Ultimo banco 224. Posta riservata
Cari bambini, ho ricevuto le vostre lettere e sono proprio felice di lavorare con persone intelligenti e divertenti come voi. Qui dove vivo la neve è così alta che abbiamo dovuto scavare un tunnel per raggiungere la slitta. Per fortuna ad aiutarmi ci sono sempre tanti elfi, ognuno con il suo compito: quelli vestiti di verde si occupano di leggere la posta, quelli rossi provvedono alle consegne nelle case, anche perché non sempre nelle case ci sono i camini e loro riescono a passare anche dal buco della serratura! C’è anche un terzo gruppo, gli elfi bianchi, espertissimi nel raggiungere quelli di voi che non sanno che esisto, che non mi scrivono perché sono tristi o hanno perso la loro casa…
Alcuni di voi mi hanno chiesto nelle loro lettere se esiste Mamma Natale: certo! Come farei senza di lei, soprattutto nei giorni in cui fa così freddo che senza un suo abbraccio mi si gelerebbero il cuore e le mani? Ci dividiamo i lavori da fare e ridiamo tanto grazie alle vostre lettere. Ci siamo conosciuti in una mattina di Sole, cosa che qui accade solo tre giorni all’anno. Lei era vestita di bianco e ballava sopra un tetto. Allora sono salito su dal camino e lei, che non se l’aspettava, è scoppiata a ridere. E così abbiamo ballato insieme su quel tetto e lei profumava di bosco. E sapete che cosa è successo?
Le ho confidato che la mia passione era andare su e giù per i camini, per questo i miei vestiti erano così affumicati. Lei mi ha risposto che a lei piaceva camminare e ballare sui tetti innevati. Entrambi poi amavamo il profumo del fuoco, soprattutto nelle giornate in cui fuori il vento fa gelare anche i peli nel naso. Tra tetti e camini abbiamo riso molto, e quella sera stessa, al tramonto, ci siamo detti “Ti amo” e ci siamo sposati. Qui da noi non c’è bisogno di aspettare, perché il tempo non esiste. Come faremmo altrimenti a portare i regali a tutti? Da voi il tempo esiste perché guardate troppo gli orologi, noi invece preferiamo giocare, e quando si gioca il tempo vola, sparisce. Non si può giocare “mezz’ora”, come si dice lì da voi, si gioca solo “per sempre”, come quando si ama. Un giorno vi insegneranno che il tempo passa e ci sono mille cose da fare, vi regaleranno un orologio e il tempo comincerà a mancarvi, smetterà di volare anche per voi, che invece lo avevate tutto… Ma il segreto per far sparire il tempo resta lo stesso: giocare.
Non vi ho detto che, dopo esserci sposati, Mamma Natale ed io abbiamo fatto un viaggio nei Mari del Sud, perché qui da noi si può fare il bagno solo se fai un buco nel ghiaccio e ti cali dentro, ma non ti puoi muovere e l’acqua è così fredda che bisogna mettersi costume, cappello, guanti e calze di lana! Noi allora non ci chiamavamo ancora Babbo e Mamma Natale, ma al mare ci siamo dati un bacio così bello (da noi deve essere brevissimo perché sennò si incollano le labbra per il freddo) che è nato un bambino. Ve l’ho detto: qui le cose succedono subito, perché al posto del tempo c’è la gioia, e quando una cosa è fatta di gioia, come il cioccolato è fatto di cacao e il Sole di luce, comincia a esistere, così, dal nulla. Il nostro bambino era tutto fatto di gioia e così lo abbiamo chiamato Natale, perché è il periodo in cui tutti si ricordano che per essere felici basta giocare di più: il nostro Natale era bello come il vostro Natale. Le uniche tre parole che sapeva dire erano quelle più piene di gioia, le prime che i bambini imparano: mamma, papà e il proprio nome. E così siamo diventati Babbo e Mamma (di) Natale… E Natale giocava sempre e, poiché da noi non ci sono negozi ma solo ghiaccio e neve, allora Mamma Natale e io, abbiamo inventato per lui i giochi che ci venivano in mente. Come vi ho detto, qui, se immagini una cosa piena di gioia, cioè bella per tutti, allora diventa subito un gioco. Per esempio un giorno volevo regalare a Mamma Natale un mazzo di fiori volanti, e così ho inventato le farfalle… E una volta volevo far ridere Natale che aveva il raffreddore e ho immaginato una macchina che più ridi più va veloce, e a forza di risate è guarito! Ben presto la nostra casa si è riempita di giochi e abbiamo dovuto svuotare una montagna intera per metterceli tutti, perché più un bambino gioca più cresce forte e sano e niente fa crescere come la gioia, anzi vi dirò di più niente come giocare fa crescere anche un papà e una mamma! Non so se da voi trovano il tempo per farlo, perché molti di voi ce lo chiedono come regalo, ma noi questo non lo possiamo fare, potete provarci voi nascondendo tutti gli orologi che avete in casa, anche quelli sui telefoni, così si ricorderanno come erano felici quando giocavano e il tempo volava… Comunque sia l’abbiamo chiamata Montagna di Giochi (anche voi di sicuro ne avete una)!
A poco a poco anche il nostro Natale ha imparato a far comparire le cose fatte di gioia, e creava mille giochi al giorno: per fortuna nella Montagna non mancava spazio! Ne ha inventati bellissimi, a me piacciono soprattutto lo strumento a corde che, quando sei triste, suona e canta da una pancia di legno, e un pallone colorato che, quando ti senti pesante, basta che butti giù i pesi e ti solleva da terra… Una mattina però è successa una cosa brutta: Natale non si svegliava più, era caduto in un sonno profondo e malefico, si agitava come se stesse facendo un incubo senza fine. Non riuscivamo a risvegliarlo, lo scuotevamo e lo chiamavamo: Natale, Natale, Natale! Niente. Purtroppo anche qui accadono cose brutte che non sappiamo spiegare, soprattutto se succedono a chi non c’entra nulla: i bambini. E così siamo diventati tristi.
Come potevamo far tornare la gioia? Non ci riuscivamo. Allora Mamma Natale si è seduta sopra il tetto e dopo un giorno di pensieri ha avuto un’idea geniale: “Dobbiamo chiedere aiuto a chi sa immaginare cose cose fatte di gioia!”. Sì perché la parola gioia viene dalla parola gioco o viceversa: non si sa cosa viene prima perché non c’è gioco senza gioia, non c’è gioia senza gioco. Allora abbiamo inventato le Poste della Gioia, con le quali ci arrivano le vostre lettere. Quando uno degli elfi verdi ne legge una ad alta voce, se c’è una cosa fatta di gioia allora quella cosa appare, in forma di gioco. Sono stati alcuni di voi a inventare il calcio, il nascondino, le bolle di sapone e lo scivolo! E a un certo punto di gioia ce n’era talmente tanta che è entrata come un canto dentro la nostra casa… e Natale si è risvegliato! Dovevate vedere come cantava e rideva! E la prima cosa che ha immaginato è stato un albero in cui crescevano luci al posto dei frutti, luci che maturano in questo periodo e si possono anche mangiare, più ne mangi più ti brillano gli occhi! Lo abbiamo chiamato Albero di Natale: quando ne vedete uno ricordatevi che il nostro Natale è tornato grazie a voi.
Volevo confidarvi che noi qui non facciamo pigiami, telefoni, orologi, cose costose, cose noiose, insomma niente cose che tolgono la gioia. Se vi dicono che le ha portate Babbo Natale… non è vero! Per fare un gioco bastano due ingredienti: la gioia e gli amici. Pensate che una volta un bambino di un piccolissimo paesino sperduto di nome Betlemme, ha chiesto che il Dio di cui tutti gli parlavano, che se ne stava in cielo e nessuno era capace di fargli vedere, venisse a giocare con lui, e così è stato: è diventato bambino… È stato un Natale indimenticabile, uno dei giochi più belli mai inventati insieme alle comete e all’altalena! Che potere ha la vostra gioia! Chissà quante cose ancora potete immaginare e far apparire. A noi non interessa se vi siete comportati bene o male, perché la gioia non è un premio ma una sorpresa, come quando ho incontrato Mamma Natale o quando Natale si è risvegliato.
A proposito di loro ora devo andare: Mamma Natale vuole ballare sul tetto perché stasera c’è la luna piena e Natale sta ascoltando un libro che racconta le fiabe… Ho solo una cosa ancora da chiedervi: imparate a scrivere bene perché chi non scrive in modo chiaro e preciso non riesce a dire bene la gioia e finisce per diventare triste, come quella bambina che rischiava di ricevere una scarpiera anziché una scacchiera o quel bambino che aveva scritto palla con una sola “l”… Scriveteci tanto, scriveteci sempre, perché voi riuscite a rendere la vita un gioco e fate sparire il tempo, che tanto assilla i grandi. E poi se continuate a farlo Natale non cadrà mai più nel sonno malefico. Ora siamo noi a immaginare di darvi un abbraccio o una carezza: magari compaiono, dal nulla, adesso, lì da voi, perché sono fatti di gioia.
Ha funzionato?
Corriere della Sera, 16 dicembre 2024 – Link all’articolo e ai precedenti
❤️
Caro Alessandro
Un bellissimo racconto, ispirato dalla gioia di giocare con le parole: grazie sempre.
Buon Natale
Che gioia, che unisco a letizia, a felicità che campeggiavano nelle Liturgia della Domenica della gioia ,15 Dicembre.: una esortazione a non desistere, ma a camminare con il destino, la missione assegnati, serenamente.
È semplice, essenziale come la vita che è dono e va vissuta, intensamente.
Il tempo, scandito dall’ orologio si ferma, non è più frenetico con i ritmi frenetici, caotici ,odierni.
Se non si ferma, procede adagio per favorire agio di vita con il suo significato, significativo.
Natale diventa festa della vita con la nascita di un infante che fa brillare, allontana tristezza di chi vorrebbe intristirlo.
Perciò, scriviamo lettere semplici, sincere, con i nostri pensieri che siano gioiose, nonostante problemi, domande, dubbi in ognuno.
Pure io, Federica, ormai quarantenne, presumo matura, ma sempre in crescita in variegate vicende, scorto bene, luce,sebbene, non paia subito.
Caro babbo Natale con Mamma Natale ci paragono umilmente ai miei genitori e scrivo una lettere dal titolo: ” grazie per la mia nascita in quel lontano 31 Marzo 1975″.
Tanto lungo è ancora il cammino, ma osservo l’ astro luminoso che sfavilla , anche nelle creazioni fredde e trovo, appunto gioia.
Grazie e lieto , gioioso Natale con feste tutte,
Federica
La immensa gioia di lavorare con i bambini e vivere ogni giorno accanto a loro che rappresentano il futuro.
Buon Natale di speranza