8 luglio 2008

Presente e futuro

“Il mio sogno più grande è scrivere; non ha importanza il genere letterario, però vorrei tanto che la mie parole arrivassero a tante, tante persone e soprattutto che servissero ad ingenerare in ciascuna di esse la speranza di cui ti ho scritto”.Così una mail giunta tramite il blog. Una persona sogna di vivere per dare speranza ad altri, attraverso la scrittura. Ma cosa è sperare, per valere la vita, gli sforzi e i sogni di una persona?

L’avere fiducia nel futuro, perchè il presente è fondato su qualcosa o qualcuno che garantisce quel futuro. Spera il bambino amato. Dispera il bambino abbandonato. Spera l’artista. Dispera il vandalo. Spera il credente. Dispera il nichilista. Spera l’innamorato. Dispera l’egoista.

Chi spera ha fiducia. Chi ha fiducia spera. Non è un caso che “sfiduciato” sia sinonimo di “privo di speranza” e “fiducioso” di “pieno di speranza”.

Un filosofo diceva che siamo uomini perchè sappiamo coniugare i verbi al futuro. Ma senza la fiducia nel presente il futuro non esiste. Posso dire: mangerò, scriverò, partirò… perchè ho fiducia nel fatto che il mio essere potrà farlo, quando verrà il momento. Ho fiducia nel mio esistere.

“Chi è senza speranza non solo non scrive romanzi, ma, quel che più conta, non ne legge. Non ferma a lungo lo sguardo su nulla, perché gliene manca il coraggio. La via per la disperazione è rifiutare ogni tipo di esperienza, e il romanzo è senz’altro un modo di fare esperienza”. Così la grande scrittrice Flannery O’Connor.

Chi fa esperienza profonda della realtà, ne ha fiducia, la accetta e non la fugge, costui è ricco di presente e quindi di futuro. Costui spera.
Chi non fa esperienza della realtà, ne ha paura, la rifiuta e la fugge, costui è senza presente e privo di futuro. Costui dispera.

Chissà come mai oggi spesso si dice che chi spera si illude. Età cinica la nostra. Per carenza di presente?

***

PS. Domani Prof torna in Inghilterra!

9 risposte a “Presente e futuro”

  1. ariel ha detto:

    Scusa Prof, ma avrei bisogno di un chiarimento: potresti esplicitarmi cosa intendi per “fare esperienza profonda della realtà”?
    Questo mi aiuterebbe a capire meglio il resto del post.

    Se ti diventa troppo complicato, come non detto. Grazie.

  2. Prof 2.0 ha detto:

    ciao Ariel, il tema e’ lungo e complesso. dedichero’ un post perche’ lo merita: grazie della domanda.
    Comunque per sommi capi posso dire che si tratta di accettare tutto, negativo o positivo che sia, lasciando attivare alla realta’ gli strati della nostra sensibilita’ che dormono. Cosi’ diventiamo piu’ profondi.
    Un panorama, un quadro, un lutto, una sconfitta… non fuggire nulla e lasciare che ogni cosa spieghi nel nostro io le sue conseguenze e sapersi interrogare su di esse.
    scrivero’ con piu’ calma.

  3. Laquintafiglia ha detto:

    Buon ritorno in the United Kindom Have a good time bro…See you soon

    The lost sister

  4. mamma E.R. ha detto:

    per ariel
    una delle più insidiose trappole della cultura attuale è quella di darci l’idea che stiamo vivendo pienamente nel flusso della realtà per poi scoprire di non aver fatto esperienza di nulla . Credo che il senso dell’esperienza profonda sia quello di riportare alla propria intimità( come dice un nostro amico, al cuore profondo) tutto quello che quotidianamente viviamo per fare nel dialogo interiore esperienza viva che diventa memoria e tesoro a cui attingere per il futuro.Se non si tenta questo lavorocerto difficile il rischio è quello di restare sempre a livello di eterna “prova”

  5. ariel ha detto:

    Ciao Prof, grazie per voler rispondere alla mia domanda. Devo dirti che a me questo post è molto piaciuto, tra l’altro anch’io amo scrivere e ho questo desiderio di far arrivare ciò che scrivo a molte persone. E quando mi manca speranza non riesco più a scrivere. Concordo con te su tutto ciò che riguarda la speranza e la scrittura.
    Tuttavia per me è chiave la risposta sull’esperienza profonda della realtà. Quello che dici adesso, mi pone altre domande… Francamente non so se fartele, non so se complicherebbe maggiormente o se invece aiuta il dialogo.
    Provo a lanciarti qualcosa di ciò che mi viene in mente leggendo la tua risposta: tu dici di accettare tutto dalla realtà lasciando attivare alla realtà gli strati della nostra sensibilità che dormono.
    Come si fa? Si tratta di guardare a lungo, ascoltare attentamente, assaporare, ricordare? Questo intendi? Vuoi dire non eliminare il negativo o ciò che sembra tale e non fare troppe selezioni? Ma tu a volte non hai l’impressione che la realtà ti schiacci? Io sì. Pensi che accade questo perchè si assolutizza solo una parte di realtà e non la si riesce a prendere tutta?
    Perchè vedi, se la realtà ti schiaccia, tu non speri più ma disperi… Aspetto il tuo post.

  6. ariel ha detto:

    Grazie Mamma e.r. Non avevo visto la tua risposta quando ho pubblicato il mio intervento. Devo pensarci e mettere insieme un pò di cose. In questo momento mi viene solo da dire: ok, serve questo dialogo interiore, certo. Però questo stare soli con se stessi non sempre favorisce la speranza di cui parla Prof 2.0 alla fine del suo post… Ma devo pensare!

  7. Laquintafiglia ha detto:

    Prof ma come si fa a non farsi travolgere dalla mancanza di speranza quando sembra che tutto intorno a noi stia crollando?. Ci sono momenti in cui ci sentiamo forti e ci sembra di potere conquistare il mondo ma ci sono momenti in cui ce ne stiamo da soli con le spalle al muro terrorizzati e ogni minimo movimento ci sembra impossibile…

  8. mamma E.R. ha detto:

    per ariel
    non voglio togliere spazio a prof 2però una strada da percorrere è quella della scoperta che mai anche nel nostro dialogo interiore siamo soli perchè una caratteristica della persona è quella di essere sempre in relazione. Questa scoperta allarga i nostri orizzonti sia quelli umani che quelli trascendenti e anche nella situazioni più complesse non ti fa mai sentire solo. E a questo punto tanto più sono ricchi gli strati della sensibilità tanto più ricca può essere l’esperienza dell'”altro” che altrimenti può essere visto sempre come il nemico. Non a caso Sartre diceva “l’altro è il mio inferno”. Come fare per incamminarsi in questo percorso? Non credo ci siano ricette, a volte ci vuole coraggio, a volte bisogna chiedere aiuto,altre accettare il dolore,altre volte rischiare e accettare la propria fragilità, altre ancora saper gioire con gli altri e per gli altri…..

  9. Prof 2.0 ha detto:

    Ariel: mamma er ha risposto come avrei fatto io. Provo a dedicare qualche post alla questione. Se la realta’ ti schiaccia forse in quel momento occorre essere schiacciati… e disperare puo’ diventare la strada per attivare la speranza. Ma non da soli… (e questo vale anche per Laquintafiglia).

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