuta ieri mattina a scuola. e il primo pensiero è stato uno solo: li potevo esserci anche io. entrando a scuola come ogni mattina. Lei non ha fatto niente, ma è morta. Li poteva esserci chiunque… Io compresa. E questa cosa fa paura perchè se devono colpire i giovani che non hanno nessuna colpa siamo proprio caduti in basso
Ho 70 anni,ex insegante all’istituto tecnico TELECOMUNICAZIONI di CESENA,poi alle medie EDUCAZIONE TECNICA TECNICA.In 35 anni di attivita’,LORO I RAGAZZI, mi hanno insegnato cosa sia veramente la vita e come affrontarla,sono stati loro gli insegnanti.Ho imparato e ricevuto molto.Nonostante la veneranda eta’grazie a loro ho ANCORA 20 ANNI.Grazie per il bellissimo articolo.CIAO MELISSA
è sempre interessante leggere i tuoi articoli..grazie.
la domanda che mi pungola è sempre: chi sazierà l’esigenza di giustizia delle povere vittime?
I politici e lo Stato Italiano sono ancora una volta messi in ballo, giustamentein circostanze come questa, che anch’io vedo come un martirio di persone innocenti da parte di una mano che vuole intimorire..
Sono d’accordo con la riflessione di questo articolo e volevo condividere con voi queste mie divagazioni, non so se vi troverò d’accordo:
nella mia esperienza, sono arrivata a credere che sia vero quando si dice che i politici sono lo specchio di un Paese.. conosco una persona che si è data alla politica perché sente di avere una missione nella nostra società, dunque sono certissima del fatto che ci siano politici che davvero credono in quello che fanno, e dicono e fanno quello che credono giusto per il bene comune. Sono certa che esistono nel nostro Paese tante persone di cui non sentiamo mai parlare nelle notizie in tv, che lavorano in silenzio facendo il loro dovere con coscienza. Che non si conformano alla mentalità del nostro tempo e ogni giorno vengono piuttosto presi per fessi da chi pensa che il senso del dovere e della giustizia sia roba da eroi, non roba per chi vuole viversi una vita tranquilla, visto che non ne abbiamo un’altra: ‘lascia stare’, ‘tanto non cambierà mai nulla’, ‘ma chi te lo fa fare’,’ma così tanto ci rimetti(la salute, la tranquillità, la vita)’ ‘tanto se fai il bene ti rovinano con le critiche, dunque a che scopo, tientene lontano’
Conosco di persone che per paura si sono arrese, non ricordo più il nome di quella donna siciliana che aveva collaborato con la giustizia e che la scorsa estate si è uccisa perché,aveva detto in un’intervista in tv, aveva paura anche della sua ombra e lo Stato l’aveva abbandonata a sè stessa, non aveva protezione.
Ma allora come si può cambiare se non lavorando su noi stessi e sui nostri figli, trasmettendo nel nostro piccolo i valori grandi del senso del dovere, del bene comune, dell’onestà a tutti costi- perchè chi non è onesto nel piccolo non lo sarà neppure nel grande- della verità a tutti i costi, senza il minimo compromesso?!
Questo mi ha insegnato mio padre, poliziotto, che non ha cambiato il mondo nè la Questura forse, ma almeno mi ha trasmesso questi valori fuorimoda.
E io, seppur veda intorno a me tanti che per paura o pigrizia o pessimismo abbandonano i loro combattimenti, conosco persone che si farebbero uccidere piuttosto che dire il falso o essere disonesti,che perderebbero il lavoro piuttosto,o l’ammirazione dei colleghi e degli amici,
conosco chi è ostracizzato al lavoro perchè ha denunciato ruberìe ai danni dello Stato, cioè di noi stessi.
E noi ne siamo capaci? Perchè se non siamo disposti a metterci in gioco sino in fondo, non siamo migliori di quelli che stiamo criticando.
Durante le vacanze di Pasqua ho preso in prestito un film bellissimo dalla biblioteca: ‘Paolo Borsellino’ per mostrarlo alle mie figlie sperando che rimanesse loro qualcosa dei princìpi che cerco di insegnare loro.
Mi ha colpito ancora una volta vedere come chi ha coscienza non molla, e seppur tenga alla sua famiglia, decide di non lascire che la paura abbia il sopravvento ma va fino in fondo per la strada giusta
Non è nato eroe,dice nel film, ma ha speso la sua vita facendo quello che sapeva essere giusto,
e voleva che i ragazzi di oggi non vedessero con ammirazione il bullo, il figlio del boss mafioso che per aver sottomesso gli altri con la paura e il terrore camminava a testa alta, ma voleva che chi è onesto e fa il suo dovere camminasse a testa alta
lo è diventato eroe, perchè non avrebbe più potuto guardarsi allo specchio e negli occhi dei suoi figli,se avesse tradito quello che aveva insegnato loro: fai bene il tuo dovere. Quando ha visto di essere solo, in mezzo a codardi e venduti, a fianco e in alto, non ha perso tempo a inveire contro di loro, ma si è buttato ancora più di lena a fare al massimo quello che poteva.
E noi cosa vogliamo essere, VOGLIAMO LASCIARCI PRENDERE DALLA PAURA, DALL’ODIO, DALLE CRTITICHE PER LE RESPONSABILITà ALTRUI? Ma noi nel nostro piccolo cosa stiamo facendo? stiamo rubando? stiamo producendo per il nostro capo come se la sua impresa fosse nostra? E se il nostro capo è lo Stato-che siamo noi stessi- stiamo dando il nostro meglio per quella paga che ci sembra troppo poco? O ci stiamo nascondendo dietro le solite scuse per non fare il nostro dovere e chiudiamo un occhio e la bocca per non perdere l’amicizia dei potenti?
Allora, io voglio fare la mia parte,la mia buona volontà e tutto quello che è in mio potere per un futuro migliore e più giusto,
voglio aguzzare l’ingegno e rimboccarmi le maniche, e cercare soluzioni per quanto in mio potere adesso, perchè non so quanto tempo mi ha dato il fato
Così voglio impegnarmi a dare alle mie figlie e agli amici una parola di ottimismo e di incoraggiamento in una società che sembra aver perso un pò il senso,
e intorno a me sembra sprofondare nel pessimismo e nel’la crisi’
e in cui il male rimbomba dai megafoni dei media
E soprattutto voglio impegnarmi a lavorare su me stessa e trasmettere questi valori grandi alle mie figlie con l’esempio
e se ci sarò riuscita un pò, questo sarà stato il mio più grande successo.
E se ognuno di noi si sarà impegnato a coltivare la speranza e la certezza che le cose POSSONO cambiare, come Martin-Luther King è riuscito a cambiare con un sogno quello che sembrava una orribile realtà immutabile,
Melissa dall’alto approverà, e saprà di non essere morta invano.
Molto vere queste parole. Ho diciassette anni: potevo essere io quella ragazza, potevo morire io. Mi sento più attaccata alla vita, più voglia di vivere e non “sopravvivere” all’ultimo mese di scuola, nonostante la matematica, che probabilmente dovrò riparare. Che fortuna essere qui, ora. E’ questo il momento, il momento di alzarsi e vivere, anche e proprio per quella ragazza, e per quelli che sono rimasti feriti. Non bisogna avere paura di affidarsi a qualcun Altro. Siate forti, brindisini. Non siete soli!
non si può morire mentre si è in procinto di entrare a scuola.è inconcepibile!la scuola deve essere un luogo in cui si apprende,non in cui si perde la vita.
come si fa ad uccidere degli studenti innocenti?cos’è?adesso se la prendono anche con i ragazzini?!
I ragazzi non si devono toccare!
Grazie prof del pensiero e delle parole rivolte a noi giovani e a noi brindisini in un momento così cruciale e drammatico. Un abbraccio
Bell’articolo, anzi bel blog! L’ho segnalato nel mio http://appuntidinavigazione.blogspot.it/2012/05/prof-20.html
Domani non sarà facile ai nostri ragazzi spiegare che chi ha fatto questo non voleva solo uccidere, ma voleva pure che si innescasse (come in tempi passati e bui) il meccanismo destabilizzante della paura. Sarà difficile, ma loro sono una forza. Sono salentina anch’io, e ieri sera guardando la diretta da Brindisi i ragazzi quella forza l’avevano già nel cuore. Non sarà facile per noi che abbiamo nel cuore i morti per strage (sembra come dicevi tu Alessandro un incubo che torna), e per loro perchè una compagna di 16 anni ha pagato con la vita a causa di un gesto folle che mai, MAI, ci si sarebbe aspettati accadesse davanti ad una scuola. Ma le risorse dei nostri ragazzi sono inesauribili, e spero che quella forza sia anche dalla nostra, come educatori, per dare impulso al coraggio e alla sfida per la giustizia e la libertà. Nessuno può metterci in gabbia. Tantomeno quella della paura! Un abbraccio.
Probabilmente questa inqualificabile strage non ha paternità mafiosa, ma questo non toglie nulla all’evento che ci ha colpito. Tutta l’Italia è rimasta colpita al cuore dall’esplosione di Brindisi.La nostra povera società occidentale è davvero allo stremo. Non dobbiamo arrenderci ma guardiamo in faccia la realtà: troppe diseguaglianze, troppe facili ricchezze, superbia e arroganza di tante caste(non c’è solo mala politica e solo politici con privilegi feudali),qualunquismo di molte trasmissioni televisive, insomma c’è molto da risanare e per farlo tutti noi dovremmo essere veramente uniti e sodali e concordi e determinati e… Ce la faremo? Non c’è tempo da perdere gente!
Dopo aver assaporato come te il gusto delle lacrime, chiedo la forza a chi il dolore lo ha preso tutto su di sé, per continuare a sperare, per continuare a parlare, per continuare a costruire un pezzetto di senso, fosse anche per uno solo dei ragazzi che vedo ogni giorno. Grazie. Un abbraccio.
Melissa aveva i miei 16 anni, i miei sogni le mie speranze. Signore noi ti preghiamo affinché tu possa accoglierla fra le tue braccia. Possa la sua famiglia trovare una difficile terrena consolazione. E possa dare agli ignobili autori di questo gesto l unico coraggio per loro ora possibile, la richiesta di perdono che solo tu potrai concedere
Grazie per aver detto ciò che avrei voluto dire anche io.
Abbiamo letto brani di questo articolo con i nostri alunni in un incontro di riflessione tenuto in aula magna.
Non possiamo non sottolineare la necessità di mantenere alta la speranza e la fiducia dei nostri ragazzi stimolandoli alla crescita culturale e morale sinonimo di consapevolezza e di libertà.
Elisabetta docente Liceo Marconi Pescara
Sono parole meravigliose e spero che arrivino anche al cuore di chi ha reso vera, purtroppo, quella strage, ha ucciso una ragazza e ferito altre sette. Grazie per queste bellissime parole che mi hanno commossa. =’)
Proprio ieri mi trovavo a Napoli per un incontro con l’iniziatore del cammino di fede del quale faccio parte. Attraversando la città e vedendo alcune delle cose che racconta Saviano ho realizzato che, purtroppo, in quella città l’aria marcia della camorra la può respirare chiunque. Poco dopo mi hanno consolato le parole del vescovo di Napoli che, accogliendoci e parlando della Nuova Evangelizzazione (progetto da attuare nel 3° millennio dalla Chiesa Cattolica), ha detto: “[…]perché il cristiano, motivato e attingendo dalla resurrezione di Cristo, non si ferma neanche davanti a chi uccide una bambina di 16 anni”. Anche Borsellino e Falcone erano uomini di Chiesa. Ora è la volta degli insegnanti: portare la forza e la speranza di Cristo che, come uomo ha patito ed è morto,ma, come Dio, ha sconfitto la morte per sempre.
Ho sedicianni anch’io. Tanta voglia di scoprire il mondo per come è davvero, di vivere tutte le cose al massimo: le gioie e i dolori, la paura e le sue mille sfaccettature, le insicurezze, i libri, le persone… E credo che anche Melissa, giovane come me provasse, anche se in modo diverso, quello che provo io nel confronto con l’esistenza: curiosità per il futuro, per quello che sarà, per quello che vorrebbe essere ma che purtroppo non sarà mai. Aveva sedici anni: era ancora una bambina, anche se probabilmente, come tutte le sue coetanee, come me, si sentiva già grande. Avrebbe potuto avere un grande futuro o semplicemente un futuro, normale, nella media, ma sarebbe stato il suo, se lo sarebbe costruita in questi anni con l’aiuto dei genitori, degli insegnanti, degli amici. Ma glielo hanno strappato via, il futuro. Senza alcuna pietà. E davanti alla sua scuola. La scuola che dovrebbe essere il posto più sicuro al mondo, quello dove, attraverso i libri e la letteratura, giovani alunni imparano cos’è la cultura e diventano uomini, con tutto quello che questo significa. Le hanno proibito di vivere e questo sarebbe potuto accadere anche a me, che come lei ogni giorno prendo un pullman e raggiungo il mio liceo per compiti e interrogazioni, ma soprattutto per crescere. E la cosa più triste è che stamattina solo con un’insegnante abbiamo parlato di quello che è accaduto a una nostra coetanea, a una giovane come noi, mentre nelle altre ora questo vergognoso episodio di violenza è caduto nel dimenticatoio.
Ciao Alessandro,sn Lara ho 28 anni e,fino allo scorso anno,facevo l’educatrice adolescenti nel mio oratorio,in prov. di Milano.Ho usato il verbo “fare” e non il verbo “essere” x’ mi sento ancora educatrice nel profondo.Io ci sn ancora x i miei ragazzi e loro lo sanno.Sn loro il ns futuro;proprio loro che hanno il sole nel cuore e che chiedono,da nord a sud,di vivere la loro vita e di crescere.Tocca a noi educarli al gusto del bello,a far capire loro che la vita è bella ed è vissuta se si combatte x un ideale.Tocca a noi da nord a sud x’ anche se nn sappiamo cs voglia dire vivere in un ambiente omertoso,abbiamo il dovere di rbellarci alle ingiustizie sociali perchè domani potrebbe toccare a noi.Cn che coraggio potrò un domani guardare in faccia i miei nipoti sapendo di nn aver fatto nulla x rendere un pò migliore qst società?
Oggi a scuola minuto di silenzio. Silenzio perchè non ci sono parole per dire perchè queste cose succedono, ma non è un silenzio di chi tace, anzi, serve per raccogliere la propria voce e poi urlare al mondo che non ci stiamo, non lasceremo passare tutto come se fosse stato niente.
A 17 anni, come me, si può ancora sognare un mondo migliore, ecco perchè i giovani fanno così paura, ma per questo si può arrivare ad ucciderli?
…chi ha paura muore ogni giorno…
Toccante riflessione … con le tue parole conforti molti animi donando speranza laddove è rimasta disperazione …
Toccante riflessione … ora il nostro ruolo è di dare speranza laddove c’è disperazione, forza laddove c’è sconforto ed amore laddove c’è odio …
un bellissimo e interessantissimo articolo….toccante soprattutto per chi vive e studia nelle scuole e prima si sentiva al sicuro e ora inizia a dubitarne…
Una pagina di dolore che ha fatto risvegliare in tutti noi un profondo senso di solitudine, di fragilità e di precarietà della nostra condizione…e probabilmente da questa cenere e tra queste lacrime dovremo trovare la forza di ripartire.. l’individualiamo sempre più sterile e inadeguato a far fronte alle nostre paure, e recuperare un senso di appartenenza alla Comunità più consapevole , più responsabile, più umano.
22/5/2012
Questo articolo è apparso nello spazio “L’editoriale dei lettori” de “La Stampadi Torino.
E’ una mia collega ad averlo scritto.Mi è sembrato molto bello e toccante.
L’orrore di Brindisi ha scatenato un’indignazione civile di cui sembrava non fossimo più capaci. I ragazzi non si toccano, e nemmeno la scuola, che li farà cittadini per bene
MARIA ANTONIETTA PANIZZA*
La vicenda orribile di Brindisi, indipendentemente dagli esiti investigativi che ne conseguiranno, è andata a colpire uno dei pochi nervi scoperti che ancora producano lacerante sofferenza, in questo nostro tempo anestetizzato dall’accettazione colpevole di ogni iniquità. A riprova di ciò, manifestazioni di aperta indignazione si sono susseguiti spontanei in tutta Italia. Quando si toccano i ragazzi, se Dio vuole, si scatena ancora la sana ribellione e il disgusto dei quali pareva si fosse persa traccia. I ragazzi non si toccano.
I nostri ragazzi, coloro che rappresentano il futuro della nostra nazione, non vanno toccati. E non va toccata la scuola, che li accoglie con amore e professionalità e li aiuta a diventare uomini e cittadini per bene. La scuola può soffrire, e soffre, di tante inefficienze e ritardi, non sempre e non solo dovuti a chi vi opera ogni giorno con tenacia e abnegazione, nonostante tutto; ma è, la scuola, il luogo reale e metaforico del quale nessun Paese civile può fare a meno. Dunque, nessuno pensi di poter fare della scuola un obiettivo sul quale sfogare le proprie frustrazioni paranoidi, né un simbolo strategico da colpire vigliaccamente in un ipotetico braccio di ferro con le istituzioni.
Disse il magistrato Caponnetto, all’indomani della strage di Capaci, che la mafia teme più la scuola che non i carabinieri. Perché a scuola ci si affatica, si soffre, ci si arrabbia, ma ci si affina umanamente e si impara a comprendere le ragioni degli altri. La scuola è una palestra di idee ed è un allenamento alla libertà dello spirito: deve formare cittadini, non sudditi. Questa, è la scuola del nostro Paese. E nessuno si illuda di conculcarne la forza, poiché chi vi opera quotidianamente dispone dei mezzi intellettivi e dell’energia morale necessari e sufficienti per difenderla sempre, e da chiunque ne perseguisse l’umiliazione.
* docente di lettere, IIS Einaudi, Alba
A volte capitano cose che ci lasciano senza parole. Delle tante domande che ci si potrebbe porre, solo una è pressante e rimarrà senza risposta: perchè?
Non sono neanche tanto sicura di voler conoscere le motivazioni…
Grazie Alessandro per aver condiviso la tua sofferenza … e coraggio per l’impegno quotidiano!
[…] colpiva qualche giorno fa rileggere, in un articolo di D’Avenia, le parole di questi due uomini capaci di sfidare la mafia: persone appassionate a tal punto da […]
Abbiamo letto questo articolo stamattina in classe dopo aver fatto un minuto di silenzio per l’anniversario della morte di Falcone, mi sn emozionata già ascoltando i primi righi…purtroppo ciò che c’è scritto è del tutto vero…ma davvero ci sn persone cosi crudeli???? Qst è una domanda che mi pongo spesso ma non so mai darmi una risposta….prendersela cn anime innocenti…questo è davvero troppo…beh e poi dopo tutto ciò vedere che c’è qualcuno che resta a guardare e non ha neanche un minimo di pietà, credo che questo sia ancora più vergognoso….
Bello, toccante, che lascia il segno.
Mi piacerebbe confrontare le mie idee con le sue, le sue reazioni con le mie, il suo stato d’animo con il mio,e vederecome io possa migliorare la mia vita. Grazie prof, perchè (lo dico sinceramente e con cuore aperto) è l’unica persona che mi riesce a commuovere veramente.
Grazie come sempre per le Sue parole che danno voce ai pensieri di tanta gente.
Pensieri e cuore………..ma poco coraggio.
Meno male che questo suo parlare – a quanto pare – tocca le corde della vita di tanti ragazzi….. per i quali troppo poco gli adulti si spendono per dare loro un oggi e un domani nella dignità, nella libertà, nella condivisione di questa nostra umanità.
franca
Piove ma c’è tanta gente in giro, tanti giovani. Siamo nel viale che porta alla madrasa, gruppi di studenti islamici passano con gli zaini carichi come studenti di una qualsiasi scuola del mondo. L’ombrello dell’albergo è un vero schifo, devo stare attenta a non accecare chi passa. Mi fermo a comprarne uno per Pietro, Gojko non lo vuole, gli è d’impiccio. Gli dico che a una certa età fa male infradiciarsi le ossa, bofonchia che a una certa età fa male tutto, quindi tanto vale non pensarci. Lo prendo sottobraccio.
E’ trascorsa poco più di una settimana dall’esplosione della bomba.
Le parole lasciano il tempo che trovano.
Melissa non c’è più. Aveva la mia stessa età. Ho sedici anni e continuo a chiedermi: “perchè a Brindisi? Perchè Melissa? Perchè non la mia, di scuola?”
Possiamo continuare a dispiacerci quanto ci pare, ad interrogarci sul nostro futuro, ma non ha alcun senso ormai. Di fronte alla morte nulla ha senso. Melissa ha detto addio all’età dell’ingenuità infantile e dei sogni adulti. Non hanno senso le parole, i post su facebook, i cartelloni appesi alle finestre delle scuole. Non fanno alcuna differenza.
Non dobbiamo continuare ad essere meravigliati di ciò che è successo, perchè se la bomba è esplosa è perchè qualcuno o qualcosa si è sentito libero di farla esplodere.
Ciao Professore.
Anna.
Non mi interessa se a compiere quest’atto disumano sia stata la mafia o un pazzo arrabbiato con il mondo. Il punto è che non avrebbe mai dovuto accadere. E spero davvero che chiunque sia stato sappia che noi giovani non ci arrenderemo davanti a ciò che è successo, non staremo con le mani in mano a guardare. Tutti devono sapere che se vogliono toglierci il futuro possono farsi pure avanti: non ce lo faremo rubare tanto facilmente. Anzi, non ce lo faremo rubare mai. Vogliamo poter costruire la nostra vita giorno per giorno, entrando in classe sicuri che le nostre battaglie non vengano cancellate in un minuto. Vogliamo avere carta bianca sul nostro futuro e non vogliamo che le parole che scriviamo ogni giorno sul foglio candido chiamato vita vengano spazzate via dalla crudeltà umana. Non vogliamo più vedere un banco vuoto, degli zaini colorati scaraventati a terra e delle ambulanze che corrono via veloci. Abbiamo un’immensa voglia di vivere e siamo coscienti che quell’orsacchiotto di peluche su un banco di una scuola di Brindisi ci rappresenti appieno: siamo giovani ma non abbiamo paura di guardare in faccia la realtà e di sfidarla.
ciao, sono elena e ho 15 annni,posso dire una sola cosa di questo articolo: GRAZIE.
grazie perchè questo articolo mi ha dato la forza e mi ha scosso perchè devo fare qualcosa anche io, non devo rimanere indifferente e fermarmi a un “mi dispiace” o un “è un atto disumano” ma devo agire questa volta, il problema è che non so come, ogni sera lo rileggo questo articolo e sono certa che un giorno o l’altro troverò una risposta a questo mio punto interrogativo. Ripeto nuovamente il mio grande grazie perchè per me è stata una cosa di una grandezza e importanza nemmeno immaginabile, grazie ancora.
Grazie per le tue parole, Elena. Non ti aspettare nulla di straordinario da fare, farai qualcosa di straordinario se ogni giorno ti sforzerai di mettere a frutto i tuoi talenti per gli altri, cercando, nei limiti del possibile, di fare il bene, cercando verità e bellezza in ogni cosa e persona.
Proprio come i rottami di Capaci, le macerie di via d’Amelio, il sangue sulla piazza di Brancaccio, quegli zaini abbandonati, quei libri macchiati, quelle scarpe svuotate, daranno una scossa a tanti uomini e donne, che non sanno cosa hanno finché non lo perdono. Da quella follia omicida dei primi Anni Novanta nacque una primavera di ribellione e di rinnovamento. E sarà proprio dalla scuola di Brindisi che spero di vedere sorgere una Scuola che le unisca tutte, scaturire la forza di una gioventù che non vorrà più scendere a patti con la noia e il qualunquismo. L’errore più grande è stato colpire una scuola e i giovani. Adesso non potremo più ignorare a che cosa veramente abbiamo rinunciato da troppo tempo: il futuro dei nostri ragazzi. Il terrore non ci paralizzerà, ma darà nuovo slancio ad un eroismo per troppo tempo compresso per affrontare una crisi già in atto da anni e che abbiamo accettato solo quando è diventata economica. Ma la vera crisi è avere abbandonato un Paese alla forza cieca dell’avidità, del potere, del compromesso, del silenzio omertoso, dello sberleffo, della disunione, del cabaret, della raccomandazione, della parola vuota. Questo ci ha indebolito sino a chiudere gli occhi: basteranno tre bombole di gas a risvegliarci?
Proprio come i rottami di Capaci, le macerie di via d’Amelio, il sangue sulla piazza di Brancaccio, quegli zaini abbandonati, quei libri macchiati, quelle scarpe svuotate, daranno una scossa a tanti uomini e donne, che non sanno cosa hanno finché non lo perdono. Da quella follia omicida dei primi Anni Novanta nacque una primavera di ribellione e di rinnovamento. E sarà proprio dalla scuola di Brindisi che spero di vedere sorgere una Scuola che le unisca tutte, scaturire la forza di una gioventù che non vorrà più scendere a patti con la noia e il qualunquismo. L’errore più grande è stato colpire una scuola e i giovani. Adesso non potremo più ignorare a che cosa veramente abbiamo rinunciato da troppo tempo: il futuro dei nostri ragazzi. Il terrore non ci paralizzerà, ma darà nuovo slancio ad un eroismo per troppo tempo compresso per affrontare una crisi già in atto da anni e che abbiamo accettato solo quando è diventata economica. Ma la vera crisi è avere abbandonato un Paese alla forza cieca dell’avidità, del potere, del compromesso, del silenzio omertoso, dello sberleffo, della disunione, del cabaret, della raccomandazione, della parola vuota. Questo ci ha indebolito sino a chiudere gli occhi: basteranno tre bombole di gas a risvegliarci?