Zibaldino: temi, scritte sui muri, dialoghi, intervalli e preghiere
I.
Un sabato correggendo temi di quindicenni
“È quindi chiaro che Kafka, come molti altri scrittori, gioca a presentare i suoi personaggi con quelle caratteristiche e paure che sono scavate nella sua profondità di scrittore, e che nessuno poteva conoscere se non attraverso i libri e i racconti che ha scritto nel tempo. Kafka ha dunque usato come tema la paura di ritrovarsi in un corpo nuovo e sconosciuto, per mandare un messaggio di aiuto al lettore, una richiesta di vicinanza, contatto con lui che non ha ricevuto da nessuno in quel periodo della sua vita”.
Per passaggi come questo vale la pena leggere e correggere decine e decine di temi ogni anno e come scriveva una ragazza di 17 anni: “Ho bisogno di parole per ancorare i sentimenti. Se dentro non le trovo, riceverle da qualcuno mi può salvare. Scopro di non essere sola, definitivamente sola”. La letteratura rende la vita trasparente, cioè visibile (-parente) oltre (trans-) la superficie, le parole giuste rendono l’esistenza una casa abitabile, anche nelle sue stanza più buie.
II.
Dal treno ho visto questa scritta e mi sono piaciuti: l’aprire virgolette, come un dialogo che comincia dopo troppo silenzio; la congiunzione ‘e’ che spezza il flusso anonimo delle cose fatte fino a quel momento e decreta un nuovo inizio, con il ‘poi’ che segna una promessa inattesa in un tempo prima uniforme; gli occhi che si posano su di te tra milioni di possibili e ti perdonano di essere come sei, trascinandoti fuori dall’anonimato.
Non si scrive sui muri delle stazioni, ma questa mano notturna doveva testimoniare che cosa può salvare la vita. La misericordia di uno sguardo. Avere finalmente un nome. Diventare qualcuno.
III.
Al margine di un intervallo scolastico
Hai scritto pagine e pagine che mai nessuno ha letto, perché nessuno ha mai letto i tuoi giorni, i tuoi occhi, la tua solitudine mascherata di riti accettabili per un mondo che tutto è tranne che mondo, cioè pulito.
Sono capitoli con i quali cerchi di ricapitolare chi sei e perché sarebbe dovuta andare in altro modo. Sono righe con cui cerchi di rigar dritto sul foglio bianco dei giorni. Sono pagine con cui cerchi di compaginare passato presente futuro in modo plausibile.
Per stare al mondo ci vuole coraggio, l’ho capito dalle tue lacrime sgorgate direttamente dall’esilio degli sbagliati nel tempo e nello spazio. Terra che conosco e visito spesso.
“Non riesco ad andare avanti con quelle pagine. Non so come finirle” – mi hai confidato.
“Proprio perché non lo sai devi scriverle. Proprio perché non ci riesci, quelle pagine scongiureranno la morte”
“Come fare se nessuno ascolta?”
“Fammene dono”
IV.
Un giorno, all’ombra di un albero immenso, mi hai chiesto per cosa spendo la mia vita. E io ti ho risposto porgendoti un fiore di campo: Per difendere la bellezza delle cose fragili.
E perché?
Perché ciò che è sacro al principio è sempre fragile, come il seme che nascondeva i rami forti e ampi all’ombra dei quali parliamo.
V.
– Ci sono giorni in cui non riesco a evocare la bellezza – disse con stanchezza negli occhi, fissi su un cielo insignificante, quei cieli in cui non si distinguono i contorni delle nubi compatte di una luce giallastra e abbagliante.
– Sono i giorni in cui devi invocarla – rispose lei, che con leggerezza tutta primaverile indossava una camicia azzurra e aveva nei movimenti la leggerezza degli esseri inconsapevolmente eleganti. Quella che lui aveva perduto o forse non aveva mai avuto. Lei era la sua nostalgia di leggerezza, la sua mancanza di giovinezza. Lei era tutta la giovinezza del mondo.
– Insegnami come si fa a non invecchiare.
Riprendo qui il mio commento alle tue riflessioni “al margine di un intervallo scolastico”. Ho già scritto qualcosa l’altro giorno su twitter, ma lo spazio di un twett mi sta sempre un po’ stretto! 🙂
Leggendo le tue righe mi sono subito venute in mente le parole che il Sognatore di Bianca come il latte rivolge a Leo, dopo aver raccolto le sue lacrime: “Regalare il proprio dolore agli altri è il più bell’atto di fiducia che si possa fare. Grazie per la lezione di oggi, Leo. Oggi il prof sei stato tu.”
Tu sei proprio come il Sognatore e ti meriti tutta la fiducia che i tuoi studenti ti danno!
Personalmente, da insegnante, non mi è ancora capitato che uno studente mi facesse dono delle sue lacrime. Ma più volte ho accolto confidenze, paure e anche sfoghi in momenti di rabbia (che sono convinta sia solo un linguaggio diverso per chiedere aiuto). Sono proprio questi “regali” che costantemente ricevo che mi danno la conferma che scegliere di essere insegnante sia stata la scelta giusta. Spero solo che mi sia data la possibilità di continuare a farlo…
Grazie, Alessandro, per condividere quotidianamente la tua esperienza con noi e buon sabato pomeriggio di correzione di temi!
Un abbraccio!