Pranzi di futuro con gli studenti
In queste ultime settimane ho organizzato i “pranzi di futuro”. Per due giorni alla settimana le lezioni terminano alle 14, così mi fermo a pranzare al bar della scuola e lascio che i miei studenti di quinto anno, se vogliono, a turno, mi facciano compagnia nel mangiare un panino e mi raccontino che scelte stanno maturando o hanno maturato sul dopo maturità. Li ascolto e faccio loro da specchio, aiutandoli a diradare incertezze, paure e pressioni familiari o culturali.
Molti di loro sono più preoccupati di fallire che pieni di entusiasmo per l’inizio di qualcosa di nuovo. Tali sono le pressioni dell’ideologia stritolante del successo come riconoscimento della folla, che la paura finisce con l’offuscare la chiarezza della loro vocazione professionale che si è mostrata almeno parzialmente nel corso di 13 anni di scuola, dei quali ho assistito agli ultimi, i più importanti in questo senso. Devo sempre ricordare loro che il successo non è negli occhi degli altri, ma nell’essere se stessi.
La scuola spesso allena a superare prove e non alla vita, a cui ci si allena solo con una progressiva conoscenza di se stessi (limiti e talenti) e scelte conseguenti. Shakespeare scriveva che “quando l’anima è pronta, allora le cose sono pronte”. La paura di ragazzi che non riescono a scegliere è frutto di un’anima che si sta ancora cercando, molti invece sono più sicuri della scelta e ne hanno sì paura, ma proprio perché è la sfida nuova della loro vita: riuscirò a realizzare il mio talento? L’anima è pronta, le cose a poco a poco, con sacrificio e passione, lo diventeranno.
Potremmo provare a impostare il lavoro educativo in chiave di talenti invece che di pratiche di addestramento, necessarie sì, ma non sufficienti. Che me ne faccio di un ragazzo che sa affrontare un test e non sa neanche se quel test è quello che gli serve per realizzare la sua vocazione professionale e portare a compimento i germi di destino che ha intravisto negli anni di scuola?
Vorrei allora riferirmi ad una parabola spesso dimenticata, forse per il suo contenuto poco poetico rispetto a gigli, seminatori e alberi da frutto: “Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo dicendo: “Quest’uomo ha cominciato a costruire e non ha potuto finire”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non si siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene contro con ventimila? Se no, mentre quello è ancora lontano, gli manda un’ambasciata per chiedergli le condizioni di pace” (Lc 14 28-32)
Mi è sempre piaciuta questa doppia parabola perché non fa sconti. Cristo sta parlando delle caratteristiche di chi vuole seguirlo, quindi proprio di un discorso “vocazionale”: chi vuole intraprendere qualcosa di grande, unico, nuovo, non può improvvisare. Sono fermamente convinto che per laici che vivono in mezzo al mondo, la strada per realizzare la propria vita è quella di vivere in pienezza la propria vocazione professionale, cioè il fiorire dei talenti, lettere di un alfabeto divino nell’umano, che gradualmente impariamo ad usare.
Egli pone Adamo nel giardino perché “lo coltivi e custodisca” prima del peccato originale. Il modo di stare nel creato per l’uomo è coltivare e custodire il giardino: sviluppare le potenzialità intrinseche alle cose ma non ancora espresse (coltivare) e proteggere quel compimento (custodire). Proprio a partire da quel pezzo di mondo possiamo dialogare con Dio e fare intravedere agli altri la bellezza di questo dialogo nel quotidiano. Nella Genesi infatti si dice che Dio passeggiava con l’uomo nel giardino alla brezza della sera: quel giardino che l’uomo lavorava e custodiva.
Per questo credo sia così importante che un ragazzo trovi il suo pezzo di giardino da coltivare e custodire. Ma per far questo Cristo dice chiaro e tondo che bisogna sedersi a considerare mezzi a disposizione, fare calcoli e prendere decisioni: altrimenti saremo degni delle risate altrui (torre incompiuta) o sconfitti (guerra persa). Nella fede come nella vita è interpellato tutto l’umano: non possiamo improvvisare, basarci su emozioni passeggere o obbedire ad assurdi copioni culturali per le scelte professionali. Ne va dei nostri talenti e quindi del nostro stesso dialogo con Dio, che si sostanzia di quei talenti. Mi fa sorridere quando qualche ragazzo mi dice che Dio non parla, non dice niente. Io rispondo: parla anche troppo, nel quotidiano. Attraverso un libro, le parole di un amico o di un passante, ma soprattutto attraverso i nostri desideri, le nostre idee, i nostri limiti, i nostri talenti. Un cristianesimo fatto di cose straordinarie rischia di essere vuoto, disadattato rispetto alla storia, bigotto. Nell’ordinario di Dio ce n’è persino troppo. Basta avere i sensi aperti.
Dante avrebbe detto che una rosa dà gloria a Dio essendo rosa, un uomo essendo quell’uomo che Dio ha sognato prima che quell’uomo fosse. La rosa lo fa e basta e tutti rimaniamo incantati di fronte alla sua grazia. Un uomo, a differenza della rosa, è libero di farlo e noi rimaniamo più o meno incantati di fronte al compiersi di quella stessa grazia. O disincantati e addirittura feriti se quella grazia sparisce o è violata, come una rosa sfarinata sotto il tacco di chi non crede più nella bellezza.
I pranzi di futuro per me non sono altro che sedersi a considerare, con quello studente, come costruire la torre, come affrontare il nemico.
Solo se l’anima è pronta, allora le cose sono pronte. E il futuro fa meno paura.
ps. l’immagine è un dipinto di una mia collega di storia dell’arte, che di pari passo con l’insegnamento coltiva il suo talento di artista.
bellissimo, tu si che sai dare fiducia agli studenti, e a quelli di prima cosa diciamo?
ciao e buona continuazione
Io sono una studentessa di quinto anno e sono terrorizzata. Ho una paura grandissima di non riuscire a realizzare nulla di tutto ciò che vorrei…
Mi sento chiamata in causa anche io con questo articolo. Come i suoi alunni dovrò affrontare la maturità. Sono certamente contenta di concludere un ciclo che ormai continua da molti anni, ma allo stesso tempo ho paura che i miei progetti non si riescano a realizzare. Lei dice “Molti di loro sono più preoccupati di fallire che pieni di entusiasmo per l’inizio di qualcosa di nuovo”. Esattamente io ho più paura di non superare il test per entrare all’università che essere felice per aver finalmente scelto cosa fare del mio futuro. La mia anima è pronta ma ho paura a creare castelli se poi non ho neanche la certezza di avere tutto il materiale per farlo e cioè passare il test. Ho paura ad essere felice ed entusiasmarmi perchè se poi non vengo ammessa ci rimarrei ancora più male. Come lei ben sa il test di medicina è davvero proibitivo e spesso l’anima pronta e i buoni propositi non bastano.. Secondo lei cosa devo fare?
Quando leggo uno dei tuoi articoli, mi permetto di darti del tu perché potrei essere una delle tue zie, ringrazio il Signore di aver fatto incontrare alle mie figlie nel corso della loro giovanissima vita una persona che non le disintegra con cose negative e massacra con critiche e giudizi, ma le incoraggia ad essere loro stesse, con le loro meraviglie e i doni splendidi che il Signore gli ha fatto. Alessandro non perdere lo splendore che Dio ti dona e soprattutto il desiderio di condividerlo con gli altri.
Caro Prof, é esattamente quello che è successo a me, e io purtroppo non ho avuto la fortuna di incontrare alcun professore che riuscisse a guardarmi dentro e a spronarmi a cercare me stessa. Così ho buttato due anni della mia vita in una facoltà che non volevo, veterinaria, dopo aver passato i test, perché oggi giorno ti dicono che se non fai il medico o l’avvocato non lavori. Poi mi sono svegliata improvvisamente, ho cominciato a chiudere gli occhi e catturare gli indizi che avevo avuto davanti tutti i giorni, ma che non vedevo. Io ero lì, c’ero sempre stata, solo nessuno, compresa me, aveva saputo vedermi. Mi sono iscritta a Lettere perché io volevo lavorare nel mondo del cinema, fare la sceneggiatrice, inventare storie, emozionare la gente. Contro tutti e contro il pessimismo generale, pian piano sto realizzando questo sogno. Abbiamo girato cortometraggi, scritto storie e, ho avuto la fortuna di assistere alle riprese di Bianca come il latte, rossa come il sangue” a Torino, quasi con le lacrime agli occhi per la contentezza di essere lì, di sapere la mia strada. Il mondo fa paura, è vero, ma se ci attacchiamo con i denti ad un sogno, c’è la speranza che questo sogno si realizzi davvero.
Un abbraccio grande,
Giulia
Ciao Alessandro, mi trovo d’accordo su ciò che hai scritto, trovandomi nella condizione di madre di due adolescenti alle prese con le scelte scolastiche, in questo caso delle superiori.
Al mio Ale, nel corso della terza media, ho detto:”Scegli la scuola che abbia le materie che ti appassionino di più e che stimolino la tua voglia di sapere senza x forza avere già in mente l’indirizzo universitario!”. _”Mamma, scelgo il liceo classico perché le materie umanistiche le sento più vicine a me!”.
Ora, sul finire del IV ginnasio, e’ felice della scelta nonostante riconosca la difficoltà della scuola. Ma ci siamo tolti l’ansia del voto alto a tutti i costi, che servirebbe solamente come esibizione nei confronti degli altri, ma consapevoli solamente dell’impegno e della dedizione.
Complimenti quindi, per la tua intelligenza emotiva, che va al di la’ del sapere.
Grazie, a presto.. Cristina
Fra due mesi, il tanto atteso diploma sarà tra le mie mani. Da tre anni, ho un sogno e ho deciso di lottare per raggiungerlo. So già cosa fare nel futuro, so già cosa mi fa stare bene e quale sarà il mio lavoro. Non ho dubbi, non ho incertezze. La mia scelta l’ho fatta. Ma ho una paura tremenda. Ho paura di non farcela, ho paura che ci sia qualcuno migliore di me che prenda il mio posto. E’ il futuro che mi spaventa. Ho paura di lanciarmi verso qualcosa che non conosco, molto più grande di me. Il tempo mi fa paura. Vorrei un professore come lei, capace di aiutare i propri alunni e con cui parlare liberamente dei miei sogni e delle mie paure. Ma caro prof D’Avenia, come faccio capire che è questo il sogno giusto? Come faccio ad avere il coraggio di “buttarmi” verso l’incerto e l’ignoto? Con immensa stima, la saluto.
“Quando hai paura é segno che la vita sta cominciando a darti del Tu!”
[Cose che nessuno sa]
Buenísima idea.
Ogni volta che leggo un tuo articolo mi sento veramente presa in considerazione e capita… Anche io quest’anno dovrò affrontare il temutissimo esame di maturità e ho paura: non solo paura di rimanere delusa (so che il voto non è tutto, ma purtroppo non riesco a non pensarci), ma anche e soprattutto paura per quello che verrà dopo. Per la prima volta in 13 anni (perché la scelta della scuola superiore non è stata così sofferta), forse in tutta la mia vita, mi ritrovo a dover scegliere quello che vorrò fare “da grande”, il mio futuro. Temo di non aver capito nulla della mia vita, ho paura di sbagliare a scegliere l’università (per ora l’unica che mi è venuta in mente è Architettura, ma sarà poi la scelta giusta???), di sprecare la mia vita in qualcosa che non mi realizza completamente, che non corrisponde al progetto di Dio. Grazie per quello che scrivi! 🙂
Caro prof,
è da un po che ti seguo…e pensavo di essere abituata al fatto che ogni volta quello che scrivi parla dritto al cuore. Questa volta il cuore però ha sussultato più del solito, penso per il fatto che ciò che dici è profondamente vero, quanto difficile da ammettere a noi stessi a volte! Per fortuna che c’è chi sa metterti “la pulce nell’orecchio” e ricordarti che la felicità e la pienezza dell’esistenza sta nell’investire, o meglio, nel credere nei propri desideri e nei propri sogni. Vorrei farti una domanda, se avrai il tempo di rispondere.
A 22 anni non ho ancora ben capito cosa voler fare della mia vita. Ho buone capacità in molti ambiti e ogni volta che mi sono messa a tavolino per decidere del mio futuro scolastico l’ho fatto per coltivare un desiderio: studiare ciò che mi appassionava per condividerlo con gli altri, perché quel sapere non rimanesse fine a se stesso, ma servisse per la vita mia e di altri.
Ora che più o meno l’ho capito, mi rendo conto però di non essere ancora sulla strada giusta per realizzarlo e perché possa diventare un lavoro a tempo pieno. Fin dalle medie mi dicevano che sarei stata portata per l’insegnamento, ma di fare l’insegnante non volevo proprio saperne. Ora mi ritrovo al termine di una laurea in Scienze dell’educazione, e ancora mi chiedo se l’insegnamento non sia la mia strada. Di certo lei non può darmi una risposta, non mi conosce; ma, in base alla sua esperienza, quali TALENTI dovrebbe avere un insegnante da mettere a servizio?
Grazie se potrà rispondermi, e comunque grazie per tutto ciò che mi da senza saperlo!
Buona vita!
L’anima è pronta sia quando credi nei tuoi sogni che quando c’è consapevolezza , cosa che spesso hai solo da grande…Bellissimo il tuo essere un po’ un Virgilio di questi ragazzi, a volte basta davvero poco per far decollare anime in fermento!
Sono d’accordo con il tuo essere cristiani nel quotidiano, perché si può far molto di più nell’ordinario che nello straordinario.Ce lo insegna anche Papa Francesco:)
Splendida testimonianza, grazie e buona notte Prof!
Grazie Alessandro per le tue belle riflessioni!
Cosa significa calcolare i costi per costruire la torre? O cosa vuol dire valutare se si può vincere una guerra?
In questi calcoli, ho letto tanta paura, soprattutto in alcuni scritti che mi hanno preceduto …
Beh io penso che la paura possa essere superata soltanto nel momento in cui capiamo che noi non siamo il motore del mondo, ma che il motore è Dio, noi facciamo solo la nostra piccolissima parte.
E’ solo in questo modo che possiamo dire di avercela messa tutta, di aver utilizzato tutti i nostri talenti, per fare bene il nostro pezzettino quotidiano, tutto il resto è nelle mani di Dio!
Questo ci risolleva, ci impedisce di sentirci responsabili di tutto quello che avviene intorno a noi. E soprattutto ci impedisce di pensare che tutto quello che si muove vicino a me, sia frutto unicamente delle mie azioni… Con errori che si pagheranno a caro prezzo!
Facciamo del nostro meglio, cerchiamo di mettere a frutto quelli che sono i doni che ognuno di noi ha, il resto, non è nelle nostre mani!
E’ questo il calcolo da fare, come termina la parabola che tu hai citato: “…Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.”
E penso che questo dover rinunciare ai propri averi significhi proprio l’abbandonare la pretesa di far girare il mondo collegandolo alla catena della nostra bicicletta, ma l’essere consapevoli che siamo veramente all’interno dell’abbraccio di Chi, camminando, il mondo lo fa girare veramente.
Alessandro, grazie per queste belle riflessioni. Credo profondamente nel fatto che ognuno ha dentro di sé, nel profondo, il prezioso cristallo della propria vocazione e che il compito di genitori e insegnanti sia proprio quello di farlo emergere e risplendere. Ed è quello che mi piace fare nel mio lavoro: “cuore e metodo” e nella Vita. Sono coach e mamma di uno splendido ragazzino di 12 anni. Incoraggiare ad essere se stessi, dare fiducia, apprezzare. Grazie Alessandro, per me sei fonte di grande ispirazione. In un’altra vita vorrei essere insegnate. 🙂
I tuoi articoli sono aria fresca e profumata!Grazie per il lavoro che fai con tutto te stesso!
Potresti dirmi da quale testo è tratta la citazione di Shakespeare?
Grazie ancora e buon lavoro!
Enrico V
Grazie mille!
Le tue parole sono veramente belle, profonde e vere. Mi ci rispecchio e le approvo. Ma ho paura che finiscano presto per crollare davanti alle difficoltà della realtà: la mancanza di lavoro, la difficoltà di inserirsi in un contesto di lavoro che è quello che realmente desideriamo e a cui aspiriamo. E allora i calcoli per costruire una torre che regga diventano veramente difficili mettendo in conto veramente tutto..
cosa ne pensi?
Grazie prof D’Avenia. Grazie perchè ci dimostra nei fatti le cose grandi che si possono raggiungere se non “capponizziamo” i nostri talenti. E grazie perchè oltre a parlare, ascolta.
Mi sono sentita dire per tutta la vita che dovevo fare ingegneria. “Tu sei un ing nato. Hai il cervello quadrato. Sei proprio un’ing!”
Il mio sogno è sempre stato quello di fare pediatria, ma come succede spesso, i pensieri degli altri diventano nostri a lungo andare e con il tempo ho cominciato a pensare anche io di essere destinata a diventare ing.
Poi mi sono scossa da quello che definisco un torpore e dopo la maturità mi sono iscritta a Tecniche audioprotesiche. Mi sono laureata con il massimo dei voti e ho un lavoro. Da qui parto per costruire il mio futuro e avvicinarmi il più possibile a quelli che sono i miei sogni: lavorare con i bimbi. Cercherò di specializzarmi nel trattamento delle ipoacusie infantili. L’anima è pronta, il resto verrà da sè.
Carissimo Collega,
ancora una volta grazie per quello che fai e che scrivi. Il tuo approccio alla scuola rende tutti noi insegnanti un po’ più sereni sul futuro. Proprio stamani, con un collega, si considervano i cambiamenti in peggio del mondo dell’istruzione, in tutte le sue componenti.
Invece, leggere quello che fai e come lo fai, infonde una grande gioa ed una inattesa speranza.
ANche io, nel mio piccolo, ai ragazzi di quinta leggo una parabola, quella dei talenti, poi faccio loro scrivere le qualità (e sottolineo “quelle positive!” perché loro sarebbero tentati di scrivere i difetti) dei compagni di classe. Quindi, a casa rielaboro il tutto ed a ciascuno riporto un foglio con quanto scritto dagli altri su di lui, accompagnato da un mio saluto personale.
Vedo che funziona! Credo sia un modo per aiutarli in quello di cui parli tu. Il tuo modus operandi è decisamente più efficace e di livello, ma sono contenta di aver pensato un po’ lo stesso percorso.
Ti abbraccio e ti auguro ogni bene
Maria Cristina (Prato)
Caro prof,
trovo che quello che sta facendo sia meraviglioso. Le scrivo perché io sto vivendo la medesima situazione; frequento l’ultimo anno del liceo linguistico e non ho la più pallida idea di quale strada io possa prendere una volta finita la scuola. Ho dei buoni voti a scuola, ma nel momento in cui provo ad immaginare il mio futuro vedo solo il buio. Non credo molto nelle mie capacità, sebbene i professori mi riempiano di lodi. Ho provato a parlare con loro di questo mio problema, ma mi hanno sempre detto che devo scegliere da sola e che comunque c’è ancora tempo. E poi anche la crisi mi spaventa…ho voglia di fare, di imparare, ma ho paura di buttare via 5 anni e soprattutto soldi, visto che comunque non navigo nell’oro e non voglio dare problemi ai miei genitori, che appunto mi dovrebbero pagare l’università. La maturità si avvicina, ce la sto mettendo tutta e voglio andarmene da quella classe che non mi piace molto e da quella scuola…l’unico problema è: dove?
I giovani hanno bisogno di ascolto, di occhi che riflettano il cielo, di dita che indichino le stelle, ma anzitutto di ASCOLTO! E noi, gente di scuola, esperti di umanità e di discipline, quanto tempo sappiamo dedicare al futuro dei nostri ragazzi? Sì, sarebbe tempo di organizzare “pranzi di futuro” in tutte le scuole e, mi permetto, anche nelle “medie”, restituendo ai ragazzi la dignità di “sedersi a calcolare la spesa” senza timore di manifestare desideri e inclinazioni, talenti e attitudini diversi da quelli che suppongono mamma e papà! Grazie, Alessandro, grazie ai tanti prof. che organizzano pranzi di futuro! (Lo sanno in Parlamento???)
Caro Prof., tra le altre cose ricorda ai tuoi allievi di affrontare lo studio e gli impegni universitari futuri con passione. Quando ci si iscrive all’università si è troppo spesso assillati dalla mèta, dal dare il maggior numero di esami ed in breve tempo anche per ovvi motivi economici, e si tralascia l’approfondimento, la comprensione, la passione. Ho scoperto molti anni dopo la laurea il piacere di studiare…..
Gentile prof, mi piacerebbe tantissimo poter “farle compagnia” in un pranzo di futuro, per parlare del mio, di futuro, confuso più che mai. Frequento il 3 liceo classico a Roma (e sì, so che è presto e che c’è ancora tempo per decidere, ma io ho bisogno di certezze nella mia vita, di sogni dai nitidi contorni per poter trasformarli in progetti). Il mio problema non è che non ho sogni, ma che ne ho troppi, e non so davvero quale sia il più idoneo, quale sia “il giusto sogno” per me.
Per questo Le chiedo: come si fa a capire qual è la nostra vocazione, a a discernere tra mille passioni e infatuazioni per questo o quel mestiere il sogno giusto? Quali sono i suoi sintomi? Come riconoscerlo?
La ringrazio infinitamente
Come possiamo non aver paura del domani?Il mondo va a rotoli,nulla va per il verso giusto e,soprattutto,nessuno ci garantisce che ci sarà un domani.Ma,come si dice,la speranza è l’ultima a morire.
Ciao Prof Ale 🙂
Da quando ho cominciato a conoscerti su questo blog e con i tuoi libri e tutte le altre mille possibilità che hai di comunicare con il mondo, ho scoperto un nuovo modo di essere scuola, il più efficace modo di essere scuola. Tenere un piede nel passato e un piede nel presente con gli occhi rivolti verso il futuro!
Quando ero piccina volevo fare la stilista ma arrivata in terza media i miei genitori mi hanno consigliato di non scegliere quel tipo di scuola, mio padre aveva insegnato anche lì e purtroppo aveva constatato che era una scuola piena di alunni senza voglia di fare con un’ostilità profonda e continua che nessuno riusciva a curare. Così, vista la mia passione per la matematica, ho optato per il liceo scientifico e le materie che mi hanno più interessato sono state la filosofia e il latino, poco la matematica ^^. Ho partecipato a tante attività organizzate a scuola, fuori dall’orario, come il giornalino della scuola, il laboratorio teatrale. Ed ecco il nuovo sogno: essere un’attrice! Ma la strada per l’Accademia era off limits, ed ecco un altro sogno messo nel cassetto… nello stesso periodo però ho scoperto una speciale passione per il lavoro di testimone di vita, di catechista in Oratorio e non, e allora cosa fare? Coltivare il teatro o l’educazione a scuola? Ed ora che sto per laurearmi e diventare una maestra della scuola dell’infanzia quei sogni riaffiorano e mi ricordano che devo coltivarli, il traguardo universitario significa molto, ma non è tutto, il lavoro futuro non sarà tutto… quello che sto imparando in questi ultimi mesi è che dovremo imparare a dare la nostra vita a qualcosa che la arricchisce, e in fondo, nonostante i compromessi che ho “scelto” di prendere durante la mia carriera scolastica, Dio mi ha regalato tanti doni come la passione per le lingue, una creatività sfrenata che sta esplodendo sempre di più, che non mi hanno sepolto dietro dei libri che il più delle volte parlano di tutto tranne che di bambini… Questa riflessione ad alta voce mi ha permesso di rifletterci ancora di più 🙂
Grazie Ale, Grazie davvero per questo spazio di condivisione che hai scelto di aprire anni orsono ^_^
Ancora non ho avuto modo di andare al Cinema per vedere Il Film.. ma sono certa che sarà ancora una volta motivo di allegria e speranza… porterò i fazzoletti come da te consigliato ^_^
Buon Lavoro e buoni pranzi di futuro! Great idea!
Cecilia 🙂
Caro prof,
devo dire che io sono fortunata: ho la fortuna di aver incontrato nella mia carriera scolastica un prof molto simile a te, capace di parlare e di ascoltare gli alunni… È bellissimo ricevere questo tipo di attenzioni da un adulto, vedere che c’è davvero qualcuno a cui interessa ciò che dici riguardo i tuoi sogni e le tue scelte…
in effetti, io ho forse il problema inverso che ha la maggior parte dei miei coetanei: mentre tutti si disperano per riuscire a passare il test di medicina, io mi dispero per cercare di ricevere l’appoggio dei miei genitori sulla scelta della facoltà. Il mio sogno è diventare ingegnere informatico, mentre i miei vorrebbero assolutamente vedermi medico come mio padre… È difficile, per me, soprattutto perché alla mia età si cerca sempre il sostegno da qualcuno più grande e con più esperienza.. Eppure, quel qualcuno alla fine è arrivato: il mio prof di storia e filosofia, supplente, è la cosa più bella che mi sia successa tra le mura di quella scuola. Prima mi sentivo sola, inadeguata… Adesso invece è diverso, so che c’è qualcuno su cui posso sempre fare affidamento… Per questo ti ammiro tantissimo e sono felicissima per i tuoi studenti, perché so bene quanto sia bello e speciale avere un rapporto del genere con un prof… 🙂
nel mondo di oggi si lavora per vivere, per stretta necessità anzi il fatto stesso di avere un lavoro è diventato un grande privilegio, purtroppo..
dico purtroppo perchè il lavoro dovrebbe essere un diritto e non un privilegio… riuscire poi a fare il proprio lavoro con amore e passione così come fa lei e per fortuna anche io, credo sia un valore aggiunto.. un punto fermo che ti da il coraggio di guardare al futuro con speranza..
quindi grazie
firmato
una sognatrice
hai letto “cosa tiene accese le stelle” di mario calabrisi??
certamente!
Rispondere alla fatidica domanda “cosa farò da grande?” per me è stato facile, perché sapevo esattamente quale fosse il lavoro dei miei sogni. Nel corso degli anni, però, il mio iniziale entusiasmo si è a mano a mano sgonfiato sotto i colpi di frasi come “non ce la farai mai”, “lavorerai come una schiava per due soldi”, “non ci sono posti di lavoro in quel campo”, “la concorrenza è agguerrita”, “devi avere i giusti agganci per entrare nell’ambiente”, e così via. Per questo hanno incominciato ad assalirmi una marea di dubbi che continuano a tormentarmi anche oggi: mi chiedo se sono abbastanza brava per sfondare in un momento così difficile o se non era meglio studiare economia come mi era stato consigliato da molti. Ancora adesso ho paura del futuro, perché so perfettamente che tutte quelle frasi demoralizzanti che mi dicevano sono vere: il rischio di non vedere realizzato il mio sogno è molto più che concreto! Eppure io non riesco ad arrendermi: se c’è anche una piccolissima possibilità di farcela, devo provarci! Se penso che passerò al lavoro la maggior parte del tempo della mia vita, mi convinco che esiste un’unica occupazione che vorrei svolgere. Forse avrei dovuto fare economia, ma non riesco a pentirmi della mia scelta, perché ho potuto studiare ciò che amo, seguire i corsi con passione e fare la tesi su un argomento che desideravo approfondire davvero. Ho soltanto questa vita per provare a diventare quello che voglio e non intendo sprecare l’unica occasione che mi viene data per farlo. Non ambisco ad altro che a potermi sentire realizzata e felice attraverso il mio lavoro, anche se questo comporterà sacrifici in termini di tempo e di denaro. Penso che ognuno abbia qualcosa da offrire al mondo ed è un vero peccato quando, per paura di fallire, si tiene nascosto il proprio dono. Nel libro più famoso di Luis Sepúlveda, la gabbianella Fortunata può imparare a volare solo gettandosi nel vuoto dall’alto di un campanile: tutti i più grandi uomini sono diventati tali perché hanno rischiato. Quindi continuo ad avere paura di quello che mi aspetta, ma non mi pento delle mie scelte, anche perché so che, comunque vadano le cose, in qualche modo riuscirò a cavarmela, incassando la sconfitta come ho fatto finora con tutte le batoste avute, e, se proprio non potrò fare il lavoro dei miei sogni, troverò la forza di reinventarmi, facendo qualcos’altro. Ad essere sincera il fatto che il traguardo sembri così irraggiungibile, lo rende ai miei occhi ancora più ambito. Forse perché credo nella realizzazione dell’impossibile e, del resto, penso che le vittorie inaspettate siano le più belle.
La tua idea di scuola è la mia!
Mi sono messo a scrivere, ma avrei voluto fare (anche) il professore!
E se un giorno avrò dei figli, spero che saranno tuoi alunni!
Matteo
Ho solamente 14 anni e so già perfettamente cosa voglio dalla vita. La voglio vivere, nel solo modo di cui io sono capace.
Voglio scrivere, so che il tragitto per raggiungere questo traguardo è faticoso ciò mi rende infatti titubante e mi fa paura. Ma ho sempre avuto paura delle cose più belle e delle cose a cui tenevo di più, per questo sono sicura che quello che voglio è scrivere.
caro alessandro, mi è piaciuto molto il tuo articolo! io lavoro in una grande banca e penso che i pranzi con gli studenti possano diventare i pranzi coi colleghi, per stimolare anche in loro la consapevolezza di cosa davvero vogliono fare all’interno dell’azienda….alcune volte i loro sguardi sono spenti e c’è rassegnazione….ma penso che valga la pena cercare grandi ideali anche quando non si è più appena laureati o studenti, ma già lavoratori….allora sì che il talento e l’energia fanno la differenza in una azienda! grazie del tuo bel spunto! sonia
Stupendo!Ogni tuo articolo che leggo diventa sempre ricchezza per me… questo è,in particolare,quello che si avvicina maggiormente alla mia circostanza.Mi chiamo giusy e faccio il quinto scientifico.Come vorrei essere al posto dei tuoi alunni,come vorrei aver avuto anche io qualche prof che incoraggia i suoi alunni in questo modo!Hai ragione la scuola delle volte non insegna alla vita,ma solo a inutili prove e talvolta rovina gli studenti!Quando ho cominciato il Liceo,per i primi due anni,avevo cosi tanta volontà,tanta carica di studiare, di esprimermi,di dialogare con i prof,e i voti a scuola parlavano chiaro.Poi dal terzo i prof hanno cambiato volto:pesanti,chiusi,pressione per i voti per cui hanno causato competizione tra noi compagni di classe,..E quando loro,con cui passi più tempo che con i tuoi,non ti insegnano non solo cultura ma anche vita,perchè è anche questo il loro compito anche se ne sono ignari,non ti spronano,ma sono sempre pronti a criticare sullo sbaglio e ad essere menefreghisti allo stesso tempo,ti senti svuotata.Ecco mi hanno svuotata dei miei sogni,di me stessa.Ora sono incerta su di me,su quello che vorrò fare e non so come trovare la mia “vocazione”.
Grazie se leggerai il commento e un grazie immenso se risponderai su come ritrovare la mia me.
Parlane con chi ti conosce e vuole bene. Se necessario cambia scuola. E non aver paura: la tua vocazione è dentro di te, non dipende dagli altri. Basta ritrovare la strada della fiducia.