La poesia non vale nulla
Durante la scorsa estate i miei studenti hanno dovuto tenere un taccuino in cui fissare pensieri, idee, sogni, progetti, frasi, incontri, eventi… Questo terreno è la base da cui partiamo per costruire il discorso sulla poesia. In quel taccuino inevitabilmente sono contenuti i tre tipi di frasi relativi ai tre nuclei della poesia: soggetto, oggetti, relazioni tra i due. I tre tipi di frasi che definiscono la vita insomma.
Strizzando i loro diari estivi ne esce il succo della vita: l’io, ciò in cui l’io si rispecchia per conoscersi (le relazioni) e i sentimenti che sperimenta nella relazione.
Così qualcuno scrive: “Il caso non esiste”, “Vorrei che il mio nome raggiungesse il mio me”, “La pioggia minaccia le mie vacanze”, “La paura cresce”, “Vorrei fermare il tempo”…
Qualcuno lo diceva così:
Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai, / silenziosa luna?
…Somiglia alla tua vita / la vita del pastore.
…dimmi: ove tende / questo vagar mio breve, / il tuo corso immortale?
Quelle frasi, sospese nel bianco della pagina, che non è vuoto, ma è la versione cartacea del silenzio, sono il terreno della poesia. Perchè la poesia è invenzione (in-venire): qualcosa che si trova, si scopre, perché è già presente, ma è nascosto dal rumore dell’abitudine. Si trovano le parole per afferrare quello che è disperso nel quotidiano. Solo le parole rendono visibile l’invisibile. Le parole ci umanizzano, se le troviamo.
La poesia è sguardo sulla vita, le parole che ha la vita per dirsi e percepirsi.
L’abbiamo sostituita con la critica alla poesia.
L’abbiamo resa astrusa, lontana, bizantina.
La poesia non è caviale, la poesia è la cosa più quotidiana che io conosca.
La poesia non è un abito da sera, ma un paio di jeans.
La poesia è la luce in fondo al tunnel e il buio dentro il tunnel.
La poesia è ciò che esiste tra le righe del quotodiano.
La poesia è il gioco più serio che io conosca.
La poesia non vale nulla e perciò non ha prezzo.
La poesia è la ghigliottina dei luoghi comuni.
La poesia è il vero soggetto della grande prosa.
La poesia è il borseggiatore della realtà.
La poesia non è fatta di parole, ma di cose. Di parole divenute cose.
Della poesia non si parla, si fa esperienza.
La poesia è pensare con la pelle.
La poesia non si critica, si impara a memoria.
La poesia è un mistero e per questo oggi non è di casa.
La poesia non è per sognatori, ma per chi ha i piedi per terra.
La poesia non è per pusillanimi, ma per chi ha il coraggio di essere.
… e per chi ha il coraggio di testimoniarlo.
A me la poesia non l’hanno mai spiegata così, non mi hanno fatto credere che si potesse vivere con le parole, non me l’hanno fatta amare. L’ho amata io, a casa mia con “i fiori del male” tra le mani,sul divano, in cucina, prima di giocare una partita.. l’ho amata quando il professor Keating spiegava ai suoi alunni che “Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.”
A scuola non ci hanno mai proposto di scrivere su un taccuino tutto quello che ci passasse per la testa, per il semplice fatto che erano convinti, che noi di idee, non ne avessimo. Così ho imparato a girare con il mio taccuino rosso, a scrivere delle tante “cavolate” che diceva la mia insegnante, a scrivere che non si può insegnare qualcosa se non la si ama davvero. Lei lo faceva come un compito, lo faceva trascinandosi tutta la fatica della sua età, correggeva i nostri temi con metodica noncuranza, tagliava dei pezzi, semplificava, non le piacevano i termini difficili, ma l’italiano non è come la matematica. Non è un calcolo, è pensiero, è idea. L’ho capito da sola perché nessuno me lo ha mai spiegato, perché si crede che insegnare in un istituto tecnico sia meno gratificante, perché noi certamente non potevamo imparare, io credo che le scelte difficili siano quelle che alla fine ti potranno dare la soddisfazione maggiore.
Adesso sono iscritta al primo anno di Università, vivo grazie ad un’endovena quotidiana di libri, di righe impilate l’una dopo l’altra, mi fanno vivere e mi fanno sognare, come la storia di Leo&Beatrice&Silvia.
Ti ringrazio ancora una volta per aver dato un senso ed una voce al bisogno di poesia “che ci tiene in vita”…chi più chi meno (perché forse non lo sa!).
Vorrei dire a Rita che concordo con quanto ha scritto: purtroppo anch’io ho frequentato un istituto tecnico e anch’io penso che i programmi studiati per tali scuole nascano per tarpare le ali agli studenti, per non permettere loro di aprire la mente. A quale facoltà ti sei iscritta?
Complimenti per il nuovo blog….ma mi mancano i video! Il migliore era quello riguardante “Le città invisibili” di I.Calvino
ciao
I video verrano reintegrati presto! Grazie per la segnalazione.
quanto avrei voluto avere un professore come te….continua a far innamorare della parola scritta i tuoi studenti, fallo per tutti quelli che non hanno avuto un insegnante così!!!
Bella la nuova versione del sito!
Mi colpisce questo assimilazione della poesia, come se fosse un’invenzione, ma non come si è abituati a pensare l’invenzione (come se le cose piovessero da chissà dove!) ma come uno svelamento della realtà. Grazie, perchè mi aiuti a non dare per scontata la vita.
Ho scritto di fretta e veramente male…scusa Prof!
Più che trovare le parole, è importante scegliere quelle che siano più giuste.
E tu ci riesci sempre!
Davvero complimenti!
Ciò che è raffigurato nell’immagine per me è un prototipo di taccuino:
“…le sudate carte, ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte…”
Ps. Questa nuova versione del blog mi piace.
Un pò meno i quadretti. =)
’La voce pura d’ogni preoccupazione’.
Penso spesso a questa minuscola frase. Ci convivo.
Non ho mai trovato più fine definizione della presenza, dell’amore e della bellezza.
La voce pura d’ogni preoccupazione.
La poesia è seguire il proprio cuore andando alla festa.
Christian Bobin
Consumazione – un temporale
“Essere poeta è sentire più profondamente degli altri uomini …
È lo splendore di avere mille desideri e non sapere nemmeno ciò che si desidera!
È avere fame e sete di infinito! È condensare il mondo in un solo grido …
È essere anima, sangue e vita dentro di me, e dirlo a tutta la gente!”
(Ser poeta, poesia di Florbela Espanca; una versione cantata su youtube si trova anche alla voce: Ser poeta (perdidamente).
Sono d’accordo anche io sulla nuova versione del blog! Molto belli anche i disegni sullo sfondo: chi li ha pensati?
Ciao!
Tutte cose giuste,tutte cose vere.
I problemi sono due:il primo è dato dalla difficoltà, che si ha, nell’intercettazione e nel riconoscimento della poesia.Il secondo,di natura strettamente personale,è il senso di inadeguatezza nei confronti “dei più”,quando si tenta di vivere come ciò che si è assimilato leggendo.
la poesia è essere disposti a lasciarsi ferire da tutta la realtà, quella della bellezza e quella del dolore. Anche di fronte alla bellezza naturale o spirituale il poeta distilla gocce di sangue
😉
La perfetta inutilità della poesia è tutta nella sua eccedenza. Il gioco del travisare le cose consuete si serve delle trasgressioni semantiche per sconfinare nella prospettiva dell’oltre, verso la trascendenza. Tutta la poesia è nomade e, anche se non lo sa, parla di Dio.
@Maria Teresa ho scelto scienze politiche: relazioni internazionali… Almeno posso studiare gran parte delle cose che mi piacciono 😀 Tu?
Questa è una poesia alla Poesia
Prima ancora di essere quello che la società vuole che io sia (quindi uno studente, o un lavoratore), sono un poeta da strapazzo.
Mi ci ritrovo pienamente nella tua descrizione. Anche per me la poesia è una cosa quotidiana, anche per me è sia la luce in fondo al tunnel, sia il buio che c’è dentro. Per me tuttavia la poesia è gioco solo nella sua fase ultima, quando limi la forma grezzaa che è già sul foglio. Io uso la poesia per guarirmi. Buttare giù due righe, comprensibili magari solo per me, è asportare i piccoli (e grandi) cancri del quotidiano. E’ l’operazione chirurgica più violenta che io conosca: urli di dolore mentre tu stesso (il malato!) la compi. Dopo però ti senti meglio, quasi subito. Vomiti con uno spasmo il dolore, poi stai bene. Per questo è sia buio sia luce.
Io sono il bianco e sono il primo dei colori.
Io tutti li contemplo e tutti li rendo possibili.
Senza me non esisterebbe il rosso di Beatrice.
Né l’azzurro di Silvia.
Colora di rosso un foglio grigio. Non otterrai il rosso che vuoi.
Mai.
Rendi azzurra una parete gialla. Non otterra l’azzurro che sogni.
Mai.
Il foglio bianco da riempire di parole e pensieri è il tuo terrore.
Ma è soprattutto la tua sfida ed il tuo stimolo.
Senza pagine bianche da scrivere non cresceresti
Le notti in bianco forgiano il tuo carattere e sono l’origine delle tue decisioni.
Io sono il bianco e sono il colore che puoi vivere e piegare alle tue volontà,
come meglio desideri.
Io sono il bianco e non sono un colore indefinito.
Io sono l’ inizio e la fine.
Chiudi gli occhi e viaggia a ritroso nei ricordi.
Ancora prima, prima del grembo materno. Prima di tutto.
Che colore vedi? Bianco.
Immensa pace e tranquillità ed il bianco in cui sei immerso.
Ora chiudili di nuovo.
Questa volta è più difficile ma prova comunque.
Devi viaggiare in avanti.
Oltre l’adolescenza. Scavalca la maturità.
Supera l’essere adulto, vai oltre la vecchiaia.
Oltre.
Oltre il nero dolore della morte.
Se ne sei capace dopo ti perderai in me.
Un dolcissimo ed infinito abbraccio bianco.
Dal bianco veniamo ed al bianco torniamo.
Io sono il bianco, il primo dei colori.
Il colore della pace.
Il colore della purezza.
Il colore del sempre.
Io sono il bianco.
Io sono la luce.
Io sono.
Mi piace! Grazie Carlo!
Come dovrei leggere una poesia? Vorrei che mi restasse dentro, anche se non la capisco, non importa.
imparala a memoria…
Davvero toccante e tremendamente Vero quello che scrivi sulla POESIA…bravo Alessandro! Continua a far vibrare i nostri cuori…
[…] dalle medesime particelle originate da quegli stessi corpi celesti che Leopardi fa cantare al Pastore errante o dal più commerciale Moby in We Are All Made of Stars (gli esempi, come le foglie, sono molto […]
Prof come al solito con quello che scrive riesce ad affascinarmi.
La poesia non me l’hanno mai spiegata così, non me l’hanno fatta amare come ,sono sicura, riesce a fare lei con i suoi alunni..
“La poesia è un mistero e per questo oggi non è di casa”…la poesia è forse l’espressione più autentica dell’umano,grida la complessità, le contraddizioni e la bellezza della vita…nascondendo rivela. Ci vuole orecchio e intelletto d’amore…la disponibilità a lasciarsi abitare dal silenzio, per ritrovarsi e poter riconoscere l’altrui umanità.
Grazie da una ricercatrice universitaria appassionata di educazione che continua a credere che sognare il ragazzo o la ragazza che hai di fronte sia il modo più bello per donargli la vita e la speranza nel futuro.
Maria Chiara
“[…]Oh, se sperassimo tutti insieme
tutti la stessa speranza
e intensamente
ferocemente sperassimo
sperassimo con le pietre
e gli alberi e il grano sotto la neve
e gridassimo con la carne e il sangue
con gli occhi e le mani e il sangue;
sperassimo con tutte le viscere
con tutta la mente e il cuore […]”
dalla Ballata della Speranza di David Maria Turoldo
Scusa Rita, se ti rispondo solo ora! Dopo le superiori, mi ero iscritta a Lingue e Letterature straniere. Ero ben preparata in inglese e francese, tanto che mi avevano assegnato alle classi A dei corsi di lingua. Non avevo, però, alcuna competenza in letteratura, a differenza di chi proveniva da un liceo linguistico. Essendo molto più fragile di come sono ora, mi sono sentita tremendamente inadeguata a quella facoltà e ho deciso di ritirarmi, per poi cercare un lavoro da impiegata. Nel 1991 ho vinto un concorso per un importante istituto di credito. Sono moglie di Carlo dal 1993 e madre di Lorenzo e Gabriele, di 14 e 12 anni. Ne é passata di acqua sotto i ponti e rimpiango sempre di non essermi laureata, ma, ancor di più, di non avere una cultura liceale. Mi pesa molto non saper argomentare su materie che al tecnico non fanno neppure “sfiorare”. Da quando ho letto il tuo romanzo, Alessandro e, conseguentemente, ho conosciuto il tuo blog, trovo quotidianamente pane per l’anima.
Maria Teresa
P.S. Gabriele proprio oggi mi ha detto che se non avessi frequentato la ragioneria, non avrei conosciuto Carlo e, quindi, lui non sarebbe mai nato! Evviva!
Carissimo prof. D’Avenia,
non ci si conosce, ma condivido molto dell’entusiamo con cui scrive di scuola e di insegnamento.
Io sono maestro alle scuola primaria. Ho un’adorabile classe quinta che ogni giorno mi dà la forza di continuare a fare il mio lavoro, non senza arrabbiature quotidiane tra sorrisi e complicità.
Io adoro la poesia, non necessariamente dei grandissimi autori, che ammiro e stimo. Amo la poesia semplice del cuore comune. Amo la ricchezza con cui le parole dipingono il reale.
Quest’anno ho regalato ad ognuno della classe un quadernetto con la funzione di “diario segreto”. Un ricettacolo di spazio bianco con leggere righe azzurrastre. C’è chi lo usa come spazio per disegnare, chi lo porta di tanto in tanto a scuola per sfruttarne le pagine intonse per scribacchiare durante le lezioni, chi scrive apertamente di sè. Questo è primo passo per avvicinarsi alla scrittura e alla poesia. Concordo.
So che questo mio messaggio è confuso, ma va bene così.
Viva i maestri! A voi il periodo più delicato della vita di una persona…
Caro Alessandro,
i versi del Canto notturno di Leopardi sono quelli che a sedici anni mi hanno cambiato la vita e per i quali ho scelto di diventare insegnante.
Ogni anno a scuola parto da lì.
Dal pastore umile dell’Asia, in cui ognuno di noi può immedesimarsi, che rivolge alla realtà la domanda: “Che fai?” ovvero “Perchè ci sei? Quale senso hai? Chi ti ha messo davanti a me?”. Domanda sul reale che diventa domanda sulla propria vita: “ed io che sono?”.
Lo sguardo di Leopardi, che sempre guardava il reale con occhi commossi e stupiti, è lo stesso del mio bambino di 3 anni che un giorno in macchina guardando l’orizzonte dal finestrino mi ha chiesto: “Mamma, che fa il Monte Conero?”.
Come i poeti, che si accorgono della positività ultima della realta, perchè c’è. Gratis.
L’Andrea del mio libro è quel tipo di bambino…
Stamattina ho spiegato a mio figlio l’inizio della bella stagione. Oggi pomeriggio non è riuscito a fare il suo solito riposino:”Mamma, ma lo sai che oggi è primavera: mi hanno svegliato gli ucccellini!!!”. Ha sempre in mano pennelli e colori… è proprio come il tuo Andrea.
Andrea c’est moi…
La poesia non si impara
Quando m’istruisco sul mestiere di poeta,
capisco quanto sia arduo l’apprendimento.
Per le troppe cose che chiede,
più che un invito, mi sembra ch’alzi un veto.
Per fortuna, ogni volta che scrivo,
lo faccio, semplicemente, come vivo,
senza pormi percome e perché,
senza chiedermi per chi e per cosa,
poiché, innanzitutto, scrivo per me.
E, addirittura, non mi domando se sia,
ciò che compongo, poesia.
Soltanto, sono consapevole di come,
solo per versi, comunichi al mondo,
e, di versi, abbia bisogno, come d’ acqua
quando ho sete, di pane quando ho fame.
(D’altra parte, anche il grande pioppo del parco,
maestoso, vive, -lieto di ospitare
ogni sera, un folto stormo di passeri-,
senza aver dovuto, se non vivendo, imparare.)
26/02/08
g. d’amiano
Grazie, Giovanni: “se non vivendo, imparare”. Proprio così