Dove ti iscrivo il pupo? Dove non c’è il latino…
I dati delle iscrizioni alle scuole superiori parlano chiaro: cala la richiesta di formazione umanistica (classico e scientifico tradizionale) e cresce quella applicata e spendibile (lingue e scientifico, nella versione scienze applicate o tecnologico , cioè senza latino).
Questo riguarda quasi il 50% degli iscritti.
L’altra metà continua a guardare alla formazione professionale e tecnica che, per fortuna, rimangono forti (se solo le curassimo di più invece di farne troppo spesso un contenitore di frustrazioni sociali…). Le famiglie italiane e i loro figli si orientano quindi verso ciò che apparentemente dà più certezza di lavoro e quindi di futuro. Non tutti i mali vengono per nuocere. I ragazzi in questa epoca hanno bisogno di maggiore rigore logico. La loro relazione con la realtà è emotiva e reattiva.
L’abitudine al ragionamento astratto, alla logica matematica, potrebbe aiutare ad acquisire maggior raziocinio e dominio di sé. Potrebbe. Resta chiaro che la formazione umanistica è in declino, come la cultura occidentale. I licei classici sono spesso luoghi autoreferenziali in cui ci si lamenta del fatto che i ragazzi non leggono più, non si interessano più, lo schermo del loro smartphone è stranamente più interessante delle declinazioni… Prevale la geremiade senza soluzione. Per carità, la geremiade ha la sua ragion d’essere, ma viene spesso e giustamente da un docente attempato che non ha stipendio e voglia sufficienti a cercare soluzioni totalmente o parzialmente nuove.
E non lo fa perché le soluzioni nuove – diciamocelo chiaro – richiedono più lavoro: più ore di lavoro. Se la scuola si salva è per il volontariato di quei docenti (di qualunque età) che amano lavoro e ragazzi e in qualche modo riescono a realizzare queste nuove pratiche in modo individuale o a piccoli gruppi, ma non riescono poi a farle diventare pratiche virtuose di sistema. Perché? Perché sono oggetto di invidia, pettegolezzo, in quanto minaccia per il quieto e pigro vivere generale. Non basterebbe chiedere ai professori migliori cosa e come fanno?
Invece continuiamo a fare le nostre lezioni di greco, latino, italiano come si facevano vent’anni fa. Come le ho ricevute io, e allora andavano benissimo. Ma vent’anni fa la motivazione allo studio era implicita: realizzarsi, ripagare i genitori dei loro sacrifici e aspettative, rispettare l’autorità dei professori. Oggi il materiale umano è cambiato. La motivazione non è più implicita, ma va riconquistata con strategie diverse. Alla maggior parte dei ragazzi basta essere promossi, non importa ottenere voti alti, non servono neanche più per le facoltà a numero chiuso. Troppe le distrazioni e gli interessi conflittuali. Esaurite le motivazioni che portavano a certe professioni. È anche mutata la neurofisiologia del cervello: la logica aristotelica dei nessi causa-effetto è sovrastata dalla para-logica, basata su immagini ed emozioni più che su nessi causali.
Alle famiglie stesse sembra interessare relativamente che il figlio vada bene a scuola. L’importante è che non soffra troppo e trovi la facoltà giusta, e magari impari qualcosa che lo aiuti ad avere un lavoro. Il latino a cosa vuoi che serva? Eppure niente come il latino allena al problem solving, più della matematica, se volessimo fermarci a motivazioni puramente funzionali. Ma non è per questo che si studia il latino, piuttosto impara due lingue straniere alla perfezione (due lingue vive non valgono una morta?). Ma quella del latino è un’altra storia, su cui nessuno sta ragionando e che quindi finirà come sembra inevitabile finisca: male, perdendo uno dei fiori all’occhiello del nostro curriculum.
Il punto è che la prevalenza della geremiade blocca le nuove soluzioni, che devono essere pensate e condivise. Spesso le soluzioni circolano tra le nuove leve di insegnanti, ma per un giovane di 20-30 anni oggi entrare nella scuola è impossibile, a meno che non si tratti di scuola non statale. L’unico criterio meritocratico della scuola italiana attualmente è l’anzianità, e non credo sia più tollerabile, soprattutto a fronte di risultati che lasciano indifferenti solo perché non toccano borse e spread. Attenzione non sono un “rottamatore” né un “cinquestelle” dell’insegnamento: dico solo che l’anzianità non è criterio necessario e sufficiente per essere buon insegnante, così come non lo è essere giovani. Ho tanti colleghi “diversamente giovani” che sono maestri da cui vado ad imparare come si insegna chiedendo aiuto e consiglio.
La crisi economica che ci troviamo ad affrontare è una crisi antropologica. È stata provocata da manager sconsiderati capaci di creare una bolla finanziaria dodici volte maggiore del Pil mondiale. Erano così bravi ad applicare le loro scienze che si erano dimenticati degli altri uomini.
Forse un po’ più di anima non guasterebbe. La formazione umanistica insegna a non agire solo per profitto, ma anche per gli altri. Famiglie e ragazzi anelano a un lavoro e giustamente cercano il modo più rapido per raggiungerlo. Ma non ho letto tra i punti irrinunciabili delle varie parti politiche qualcosa che riguardi il rinnovamento della scuola. Non interessa. La politica oggi è periferia dell’economia, eppure riguarda il bene comune: e, per realizzarlo, bisognerebbe prima capire cosa è il ‘bene’ e quando è ‘comune’. Così l’economia ritornerebbe parte della politica e dell’uomo, e non viceversa.
La scuola italiana ha un curriculum capace di affrontare la crisi dell’anima dell’Occidente, ma chi avrà forza, tempo e coraggio per rinnovarla di fronte alle sfide attuali, senza limitarsi a ‘riorganizzarla’ o rifornirla di Lim e ipad?
Non basta una mano di vernice, ci vogliono motori nuovi, uno scafo ribattuto, un porto chiaro.
Versione riveduta dell’articolo apparso su Avvenire, 27 aprile 2013
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Presto la terza puntata dei post sul talento (18 e 27 aprile). Se intanto avete tre minuti, ecco una piccola intervista rilasciata al TG1
Bellissimo articolo! Hai proprio ragione ci vuole tantissimo tempo per progettare in modo nuovo, diverso, per catturare l’interesse, motivare e “accendere” i nostri ragazzi di oggi.
Tanto e tanto tempo impiegato che nessuno ci riconosce: i genitori, la società, i media.
Ma i ragazzi sì, si accorgono quando tu ti sei preparato bene per loro, per offrire qualcosa che sia proprio pensato per loro. Oggi ho spiegato ad una mia alunna, a cui avevo affidato un approfondimento di storia da presentare ai compagni, che lei avrebbe parlato e spiegato per loro e che il suo sarebbe stato un servizio offerto e non una esibizione della sua evidente bravura. La ragazza ha capito e si è sentita davvero importante.
Alessandro, prima di tutto grazie per i tuoi articoli, il tuo impegno… per come sei.
Permettimi un pensiero cattivo: tu dici che la scuola non interessa perché non se ne parla nelle sedi politiche addette a ciò. Io penso il contrario: è proprio perché interessa, perché “loro” sanno quanto è importante una buona scuola, che la stanno distruggendo. E’ un pensiero tremendo, che però trovo non irragionevole pensare vero.
¡Qué grandes verdades! En España pasa algo muy parecido. Crisis del alma, esa es la verdadera crisis, la raíz de la crisis económica. Y las crisis del alma se detectan con el latín, el griego, la literatura… Un abrazo
Caro prof,
Condivido ciò che ha detto, soprattutto riguardo al metodo di insegnamento che è ancora quello di 20-30 anni fa! Sono una ragazza di 16 anni e frequento la quinta ginnasio. Stranamente a 12-13 anni(in seconda media)avevo già deciso di fare il classico, non per tradizione familiare (nella mia famiglia nessuno ha fatto il classico), ma perché “mi ispiravano stra tanto il greco e il latino”, questo era quello che dicevo alle persone che mi chiedevano come mai avevo preso quella decisione e come mai ne ero così entusiasta. Quando mai ho seguito l’ispirazione! Per me il greco e il latino sono un incubo sin dai primi mesi di scuola, tutto questo è colpa di una prof, che si fa odiare e che fa odiare ciò che insegna(e anche dal fatto che nelle versioni non prendo una sufficienza da marzo dell’anno scorso, eppure studio e in orale ho buoni voti).Il greco e il latino dalle uniche materie che volevo fare sono diventate le uniche materie che non farei! Tornassi indietro non farei il classico! Di greco e latino ne ho fino a collo, da vomitare! E non sono l’unica a pensarla così, nella mia scuola è pieno di ragazziche sono abbattuti come me! Come si può distruggere così le aspettative di tanti ragazzi! Non so, forse è il metodo di insegnamento sta di fatto che la mia scuola è nata nell’800 e i professori sono fissati con i tradizionali metodi di insegnamento(altro che quelli di 20-30 anni fa)! Credo bene che tutti evitino il classico! Lo farei anche io! Credo che l’unica soluzione sia quella di fare riforme, cambiando l’impostazione della scuola e ovviamente clonare Alessandro D’Avenia e metterne almeno uno per scuola!:) A parte gli scherzi, dato che ormai non si può più tornare indietro o cambiare scuola,cosa consiglia ai ragazzi/e come me che si “sparerebbero in testa” pur di non andare a scuola? Mia mamma dice di fare finta che i miei prof siano come D’Avenia e i sognatori, ma siete imparagonabili!
Sto finendo il liceo classico e ne sono entusiasta. I miei insegnanti sono tradizionali nell’impostazione delle materie ma molto disponibili e aperti al dialogo, nonché all’attualità. Credo sia questa la cosa importante, perché mi spieghi come studiare il greco e il latino se non in modo tradizionale?
Caro Prof, condivido in pieno ciò che ha detto e ho per quella che è stata l’esperienza personale di mia figlia non posso che constatare che è effettivamente così. In una classe di 3a media di 21-22 ragazzi molti dei quali con un buon rendimento solo 2 (di cui una è appunto mia figlia) hanno scelto il liceo scientifico. Le motivazioni sono le più disparate: la scuola pubblica è allo sfascio, non si sa come sono i professori, il latino, ecc.. e quindi hanno scelto o scuole professionali oppure questa nuova moda del liceo delle scienze umane (ovviamente con l’opzione senza latino) perchè sulla carta è un liceo ma nella realtà (senza ovviamente voler offendere nessuno) è una scuola che ti prepara al tutto e al niente ma da quello che vedo dagli amici di mia figlia non ti prepara più di tanto all’università ma soprattutto non c’è tanto da studiare.. non ci sono le 50 frasi di latino che vengono assegnate il lunedì per il mercoledì o anche un giorno per l’altro (e le fanno…) e poi ci penseremo all’università. Mia figlia ha scelto il liceo scientifico tradizionale (con l’aggiunta oltre al latino della lingua francese) e ne è davvero contenta. La scuola è valida, i professori sono preparati e attenti ai ragazzi di questa prima (c’è molto dialogo tra di loro per capire un po’ come aiutarli a crescere..) e mia figlia pur con il grande impegno richiesto va avanti. Quindi spero che lei così come i prof di mia figlia continuino a lavorare per cercare di aiutare questi ragazzi non solo ad imparare il latino (e non solo) ma per aiutarli a capire l’importanza di certe materie per il loro futuro per l’università e, chi può saperlo, magari in qualche occasione anche nella vita. Grazie Franca
Professore, anzi Alessandro, tanto siamo quasi coetanei, io credo di aver sbagliato a non prendere il liceo ed è una cosa di cui ora ne sento la mancanza. Per carità non nego che comunque ho avuto professori bravi e sono riuscita a prendere tre lauree, ma oggi sento che alla mia formazione
manca qualcosa, una preparazione classica, purtroppo. Ho seguito il consiglio di mia madre e ho preso ragioneria(tanto il latino non serve è una lingua morta) ed invece che casino a giurisprudenza e quanto ho penato con gli esami di diritto romano. Purtroppo non posso tornare indietro, ma voglio dire una cosa ai genitori di consigliare per bene i loro figli perché poi le conseguenze non si vedono subito. Grazie per il lavoro che fai con gli studenti e complimenti per il film e i libri. Attendo il prossimo. Maria Alessia
Vorrei parlare con Lei per vedere se è possibile fare qualcosa al fine di salvare la lingua latina.
Preferisco parlare a voce: 339 84 12 017
Insegno materie letterarie nelle scuole secondarie di II grado, ma sono abilitata ad insegnare anche il Latino. In una delle mie supplenze mi sono ritrovata ad insegnare nel Liceo Classico vip della mia città. Nel mentre avevo il mio incarico annuale di 4 ore settimanali all’Isituto d’Arte (per di più su un progetto contro la dispersione scolastica). Che dire? I tre mesi di supplenza in quel Liceo Classico sono stati quasi una spada di Damocle principalmente per il fatto che la scuola trasmetteva un’aria stantia e l’insegnamento era quello tradizionale. La boccata d’aria la prendevo quelle 4 ore all’Istituto d’Arte dove i miei alunni certo non avevano certo delle altissime abilità di scrittura, ma avevano quel quid in più per cui la lezione di Storia la potevo fare tranquillamente partendo dalla Prefazione di “Cristo si è fermato ad Eboli” e quella di Italiano partendo dalla visione di “Ladri di biciclette” o dalla lettura del quotidiano in classe. Da questa lettura, poi, usciva una lezione di quelle uniche ed interessanti: gli alunni chiedevano cosa significassero le parole che non conoscevano. Erano interessati, curiosi ad allargare i loro orizzonti. Gli alunni del Liceo Classico erano fermi e immobili e pensavano che una lezione unica e personale sui componimenti di Ungaretti poteva essere tranquillamente recuperata sul libro di testo. Sono rimasta basita perché io ho frequentato il Liceo Classico, ho frequentato la Facoltà di Lettere Classiche e mi sono nutrita come una spugna delle lezioni e delle riflessioni dei miei professori che mi facevano appassionare sempre di più al mondo classico. E perciò a tal proposito reputo INCONCEPIBILE che stia prendendo piede un Liceo Tecnologico che ha abolito il Latino la cui lingua è alla base del ragionamento scientifico e la cui cultura è la base della nostra cultura italiana. Come pure reputo INCONCEPIBILE che il “classico” Liceo Classico preferisca perdere alunni anziché “modernizzarsi” e veicolare in modo nuovo il patrimonio culturale italiano. Molti colleghi del Liceo Classico, purtroppo, sottostimano i colleghi degli Istituti Tecnici: penso che se facessero un’esperienza A050 apprenderebbero quel quid che -molto certamente- li arricchirebbe e … non farebbe calare le iscrizioni al Liceo Classico.
Hai proprio ragione Alessandro! oggi tutto ruota intorno a qualcosa che ha perso ogni significato antropologico per non dire morale. Oggi si parla di spread, di numeri, ma per andare oltre questi numeri non vale la pena riscoprire noi stessi e le nostre motivazioni? Io 5 anni fa ho deciso di studiare filosofia mentre tutti mi dicevano.. “E poi cosa fai? Guarda che non lo trovi un lavoro?” Sinceramente ora che sto concludendo i miei studi non so se il lavoro lo troverò però ho intenzione di affidarmi alla mia determinazione, alle motivazioni forti che mi hanno spinta su questa strada che oggi piu che mai capisco essere il mio pormi al servizio degli altri per dare il mio contributo al rinnovamento! Grazie prof 2.0 per le riflessioni che alimenti dentro di me e che sono il motore delle mie scelte
Premetto che insegno latino e greco in un Liceo Classico, e sono un professore purtroppo “attempato” con oltre 30 anni di carriera. Ho letto l’articolo del giovane prof. D’Avenia e debbo dire che sono d’accordo quasi del tutto con la sua analisi. Oggi purtroppo la formazione umanistica è trascurata, non se ne riconosce più il valore e l’importanza, e proprio per le ragioni che Lei ha detto. In particolare mi è piaciuto moltissimo il passo dove Lei dice: “È anche mutata la neurofisiologia del cervello: la logica aristotelica dei nessi causa-effetto è sovrastata dalla para-logica, basata su immagini ed emozioni più che su nessi causali.” Azzeccatissimo. Oggi prevale l’immagine, l’informazione immediata, non c’è più bisogno dei nessi causa-effetto, ed è questa la ragione principale per cui i ragazzi di oggi si disorientano davanti ad un brano di latino o di greco, perché non hanno più gli strumenti logici per affrontare questo lavoro. Ciò non toglie che i giovani di oggi siano molto più aperti culturalmente e ricettivi di come eravamo noi 30-40 anni fa.
Su un punto soltanto dissento profondamente da quanto da lei scritto, quando dice che continuiamo a fare le nostre lezioni di italiano, latino e greco come 20 anni fa. Questo non è vero, a mio giudizio, e non soltanto perché anche noi adesso, pur avendo più di 50 anni, usiamo i nuovi mezzi multimediali, ma anche perché è cambiato proprio il modo di fare lezione. Per quanto mi riguarda io non concepisco affatto l’insegnamento delle lingue classiche come l’ho ricevuto io, fatto cioè di declinazioni,verbi, date e nozioni; cerco invece di far capire agli alunni, mediante lo studio dei fenomeni culturali dell’antichità, come quel mondo sia vicino al nostro più di quanto non si creda, e come conoscere il passato significhi capire il presente e programmare il futuro. Ho sempre cercato di evolvermi e di adeguare il mio insegnamento agli alunni che mi trovo di fronte, e che in 30 anni sono molto cambiati; e soprattutto mi mostro entusiasta di ciò che insegno, perché soltanto se noi docenti siamo sorretti da una profonda motivazione possiamo sperare che in qualche modo, nonostante tutti i problemi della società attuale, lo siano un po’ anche i nostri alunni.
Del problema del calo delle iscrizioni al Classico ho parlato anch’io sul mio blog, all’url: http://profrossi.wordpress.com , che la invito a visitare.
Grazie Massimo, il tuo punto di vista di professore più esperto mi sarà molto utile. Chiaramente gli insegnanti a cui mi riferisco non passeranno mai da queste parti e non apriranno mai un blog come il tuo. A presto
Condivido pienamente le tue parole e penso che chi ama la scuola e chi lavora per arrivare a risvegliare qualche passione nei ragazzi di oggi dovrebbe trovare il modo di fare rete e provare a contare di più, a farsi sentire di più. Da anni mi consolo in internet della frustrazione che mi rimanda la scuola media dove lavoro, luogo nel quale non si rimuovono affatto gli ostacoli per offrire a tutti le stesse opportunità come recita la costituzione, e quindi luogo dove si consumano gravi ingiustizie. Ora poi siamo alla vigilia dei test Invalsi che odio e difatti farò sciopero. Rinnovarsi, come tu ben dici, non è avere una LIM in più o il registro e i libri solo digitali. Nella mia scuola ci sono ancora tanti alunni senza la connessione, o senza computer e stampante, molti vivono in famiglie disastrate o culturalmente depresse, ma il sistema (e le sue lobbies) va avanti imperterrito a recitare che basta una connessione e la realtà per magia, si trasforma. Certo quella virtuale! Vogliono mettere le LIM anche nella materna. Contro questo scempio pedagogico ho aderito all’appello di Lorenzoni dellla Casa laboratorio di Cenci. Vale la pena dargli un’occhiata. Da vedere anche il servizio della Gabanelli sulle costosissime Pillole del sapere finanziate con i nostri soldi. Alla prossima.
Credo che queste parole di Beniamino Placido siano illuminanti:
http://ascuoladibugie.blogosfere.it/2006/07/sulla-questione.html
Eppure, al contrario di quanto dice lui, io so di parecchia gente brillante al liceo classico, e che ha dovuto attraversare serie difficoltà iscrivendosi ad una facoltà scientifica. Insomma, il latino aiuta a ragionare, ma fino a un certo punto. Non eleviamolo al di sopra di tutte le altre materie…. Il liceo classico deve aumentare le ore dedicate alle discipline scientifiche così come ha fatto in passato con la lingua straniera. Ancora oggi stento a credere che l’inglese si studiasse solo nel ginnasio…. Poi, ovvio, se hai mamma e papà che ti mandano in UK a imparare l’inglese, potrai ben dire che non consideri uno svantaggio studiarlo poco e male, e che sei tanto contento di studiare il latino.
Mi preoccupo per il futuro dei ragazzi che quotidianamente sono chiamata ad educare e a formare come persone prima ancora che come studenti. Tutte le mattine, quando mi alzo per andare al lavoro, mi preparo per dare loro il meglio di me stessa e della mia cultura, per riflettere con loro, per farli diventare uomini davvero “sapiens”, quegli esseri pensanti con le proprie teste che tanto fanno paura a chi accusa me ed i miei col- leghi di inculcare “in questi giovani virgulti” idee aberranti e cioè di insegnare loro l’amore ed il rispetto per il proprio Paese.
“Il latino a cosa vuoi che serva? Eppure niente come il latino allena al problem solving, più della matematica, se volessimo fermarci a motivazioni puramente funzionali. ”
Questa è una leggenda metropolitana creata ad arte dai seguaci del classicismo per stroncare ogni pretesa di rigore scientifico e attitudine al problem solving. Dovresti leggerti cosa pensava Gentile della matematica (ancor peggio Croce; e per ultimo Leopardi disturbato come non pochi dalla sola esistenza della matematica; vedi sue dichiarazioni nello zibaldone). La cronica ignoranza matematica del nostro paese appoggiata proprio ha finito per distruggere tutta la classe degli insegnanti post sessantottini. Se per matematica ti riferisci alla matematica svolta nei licei dalla quasi maggioranza degli insegnanti di matematica (che non sono matematici ma insegnanti di matematica) devo purtroppo darti ragione. Ma ogni tanto compare in classe qualche ricercatore esterno (non pagato) con la voglia di insegnare un poco di matematica decente (cosa possibile solo in certi licei, naturalmente) anche a costo di attirare invidie e sbraituccolaggini di certi penosi colleghi e allora il latino perde inesorabile il confronto sul terreno del rigore e dell’argomentazione in seno al problem solving. Provare per credere. Hai mai considerato il rigore delle tue lezioni di sintassi e semantica? Come puoi pretendere che uno studente “traduca” se neppure comprende i fondamenti razionali della disciplina? Avendo preso lezioni di latino per puro godimento artistico, non posso che confermare l’assoluta mancanza di rigore financo semi-euristico a favore di un’applicazione più o meno consapevole di regole assiomatiche e prive di fondamento ragionevolmente adeguato alla psicologia di un ragazzo adolescente. Quando assegni un compito di greco o latino ad un tuo studente – ma anche di grammatica italiana se vuoi – precisa sotto quali condizioni la valutazione possa ritenersi al massimo livello (in altri termini un dieci nella piccola casellina del tuo registro). Mi prendo la briga di commentare questo tuo post sul mio blog. Io dico spesso ai miei studenti: non sono un insegnante, sono un matematico che insegna. A presto e buon..problem solving.
addendum. “La cronica ignoranza matematica del nostro paese appoggiata proprio” cambia in “La cronica ignoranza matematica del nostro paese appoggiata proprio da certi classicisti poco inclini al ragionamento matematico”