23 marzo 2023
Fame d’aria – Ritratto degli adolescenti di oggi senza piagnistei
Articolo di apertura di un’inchiesta del settimanale Sette del Corriere della Sera sullo stato di salute dei ragazzi
Articolo di apertura di un’inchiesta del settimanale Sette del Corriere della Sera sullo stato di salute dei ragazzi
Molti anni fa dei ragazzi, che oggi probabilmente sono nonni ragazzi, cantavano queste parole
We’re just two lost souls
Swimming in a fish bowl
Year after year
Running over the same old ground
What have we found?
The same old fears
Wish you were here
(Pink Floyd)
Noi e i nostri ragazzi come pesci in una boccia schermata, apparentemente sicura ma destinata ad esaurire l’ossigeno, una boccia dentro la boccia, con un presente di paure che si ripetono. È possibile uscire e nuotare davvero, senza vetro e schermo, nel mare dell’essere grazie alle tre chiavi che permettono di saltare dalla boccia al mare: wish, you, here. Il desiderio, il tu (e il Tu), il qui e ora, legati assieme dal filo dell’essere, per distinguere l’inferno dal paradiso. Come dice un’altra canzone, dammi tre parole: wish, you, here per sollevare il mondo e tutto è nuovo, tutto diventa dono.
Sul Corriere avevo fatto in tempo a leggere solo l’inizio dell’articolo e subito mi era venuta in mente la serie “Mare fuori” e la domanda che ogni volta i ragazzi, quasi tutti provenienti da famiglie di camorristi, facevano ai nuovi arrivati: “Tu, a chi appartieni?”. Ho pensato che la loro condanna venisse da lì, dal bisogno assurdo di appartenere (in quel caso ad una famiglia o ad un’altra di camorristi) e che fosse questa necessità ad impedire la libertà di scelta. Il suo articolo dà un significato nuovo al bisogno di appartenenza. La libertà dei giovani protagonisti della serie è condizionata dall’appartenenza ad una famiglia che chiede asservimento e sottomissione, ma resta il bisogno umano di appartenere per conquistare un’identità. L’ambiguità del termine è proprio lì, nel definire le ‘radici’: la libertà è quella di reciderle se dannose e cercare terreno fertile per germogliare.
Mi colpisce moltissimo questa sua analisi e questo suo giudizio profondissimo. Dopo tanti anni di scuola e di “educatore” lo condivido totalmente. Tra l’altro alcune citazioni me le faceva sempre una carissimo prete (Don Fabio Baroncini) e spesso mi sembra di sentire parlare il caro amico Franco Nembrini. E’ proprio vero che l’educazione è un problema degli adulti e non dei figli. Grazie davvero. Credo meriterebbe di essere spunto di lavoro per un anno di collegi docenti o di consigli pastorali…