12 maggio 2020

Ultimo banco 35. Le tasche dell’anima

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 1373 il popolo fiorentino, stremato dalle conseguenze della peste e dalle divisioni politiche chiese ai propri governanti una lettura pubblica settimanale della Divina Commedia: «A favore dei cittadini che desiderano essere istruiti nel libro di Dante, dal quale, tanto nella fuga dei vizi quanto nell’acquisizione delle virtù, quanto nella bella eloquenza possono anche i non letterati essere educati». La richiesta (udite!) fu approvata e il compito affidato a Giovanni Boccaccio, autore del Decamerone, che in Dante aveva trovato la sua salvezza, tanto da scrivere la prima biografia del poeta e fare di suo pugno tre copie della Commedia, una delle quali regalata all’amico Petrarca. Il popolo cercava in Dante le risorse interiori per ritrovarsi e rilanciarsi. Anche Osip Mandel’štam, il più grande poeta russo del XX secolo, fece lo stesso: «Ardeva tutto per Dante. Recitava la Commedia giorno e notte, e recitammo spesso Dante insieme». Così la poetessa Anna Achmatova ricordava l’amico, ucciso in un gulag per ordine di Stalin, al cui regime si era opposto. Mandel’štam aveva scoperto Dante negli anni ‘30 e, per leggerlo, aveva imparato l’italiano. Quando lo arrestarono per condurlo ai lavori forzati, portò con sé l’edizione in piccolo formato da cui imparava a memoria interi passi: era il suo appiglio alla vita, la libertà nella mortifera prigionia. In Conversazione su Dante, opera del 1933, censurata, ma miracolosamente salvata e pubblicata nel 1967 dalla moglie, aveva scritto: «La Commedia non sottrae tempo al lettore, quanto piuttosto gliene fa dono».

Negli stessi anni il grande Jorge Luis Borges non si separava mai dalla sua Commedia, che scoprì in un periodo di grande infelicità: «Il caso – ma non esiste il caso – mi fece imbattere in tre piccoli volumi: l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, tradotti in inglese. Erano maneggevoli, mi stavano in tasca». Lo scrittore argentino cominciò così a leggere i volumi nei lunghi viaggi in tram, da casa alla biblioteca in cui lavorava: «Leggevo una terzina in inglese; poi la stessa terzina in italiano, fino alla fine del canto. Ho letto molte volte la Commedia. Non so altro italiano che quello che mi insegnò Dante». I versi, penetrando nel frastuono della vita come la calma conversazione con un amico, guarirono Borges, che dedicò al poeta pagine uniche. La Commedia viene incontro alla vita concreta di ciascuno, per questo deve essere “a portata di mano”: «Porterò con me questi minuscoli volumi perché li posso ficcare dappertutto», scriveva a un amico il poeta John Keats, preparandosi al memorabile viaggio di due mesi, a piedi, nella Regione dei Laghi, in Scozia e Irlanda, nel 1818.

In tasca o in borsa mettiamo «il necessario»: chiavi, denaro, telefono, agenda… Meno spesso libri, ma Dante deve star lì (io lo leggo dalla mia minuscola edizione Hoepli da palmo di mano o dal cellulare, o lo ascolto in audiolibro: un canto dura 7-8 minuti), perché è necessario alla vita quotidiana, fosse anche solo per la musica dei versi. Nessuno come lui, che tutto perse dall’oggi al domani, ha narrato l’arte di ritrovare l’essenziale. Per questo, qualche anno fa, con tre amici abbiamo ideato un progetto per restituire a Dante la sua «tascabilità»: una Commedia in tre volumi (domani esce il Purgatorio; l’Inferno, da più di un anno in libreria, è la versione della Commedia più venduta; il Paradiso uscirà l’anno prossimo, per i 700 anni dalla morte del poeta) da leggere come un romanzo, senza farlo «a pezzi» o «a note» e senza semplificazioni. Seguendo il suggerimento di Borges («Consiglierei al lettore di dimenticare le discordie tra guelfi e ghibellini, la Scolastica, le allusioni mitologiche… Conviene, almeno al principio, attenersi alla storia»), potete leggere la Commedia per intero, aiutandovi con la versione in prosa nella pagina accanto ai versi e seguire la narrazione di ogni canto grazie all’introduzione che lo precede. Per viaggiare anche con gli occhi, Gabriele Dell’Otto, uno degli illustratori di fumetti più noti al mondo, ha accettato la sfida di dipingere una tavola per canto. Lo scopo è consentire a tutti di «vivere» la Commedia, leggendola al proprio ritmo, magari un canto a settimana, mezz’ora o poco più, un tempo breve che vi si moltiplicherà nell’anima, perché il tempo non si può allungare ma solo intensificare, bevendo spesso alle profonde e chiare sorgenti della vita. La Commedia sa dare luce a chi è nell’oscurità, aprire spazi a chi si sente sfrattato dalla vita, ciò di cui avevano bisogno i Fiorentini nel 1373, quando ne chiesero la pubblica lettura, perché la ritenevano vitale sia a livello personale sia cittadino: la bellezza è un atto politico. Per questo Dante deve stare nelle tasche dell’anima: uscire dall’inferno per andare in paradiso, passando per il purgatorio, riguarda la vita di tutti i giorni e di tutti noi.

Corriere della Sera, 11 maggio 2020 – Link all’articolo e ai precedenti

5 risposte a “Ultimo banco 35. Le tasche dell’anima”

  1. Ilaria Marino (ilama78) ha detto:

    É un progetto molto virtuoso il vostro. E’ stato bello seguirvi nella diretta di qualche giorno fa, sentire raccontare il perché di una tavola, approfondire dei passaggi, comprendere la passione che vi ha animato e spinto a unire l vostri talenti per la causa. Un viaggio salvifico ma, difficile e risvegliarne la consapevolezza assopita aiuta a viverlo con più prontezza ed audacia. I fiorentini sapevano che l’arte era anche più di un semplice inno alla bellezza. Era la cura per la riconciliazione con sé stessi ma, soprattutto, per l’Unione dei dolori. L’arte cura, abbraccia, ripara ma, oggi in un contesto di quasi esclusiva materialità, se non troviamo il modo di ricordarlo essa rischia di non assolvere alla sua missione. I significati vanno rafforzati e condivisi. Sono loro che permettono di cambiare.

  2. Marcello ha detto:

    Felice coincidenza. Da quando è cominciato il lockdown, circa un paio di mesi fa, ho ripreso in mano la Divina Commedia. Visto il maggior tempo a disposizione, mi sono detto, vorrei fare qualcosa che mi renda questo tempo utile. Un domani me lo ricorderò: questo sarà stato il tempo del Covid-19, certo, ma anche il tempo il cui ho finalmente avuto l’opportunità di immergermi in qualcosa che in condizioni normali non avrei avuto, forse, il tempo o la voglia di fare. Meraviglioso viaggio che, tra parentesi, non è ancora finito. E’ vero, le parole di Dante sono pura bellezza, la sua storia , il suo itinerario. Ciò di cui ogni uomo avrebbe bisogno per entrare in se stesso e percorrere quegli stessi passi che dall’ombra caliginosa del nostro quotidiano portano alla sfolgorante luce della contempazione del vero… Ho ricevuto un bellissimo dono che mi ha condotto dalla abituale distrazione all’attrazione-concentrasione sull’essenziale. E Dio sa quanto bisogno ci sia di questo tipo di concentrazione in questo tempo “rallentato”. Perciò… felice coincidenza a tutti.

  3. Pepita Jimenez ha detto:

    Ricordo ancora quando uscì Dante alla maturità e precisamente il canto XXV del Paradiso.
    Quell’anno la nostra professoressa si affanno’ per fare più argomenti possibili. Aveva paura che alla maturità ci potesse essere una tematica non svolta. Ironia della sorte : uscì proprio uno dei canti della Divina Commedia non affrontati. La professoressa, quando scoprì la consegna, sbiancò . Consigliò a tutti di provare con altre consegne : c’erano i temi. Mi ricordo ancora : il tema del viaggio, quello delle tecnologie… Ma avevo timore di scrivere qualcosa di sconclusionato.
    Decisi di affrontare l’analisi del canto confidando nel fatto che, nonostante tutto, sapevo che quel canto era solo una parte del tutto e quel tutto io l’avevo affrontato nel corso dell’anno.
    Eravamo in pochissimi ad aver scelto Dante.
    Il risultato non fu negativo, anzi…
    Successivamente, incontrai la Divina Commedia nel corso di “Storia del teatro e dello spettacolo” all’Università. Il corso si intitolo’ “L’anima in scena”. Questo approccio fu completamente diverso da quello della docente delle superiori perché basato su un percorso sensoriale della Divina Commedia. Vivemmo Dante a partire dalla sua anima, ma anche dalle sue ambientazioni dove la storia del singolo si unisce anche alla geografia esistenziale.
    La docente del corso favorì la lettura integrale della Divina Commedia, sempre nell’ottica della sensorialità oltre che della letteratura (una letteratura sensoriale?).
    Il viaggio di Dante è stato un viaggio nell’interiorità perché Inferno, Purgatorio e Paradiso non sono luoghi, ma stati dell’anima.
    Ho compreso che quando noi combattiamo, non lo facciamo solo per noi, ma anche per gli altri, anche per chi non ce l’ha fatta.
    Anche se la “Superfibra” ci dà l’impressione di essere connessi solo se collegati ad un cavo Eternet, in realtà l’unica fibra che conta è quella umana e siamo tutti “collegati” gli uni gli altri (anche e soprattutto senza cavo).
    Credere che ogni nostra battaglia abbia un valore universale oltre che personale significa dare un significato alle nostre gioie, ma anche alle nostre fatiche, alle nostre cadute, ai nostri fallimenti come ai nostri successi.
    Ripensando alla Divina Commedia, sono persuasa che ci sia un unico modo per sconfiggere il male : attraversarlo, provando e riprovando!

    Complimenti a lei, a Nembrini e a Dell’Otto per questo libro prezioso, anche il vostro è un viaggio nel mondo dell’interiorita e dell’ulteriorità. Ho come l’impressione che stiate accompagnando Dante nel suo percorso e, contemporaneamente, tutti noi!
    P. S. Le illustrazioni dell’inferno sono così efficaci che, a parer mio, farebbero paura anche a Lucifero!

  4. Pepita Jimenez ha detto:

    Ovviamente, aspetto da voi una piece teatrale della Divina Commedia!

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