Colpa delle stelle: affrontare la morte per fregarla, da Omero a oggi
In prima superiore ho chiesto di portare i libri letti durante l’estate. Sul banco di una studentessa c’era “Colpa delle stelle”, uno dei libri che ha infuocato le classifiche di libri e i cuori di molti ragazzi, anche grazie al film adesso nelle sale: una storia in cui due sedicenni per vivere il loro amore devono chiedere permesso alla morte. Dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei: è la scorciatoia per iniziare a leggere la segnaletica dell’inedito che ogni ragazzo è e che, a 14 anni, non si manifesta scopertamente, ma attraverso scelte (musica, libri, film, serie tv…) che troppo spesso bolliamo come “adolescenziali”, come se da adolescenti si potesse essere altro che adolescenti o l’adolescenza fosse una colpa e non una tappa necessaria a far fiorire la vita.
Ma perché per sentirsi raccontare l’amore i ragazzi scelgono di passare per il crogiolo del dolore? Vivono immersi in una cultura che nasconde il dolore e la morte (se non come spettacolo che è un modo di occultarli). Esaurite le grandi narrazioni religiose e politiche, si trovano privi di codici simbolici capaci di dar senso alla realtà limite. L’uomo è un essere narrativo e simbolico, interpretiamo e stiamo nella realtà attraverso le storie: qualunque azione umana cerchiamo di comprenderla alla luce di una narrazione (Chi è? Da dove viene? Dove va?). Alla Musa si chiedeva di raccontare dell’uomo multiforme, perché quell’uomo era narrativamente la sintesi di ciò che ad un uomo accade nella vita, persino di dare un’occhiata all’aldilà per farsi raccontare come finisce la storia nell’aldiqua. Per poter vivere la vita in anticipo l’uomo si è arrangiato con le storie: gli scrittori sanno che i loro personaggi sono io sperimentali per saggiare la realtà. La società di Omero aveva inventato un modo per superare la morte (il grande tema su cui ogni cultura è costretta a fondare se stessa): socializzarla attraverso la tomba e i racconti epici. La pietra e l’esametro epico (il verso dell’Iliade e dell’Odissea) garantiscono immortalità a un effimero che precipiterebbe nell’oblio, che è peggio della morte.
Le cose non sono cambiate. Ieri come oggi abbiamo bisogno di segni che codifichino e decodifichino la morte, permettendoci di guardarla senza rimanerne pietrificati: abbiamo bisogno, come Perseo, dello specchio dei racconti, dei simboli, per affrontare Medusa. Non si può guardare Medusa direttamente, va affrontata con lo scudo-specchio dell’invenzione culturale. Oggi la Musa canta in serie televisive, musica, libri… narrazioni che con coerenza gravitano attorno a temi evanescenti nell’educazione simbolica della nuova generazione. A differenza della società omerica che scongiurava la morte con la memoria perenne, oggi è l’amore che sembra avere le credenziali per sconfiggerla. Ma come può se non è per sempre? Gli adolescenti sanno che non si dichiara il proprio amore specificando la data di scadenza come lo yogurt, ma dicendo “ti amerò per sempre”. Per questo cercano storie che (as-)saggino la verità di questa formula: “per sempre” è un’illusione linguistica o la necessaria conseguenza dell’essenza amorosa? Quando lavoravo al film tratto da Bianca come il latte rossa come il sangue, uno sponsor propose di cambiare il titolo, perché la parola sangue poteva spaventare il pubblico. Mi feci una risata: proprio quella parola doveva rimanere, era come togliere il lupo dalla fiaba di Cappuccetto Rosso. I ragazzi di oggi leggono sui volti, ora stanchi ora cinici, della generazione che li cresce la caduta di ogni sogno, sostituito dal morbido o liquido pragmatismo consumistico, e temono che la vita sia una promessa non mantenuta. Ma sentono nel cuore e nella carne che la vita può essere grande e non è fatta per essere riempita di oggetti e botox, ma per essere spesa fino al sangue. Ma per chi o cosa? E come?
Così mi spiego il successo di saghe come quelle di Tolkien, Lewis, Rowling, Martin… L’epica, scacciata dalla porta del nostro cuore rimpicciolito, rientra dalla finestra dei desideri trasfigurati dalla fantasia. Le ragazze (soprattutto) leggono e guardano Colpa delle stelle (mentre i maschi ammirano gli eroi post-omerici del calcio) perché vogliono sapere come si fa ad amare ed essere amate con il coraggio che sfida la morte. Vogliono mettere la testa dove il cuore ha già intuito la verità, e la morte rimane narrativamente (cioè esistenzialmente) il modo più vero per chiamare le cose alla vita. Raymond Carver, scrittore e poeta minacciato – come i protagonisti del libro – dal cancro, volle che sulla sua lapide fossero scolpiti i suoi ultimi versi: “E hai ottenuto quello che/volevi da questa vita, nonostante tutto?/Sì./E cos’è che volevi?/Potermi dire amato, sentirmi/amato sulla terra”. Quando morì aveva solo 50 anni e le parole che un adolescente spesso non riesce a trovare. Ma sa cercare.
La Stampa, 18 settembre 2014
Posso soltanto ringraziarti, dici la verità. Continua a farlo!
Altra cosa: mi chiamo Francesca Fortunati e faccio parte di un progetto che si chiama Forum regionale dei giovani umbri, settore cultura, vorrei organizzare una cosa di cui, date le tue parole, ti chiederei di far parte. Aggiungimi su facebook per favore così ti spiego. E’ una cosa davvero seria, credimi.
cara Francesca, ti ringrazio. Per eventi e incontri ti chiedo di compilare la sezione apposita che trovi sul blog. Grazie mille
Sono d’accordo con l’articolo la società vuole nascondere la morte alla nostra generazione, infatti molto spesso mi sento dire perché leggi libri tristi che parlano di morte ecc. Leggi qualcosa di divertente e adatto alla tua età. Ma non ha senso dietro a questi libri c’è anche la speranza, ti fanno capire il significato della vita la sua importanza , inoltre i libri non vanno letti per semplice divertimento i libri insegnano e a volte ti cambiano.
“L’amore conta. Conosci un altro modo per fregar la morte?” Dice una canzone, ascoltata da giovani e meno giovani.
Amore per sentirsi vivi, per esistere davvero. Ma quale è l’amore che vince il tempo e la morte? Chi lo può insegnare?
Dove imparare “ad amare ed essere amate con il coraggio che sfida la morte”?
Dove volgere lo sguardo per ritrovare nei propri giorni l’eroismo che attraversa le pagine delle saghe epiche?
Forse la generazione che sta crescendo questi ragazzi non è fatta solo di volti cinici. Magari di volti stanchi, ma non tutti cinici.
Può darsi che qualcuno di quei volti sia ancora disposto ad un sorriso pur nella fatica, o aperto alla gioia della vita pur nella quotidianità.
Addirittura potrebbe succedere d’imbattersi in qualcuno che, semplicemente essendo se stesso e facendo ogni giorno il proprio dovere, diventi riflesso di quell’amore più grande e conduca finalmente al sospirato incontro. Quello con ciò per cui vale la pena spendere la vita.
Quello che darà il coraggio di sfidare la morte e di non averne paura.
Ciao Alessandro ti sembrerà stupido questo mio commento sotto questo tuo articolo che è così perfetto e giusto. Volevo solo dirti che ho letto i due tuoi libri e li ho trovati meravigliosi molti mentre leggevo bianca come il latte e rossa come il sangue mi dicevano che era un libro pesante per una ragazza della mia età ma ho così amato il modo in cui tu parlavi di un argomento così importante come la malattia ai ragazzi della mia età. Beh la conclusione è che grazie a questo tuo articolo ho trovato spunto per la mia tesina d’esame per la maturità quindi ti ringrazio ancora una volta per avermi illuminato la vita con le tue parole
Grazie a te, Roberta. Spero tanti leggano il tuo commento.
Incredibile! Hai risposto a una domanda che mi frullava nella mente dalla scursa primavera, da quando libri come Bianca come il latte, rossa come il sangue, e Colpa delle stelle, tanto per citare i più famosi, sono diventati best sellers tra le adolescenti, mia figlia compresa!
Perché per sentirsi raccontare l’amore i ragazzi scelgono di passare per il crogiolo del dolore? Perchè la nostra generazione è semplicemente preparata al peggio. O solo per renderci conto che i problemi adolescenziali che gravano sulle nostre spalle non sono niente in confronto; per farci apprezzare un pò più ciò che di buono abbiamo. La differenza tra lei e l’autore di Colpa delle stelle,sta nel diverso modo di vedere le cose e dai diversi modi di pensare alla morte. Dal finale del libro in questione, John Green,secondo la mia impressione,ha una visione della vita realistica. Il ragazzo,morendo,conferma l’amore profondo per l’amata e,per cercare di attenuare in qualche modo il dolore,fa intravedere una certa pace interiore nei cuori dei personaggi. Ma questo non vuol dire che alla fine del libro non trapeli il dolore di una perdita grande e quindi lasci l’amaro in bocca. Mentre lei..il suo modo di scrivere penso sia quello che comprende più affondo il pensiero di noi adolescenti. A noi piace il tormento,non in se e per se il dolore. Un amore tormentato che sconfigge ogni ostacolo per poi raggiungere la serenità. In lei si sente forte la speranza. Come in Cose che nessuno sa. Un libro che ho amato e che mi ha insegnato cosa davvero significa leggere un libro e farsi leggere da questo. Perchè c’è bisogno di libri come i suoi,che incitano alla speranza e che finiti di leggere ci facciano sentire completi ed intrisi della sua positività. Perchè,la maggior parte delle volte,si legge un libro per scappare dalla realtà e lasciarsi trasportare in un mondo migliore,dove tutto è possibile. Grazie d’averci insegnato cosa serve per vivere. La speranza. Aspetto impaziente il suo prossimo libro.
grazie a te, Martina.
Un grande prof.,che fortuna trovarselo in classe,di questi tempi poi, dopo aver letto i primi 2 capolavori, impaziente aspetto il prossimo libro ……
Ciao mi chiamo Nicolò ho 15 anni e vado a scuola a Trento. Qualche giorno fa la mia prof di religione (che dice essere tua amica) ha portato questo articolo in classe. Lo ha letto e assieme abbiamo fatto riflessioni sulle domande poste nel testo. Io penso che a noi ragazzi piacciano queste storie perché in questi libri sono presenti avventure che tutti noi speriamo di vivere, la nostra vita diventa sempre più monotona e i tuoi libri ci danno la speranza che un giorno anche noi possiamo vivere queste emozioni compreso il dolore che sarà sempre parte integrante della nostra vita.
Ad un certo punto della discussione la prof ha detto che stai lavorando a un nuovo libro. Potresti dirmi quando uscirà e qualche anticipo sulla trama?
Mi chiamo Emanuele ,ho 12anni e frequento la seconda media.La prof ci ha proposto questo racconto e nonostante non sia il mio genere mi ha incuriosito molto.
Sei un bravo scrittore
Ci siamo già sentiti: sono anch’io professore, ma ho 55 anni di vita e inizio l’anno numero 30 di ruolo continuativo. Ho visto ieri sera al cinema ‘Colpa delle stelle’ e mi è sembrato un film abbastanza ruffiano, nel senso che parte da una situazione obiettivamente tragica e umanamente devastante per costruirci sopra un fumettone; inoltre il personaggio magistralmente interpretato da Willem Dafoe- uno che riesce ad interpretare chiunque, da Cristo a Pasolini- mi ha fatto ridere a causa del nome, Peter Van Houten, come il cacao che bevevamo da bambini! (Tacciamo sulla colonna sonora con quella ‘Boom!Clap’ di tale Charli XCX, musicale come un attacco di aerofagia). Sarà che personalmente sono stufo di queste storie adolescenziali e delle varie saghe citate dal collega D’Avenia- per me, più che ‘saghe’ sono…be’, cambiate la prima ‘a’ in una ‘e’- e desidererei qualcosa di più consistente. Quanti ad esempio conoscono Pier Vittorio Tondelli, grande scrittore omosessuale E cattolico, morto devastato dall’AIDS nel 1991? Mancano storie così oggi, a mio modesto parere, poi si sa, sempre pronto alla palinodia.
Grazie, Francesco. Sembri non considerare il percorso di un ragazzo: graduale e progressivo. A 13 anni Tondelli credo abbia poco da dare per la capacità ricettiva di un ragazzo. Domanda: hai mai letto Tolkien? Lewis? Definire i loro libri con sbrigativo gioco di parole “seghe” è quanto meno avventato.
ciao, mi chiamo lorenza e ho quindici anni, quest’anno mi sono ritrovata per ”insegnante” una donna di cui non ho per niente stima e che ha sprecato la sua prima lezione a screditare tutti i generi letterari e gli autori che leggiamo. Siamo una classe di quinta ginnasio e amiamo quasi tutti leggere, io personalmente nutro un amore sproporzionato verso i libri e mi sono sentita profondamente ferita dai suoi giudizi. (diceva di aver avuto un dibattito acceso con te via mail in quanto a suo dire eri stato invitato in una sua classe in Umbria a presentare Cose che nessuno sa e che non le erano piaciuti i tuoi modi di fare) Ho detto lei che dovrebbe leggerli i libri prima di screditarli e che francamente (ammesso e non concesso il fatto soggettivo che una persona possa risultarle antipatica, giudicare un scritto di quest’ultima persona senza averlo detto io lo chiao avere pregiudizi.) per tutte le sue ore non faccio altro che desiderare di avere un professore come quello che ha Leo o Margherita, un professore che sappia capirmi ed incoraggiarmi, un professore come credo sia tu. quest’articolo mi ha trovato totalmente d’accordo su ogni punto e aggiungerei anche che leggere storie come colpa delle stelle o bianca come il latte rossa come il sangue aiutano anche a darci ‘confortarci’, almeno parlo per me, nel senso che ci aiutano a capire che la vita è un dono e che molte volte noi adolescenti tendiamo a fare un problema enorme anche per piccole cose quando in realtà i problemi gravi sono altri, come il cancro. Ho detto questo alla mia prof quando ha screditato i libri che parlavano di cancro dicendo ” questi libri che parlano di ragazzini malaticci non fanno altro che deprimervi ancora di più, pare sia stato proprio D’Avenia a introdurre questo genere in italia” e lei mi ha liquidato dicendo che la mia era una riflessione banale che potevo concludere anche senza leggere il libro.
non so perché ti sto scrivendo queste cose, ma credo sia perché mi sento capita in ogni tua singola parola Ale, capita davvero.
Grazie.
una tua accanitissima sostenitrice.
Chi parla senza leggere ciò di cui parla manca di onestà. Non aggiungo altro. Poi che io stia simpatico o meno poco cambia. Dire che il sottoscritto abbia introdotto Italia è quanto meno superficiale: di che genere parliamo? Vogliamo elencare i libri in cui si parla di morte, dolore, malattia? E in cui questo accade tra giovani? Chiedi ragioni alla tua professoressa, sei coraggiosa. Non farti andare bene luoghi comuni e ideologie. Mettile alla prova, a partire dal sottoscritto. Poi scegli ciò che ti sembra più vero. Il resto sono chiacchiere.
Salve prof, io quest’anno ho finito la scuola e in teoria starei lavorando. Faccio una breve pausa per riflettere un po’.
Io penso di essere ormai uscita dall’adolescenza, ho 19 anni, ma non mi ritrovo mai nei film che trattano di morti tragiche (per malattia, etc). Quasi non li sopporto, infatti ho evitato di leggere Colpa delle Stelle. Mi piace leggere la verità, questo sì, ma le storie volutamente melodrammatiche non sono il mio genere. Non riesco ad entrare nell’ottica di coloro che adorano un libro o film che volutamente ci può far stare male. Io leggo per divertimento, per stare bene e immergermi in nuove storie, diverse dalla mia vita monotona. Di certo non potrò mai capire, ma rispetto i gusti altrui.
“Perchè per sentirsi raccontare l’amore i ragazzi scelgono di passare per il crogiolo del dolore?”
Sono Vale, ho 16 anni e secondo me scegliamo il dolore, perchè è come se lo autenticasse, è come se lo rendesse più vero, reale e concreto. E’ assurdo pensare che sia solamente luce, ad esempio la luce quando sbatte su qualcosa genera ombre. Così l’amore non può essere a tutto tondo fantastico. Ha bisogno di “dolore” dunque ombre per essere più raggiante, luminoso!
Forse è una caratteristica del mio essere, ma quando ho bisogno di conoscere, spesso ho bisogno di farlo per contrasti.
Dunque qual è il contrario più immediato dell’amore se non il dolore ?
Spero di essermi riuscita a spiegare..
Vale
Perfettamente. Grazie, Vale.
“Come se da adolescenti si potesse essere altro che adolescenti o l’adolescenza fosse una colpa e non una tappa necessaria a far fiorire la vita”.
Sembra a volte che l’adolescenza faccia più paura agli adulti che agli adolescenti stessi… Bisognerebbe invece ricordare loro questa sua affermazione.
Si sente tanto parlare degli “adolescenti di oggi”, quasi come se fossero una specie a sè. Ci si sofferma tanto su come siano smaliziati, disillusi, su come a quindici anni abbiamo già provato tutto e su come crescano troppo in fretta. Io stessa, animatrice ventunenne di un gruppo di ragazzi di seconda superiore, mi accorgo di questa enorme disparità in termini di “esperienze”, la verità, però, è che come ci si siede a parlare con loro, con un rapporto di comprensione e fiducia reciproca come potrebbe essere quello di una sorella maggiore, ci si rende conto di come siano esattamente come ero io sei anni fa e di come erano i miei animatori o i miei genitori prima ancora. Cercano emozioni forti, nuove, belle o brutte che siano, si pongono domande e dubbi e sono alla ricerca di comprensione, di esperienze, di speranze e di fede. Si mettono in gioco e credono fermamente che, come dice lei, la vita debba “essere spesa fino al sangue”. Il dolore forse li spaventa, ma lo mettono in conto, come anche il fatto che la morte in fondo faccia parte della vita. Gli adolescenti sono molto più saggi di quello che si tende a pensare.