Ogni volto è un volto sacro
Il poeta Rilke s’imbatte in una elemosinante. L’amico che lo accompagna le dà uno spicciolo. Rilke tira dritto, ma giunto presso un fioraio compra una rosa e di ritorno solleva la donna e gliela regala. Il poeta coglie la sacralità ferita di quella donna, difende la sua dignità di “amata”, sacralità e dignità che l’anonimo spicciolo privo di uno sguardo negli occhi non riesce ad abbracciare e restituire. I poeti, con i bambini e i santi, sono i custodi del mistero. «Ora che nelle fosse / con fantasia ritorta / e mani spudorate dalle fattezze umane l’uomo lacera / l’immagine divina»: un altro poeta, Ungaretti, scorge, nelle deportazioni della II guerra mondiale, mani folli che strappano via dal volto umano ciò che lo rende umano: l’essere immagine di Dio.
Di questo dobbiamo parlare quando accadono eventi meno apocalittici, ma non meno tragici come il coma del tassista o della donna rumena sfigurati da mani folli. Si leveranno malinconiche voci a significare nella modalità del piagnisteo o dello sdegno che la civiltà è al capolinea… Si girerà, in modo politicamente corretto, attorno all’unico vero problema centrato dai poeti: dove va a finire “la persona” se non vediamo più qualcosa di sacro nel volto “delle persone”? La perdita del senso del sacro nel quotidiano è la più grande tragedia della cultura contemporanea, la tragedia che ha causato nel secolo più ateo della storia due guerre mondiali.
Tutti inorridiamo di fronte a casi come quelli descritti. Ma tutti noi, convinti di essere signori di minuscoli regni, soli al centro del creato, disprezziamo le persone che affollano il “nostro” vagone del metrò, intralciano la “nostra” coda al supermercato. Tutte le volte che non riusciamo a scorgere nell’altro una persona degna di tutta la nostra attenzione, la diminuiamo e diventiamo potenziali “omicidi”. Ma esiste un antidoto.
La novità del cristianesimo, la vera buona notizia, è che Dio ha un volto umano e tutti gli uomini hanno quello stesso volto. Non è questione di “tolleranza”o “simpatia”, assolutamente insufficienti a sentire la realtà dell’altro tutto intero, ma è questione di “empatia”: sentire l’altro come qualcuno dotato della mia stessa dignità. Nella coda al supermercato la donna piena di pacchi non è una potenziale nemica da sconfiggere, ma qualcuno che ha una storia sacra, perché la storia di ogni uomo è sacra, perché quell’uomo è voluto dall’eternità da Dio. Questa è la configurazione esistenziale di base del cristiano. Solo il cristianesimo ha la pretesa folle di trasformare quelli nel traffico con me da nemici da eliminare a figli dello stesso Padre e quindi fratelli con difficoltà e problemi importanti persino più dei miei.
Persona: volto di Dio. Per gli antichi era solo la maschera dell’attore. Cristo ha reso quella maschera il volto stesso di Dio, riconoscibile più direttamente nel debole (l’anziana in piedi, l’elemosinante in ginocchio, il barbone coricato…), ma presente in ogni volto umano (il manager abbronzato, lo studente svogliato, la portinaia chiacchierona…). Persona deriva dal lasciare passare il suono della voce amplificandolo (per-sonare): con la venuta di Dio in un volto la persona si riempie della voce stessa di Dio. Il volto dell’uomo amplifica l’immagine di Dio e lo rende tangibile.
Una cultura, priva del mistero cristiano, non perde Dio, ma perde l’uomo, suo vero volto. Non è un caso che Benedetto XVI abbia parlato nel recente documento “Ovunque e sempre” della necessità di una nuova evangelizzazione, non solo dove il volto di Cristo non è noto, ma soprattutto dove è stato sradicato: «Si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili… Se tutto ciò è stato salutato da alcuni come una liberazione, ben presto ci si è resi conto del deserto interiore che nasce là dove l’uomo, volendosi unico artefice della propria natura e del proprio destino, si trova privo di ciò che costituisce il fondamento di tutte le cose».
Un pagano scorgendo il modo di comportarsi dei primi cristiani commentava: «Guarda come si amano!». Riportare nella maschera vuota di una cultura senza Dio la pienezza del volto di Cristo e quindi del Creatore è il compito dei cristiani anche oggi, in una cultura secolarizzata che, come diceva il poeta: «Per pensarti, Eterno, / non ha che le bestemmie».
Quanto è vero quello che hai scritto! Il problema è che troppo spesso ci sentiamo esenti da colpe quando sentiamo casi “eclatanti” come la donna rumena picchiata, eppure ogni giorno compiamo (o rischiamo di compiere) gesti e azioni disumanizzanti, atti di piccola o grande indifferenza nei confronti degli altri. Io penso, però, che non solo manchiamo nei confronti dei fratelli quando non riconosciamo in loro Dio, ma spesso anche verso di noi perché è molto difficile trovarlo anche in noi stessi. Infatti, chi offende la dignità altrui, offende anche la propria, perché rifiuta di essere un individuo capace di fare il bene (che dovrebbe essere la nostra più alta realizzazione) e quindi non sa (o non vuole capire) quanto agli occhi di Dio la propria persona sia importante!
Ciao Ale,leggendo il tuo articolo ho pensato a due cose: dante, guardando Beatrice, diceva che “Dio parea nel suo volto gioire”. Se guardassimo gli altri, vedendo in essi il Suo sorriso, nelle nostre giornate cambierebbe tutto. Ultimamente, prima di uscire di casa per andare in università, penso ad un mio amico che è stato per anni docente in università e missionario in perù. Si chiama andrea aziani. Un giorno scrisse ad un suo amico che gli augurava di ” bruciare di passione per l’uomo, perchè cristo lo raggiunga”. Vivere, quando ci riesco, le giornate con queste parole in mente, mi fa passare sopra ai limiti di tutti quelli che incontro e mi scopro curiosa di guardare in faccia la gente sull’autobus, invece che ascoltare la musica!
E la seconda è che la violenza nasce sempre dal fatto che uno è solo e crede di determinarsi da sè. quando uno è solo diventa violento, perchè nessun altro uomo disseta la sua solitudine, Rabbrividisco a quei servizi di telegiornale che cercano in tutti i modi di demolire lo zio di Sarah scazzi. il mostro di qua , il mostro di là. Nessuno pensa al perchè ha fatto quel gesto orrendo, e che, forse, adesso anche lui desidera essere guardato con tenerezza, invece che come una bestia. Se hai tempo, a questo proposito, leggi l’articolo che giovanni testori scrisse nel 1975 sulla morte di pasolini si chiama ” A rischio della vita”
Ciao prof! E grazie!!!!
sara ( IV anno di lettere)
Grazie…
Come è vero quello che dici, hai la capacità di dare voce a tutti i pensieri che ci confondono davanti a questi avvenimenti, ma come si fa a non perdere la speranza?
Mari
P.S. come solito ti “rubo” le parole!
Sono una tua giovane “collega” (da quest’anno), al momento insegno religione alle medie, ma mi sono laureata da qualche mese in lettere classiche. Ti ringrazio per quello che scrivi, perchè mi è davvero utile come spunto per mettere in moto le rotelle e non lasciare che tutto ciò che vivo mi scivoli addosso passivamente, senza interpellare il mio senso critico. Sto imparando piano piano, tra mille fatiche e inadeguatezze, che se non imparo a guardare i ragazzi come PER-SONE non sarò mai un’insegnante. Forse il punto sta proprio qui: nel modo in cui imparo a guardarli. Di strada ne ho moltissima da fare, se mi sarà concesso!!
Grazie, un caro saluto e continua così 🙂