Ultimo banco 50. Il parcheggio
Si dice che la realtà se non ci fosse bisognerebbe inventarla. Inventare viene dal latino invenire: trovare. Direi quindi piuttosto che la realtà se non ci fosse (o venisse mascherata dagli incantesimi della propaganda) bisognerebbe andarla a trovare più spesso di persona. Vorrei perciò dedicare l’articolo di oggi alle voci con cui la realtà mi parla. Ricevo continuamente lettere di insegnanti e studenti, e ho selezionato alcune righe di quelle lette negli ultimi giorni, a motivo del fatto che dopo più di un mese tante scuole sono ancora nel caos. Lo scopo non è deprimervi ma suscitare un movimento di resistenza attiva contro situazioni incancrenite da troppo tempo e che l’emergenza ha soltanto reso più evidenti…
«Sono una precaria. L’anno scorso ho accettato una supplenza breve. Al 2 ottobre ero già la seconda supplente. Dopo 8 giorni vengo nominata in un altro istituto. Quella classe il 10 ottobre avrebbe quindi avuto la terza supplente. Quest’anno ho la cattedra spezzata su 3 istituti a 200 km di distanza. Spero di sopravvivere». «Al biennio abbiamo cambiato 20 insegnanti di latino. Una volta una supplente (la sua prima ora con noi) ha programmato un compito, ma appena uscita dalla classe ne è entrata un’altra che sosteneva di essere la sostituta della prof appena uscita. In scienze abbiamo sempre avuto 3-4 mesi di supplenza per assenze sistematiche del docente di ruolo». «Sono un’insegnante di lingue. Sono stata convocata alla fine di settembre ma ancora le nomine non arrivano. Che Dio ce la mandi buona». «In un anno ho cambiato tre docenti di indirizzo, per gli altri ho perso il conto. Il docente di inglese non l’ho mai conosciuto, ogni anno si mette in aspettativa e comincia il circo dei supplenti». «Sono precaria da 6 anni. Da quando mi sono laureata ho sempre inseguito una chimera: il Tirocinio Formativo 2015, mai bandito, i 24 crediti per accedere al FIT, mai nato; il concorso rimandato sino al 2020 che si terrà in piena pandemia, spesso in regioni diverse da quelle per cui si concorre e senza prova suppletiva nel caso di malattia o quarantena. Il tutto per una manciata di posti neanche lontanamente sufficiente a coprire il fabbisogno di insegnanti registrato quest’anno». «In 5 anni di liceo ho cambiato 4 prof di italiano, 4 di greco e 6 di latino, 5 soltanto al biennio». «Sono precaria. In una settimana ho avuto un’infinità di riunioni. Mi riduco a preparare le lezioni nei ritagli di tempo. Io vorrei poter lavorare per l’unico motivo che conta: gli alunni». «In un mese, a causa della mancanza dell’insegnante di ruolo, ho già cambiato 7 professori di italiano». «Sono precaria da cinque anni. Ho cambiato 7 scuole. Più della delusione di un sistema che non funziona, della fatica di ricominciare tutto da capo, c’è la rabbia della narrazione che ci propongono». «Nella mia scuola ad oggi ci sono 52 docenti su 109 di ruolo». «In terza ragioneria la mia classe ha cambiato 5 professori di diritto, che è la materia di indirizzo». «Sono del quinto anno, mancano i professori, ogni 2 giorni facciamo la DAD ma i professori non riescono a darci un orario. Mancano ancora i banchi». «Sono precaria: ho cambiato 7 scuole in 3 anni». «Abbiamo avuto due insegnanti di italiano in 2 settimane». «Sono docente di ruolo da due anni a Scampia: mancano 16 docenti di sostegno e l’USR Campania ha oscurato le Graduatorie. I banchi li ho regalati io insieme ai Salesiani dove ho insegnato per 4 anni». «Stiamo facendo un cammino verso la scoperta di noi stessi che è un incubo. Siamo estranei al corpo docente, insegnanti che cambiano sempre, non conoscono i nostri nomi e quindi mai potrebbero insegnarci a crescere». «In un anno ho cambiato 4 professori di matematica». «L’anno scorso ho cambiato 3 prof di italiano, adesso ne è arrivata un’altra. A breve dovrò scegliere l’università, la scuola non mi sta aiutando affatto». «Durante il biennio non ho mai visto l’insegnante di ruolo di fisica, in congedo perché malato. Quest’anno non è ancora arrivato un supplente». «Sono all’ultimo anno e ci mancano ancora i professori di italiano e igiene (prima e seconda prova di maturità)». «Ho vissuto 5 anni di inferno con continui cambi di professori. Come si fa a capire la propria vocazione in queste condizioni?».
Tralascio le lettere relative a ragazzi ancora senza il sostegno e abbandonati a se stessi. Come può accadere tutto questo mentre politici e sindacati si pregiano di mirabili lotte per i diritti? Qui c’è in gioco la basilare necessità di rendere umane (efficienti è troppo?) le condizioni di lavoro di docenti (a maggioranza donne: nessuno fiata sul deprezzamento femminile in quest’ambito, come mai?) e studenti, i diritti dei quali vengono abitualmente ignorati, se non quando ce li lasciano a casa e non sappiamo dove metterli. Le cose vanno così da anni e, con il nostro silenzio, spesso siamo stati complici: non abbiamo voluto la scuola ma un parcheggio, non docenti ma parcheggiatori a ore.
Corriere della Sera, 19 ottobre 2020 – Link all’articolo e ai precedenti
Mi chiedo perché le scuole delle Suore funzionino bene mentre quelle statali siano così “precarie” (in casa sto vivendo le due esperienze). Non c’è forse un eccesso di centralismo burocratico, una distorta esigenza di giustizia sociale…. ? Quello che è certo che ci rimettono molti ragazzi che dovrebbero essere accompagnati a fare le scelte importanti della propria vita e si trovano invece in mezzo al caos con l’unica speranza che i loro genitori siano in grado ( e abbiano il tempo) di supplire alle carenze formative della scuola.
In quest’ambito paghiamo una prigione ideologica che ancora porta a pensare alle scuole paritarie come scuole “sospette”, mentre quelle statali come scuole veramente democratiche. I dati di fatto purtroppo contraddicono questa convinzione. Chiaramente non parlo di diplomifici.
Questa purtroppo è la realtà che tutti conoscono e conosciamo; troppo silenzio, troppe parole, ma pochi fatti, da troppi anni. Ma cosa possiamo fare noi concretamente per risolvere la situazione? Non ci vorrebbe una “scossa” popolare (di tutte le persone coinvolte,… seria, pacata, pacifica, ma determinata ) per smuovere questa situazione assurda? Forse abbiamo aspettato troppo e tutti siamo stati complici; ma cosa possiamo fare oggi?
Buongiorno sono semplicemente un’ insegnante di Religione nella scuola dell’ Infanzia Statale.Insegno in due scuole e ogni settimana vedo 16 classi.Lavoro da 28 anni nella Scuola.Dopo tanto tempo a casa con un grande entusiasmo sono tornata a scuola,ma oltre la paura di ammalarsi di Covid permane nella scuola il non senso.I Dirigenti sono oberati di leggi e di cose da far rispettare ( dei burocrati e basta) gli insegnanti abbandonati a se stessi,nelle loro paure e difficoltà con un carico di burocrazia e un insieme di progetti e sigle inutili.Questa è la Scuola Statale ,insegnanti soli .Il mio entusiasmo è andato scemando con i giorni.Ho sempre amato il mio lavoro e continuo ad amarlo,il covid ha evidenziato il non senso e la profonda solitudine degli insegnanti.Nessuno richiama l’ altro sul valore e sulla bellezza dell’ insegnare nonostante le circostanze siano drammatiche e difficili.Il non senso sembra essere l’unico modo per stare a scuola.Ho una figlia di nove anni che frequenta una scuola paritaria,guardare i suoi insegnanti e la sua scuola come si muove e fa scuola in questo momento mi aiuta ed è un richiamo per me stessa e per il mio lavoro. Mi aiuta a prendere consapevolezza che si può essere insegnanti e insegnare anche al tempo del Covid .