Che cosa resta di un anno di scuola
Che cosa resta di un anno scolastico? Ci vuole coraggio per certe domande.
Riassumere in poche battute quello che accade nel vorticoso spazio di 200 giorni è impossibile. Basta un anno scolastico perché ogni studente e ogni docente abbia materia sufficiente per uno o due romanzi. Credo sia la scuola ad avermi costretto a diventare scrittore, altrimenti sarei rimasto schiacciato da tutte le storie che ogni anno mi capita di attraversare, vivere, sfiorare. Scrivere è usare una rete da pesca: ha la sua paradossale forza nei buchi, che lasciano passare l’ovvio della vita, e nei nodi, che trattengono ciò che si nasconde e sfugge sempre. Provo a tirare su le reti: dopo un anno che cosa resta?
Proprio l’altro giorno me lo chiedevo e mi è venuta in aiuto una mail di una studentessa (alla fine di un anno chiedo sempre ai miei ragazzi in che cosa posso migliorare la qualità del mio insegnamento e quali errori posso aver commesso senza accorgermene):
“Un altro anno è trascorso. È stato un anno intenso ma veloce, forse troppo, ma un anno in cui sento di essere cambiata, di aver fatto nuove scoperte e amicizie.
Se ci penso è strano, ma per tutti gli ultimi mesi il mio desiderio era finire il liceo ed andarmene, cambiare aria; ora che manca poco, che c’è solo un anno ancora, già mi mancano: la classe, i compagni, i professori, le ore in classe… tutto quello di cui ero stufa fino a venerdì, quando mi sono resa conto che manca solo un anno.
Se mi posso permettere Prof, anche lei è cambiato, maturato: per quello che ho visto io ha imparato a gestire il successo di un libro, i fan, le presentazioni e l’emozione che questo comporta, riuscendo a conciliarli con noi alunni, con il programma e le interrogazioni. L’anno scorso avevo paura che ci abbandonasse, che preferisse fare lo scrittore piuttosto che insegnare a noi; ora sono tranquilla perché vedo che, essendo riuscito a conciliare le due cose, è felice di insegnare e di stare con noi. Quindi grazie per la pazienza e il tempo che ha dedicato ad ognuno di noi, anche quando forse noi non lo meritavamo troppo”.
E quanto mi sia costato ritrovare armonia i miei ragazzi lo sanno, anche a loro spese.
Gli eventi ci impastano e dentro di noi siamo alla ricerca del centro che non siamo disposti a negoziare con niente e nessuno, il lievito che, nel mutare continuo delle circostanze, ci permette di dare ampio consenso alla vita senza esserne vittime. È così a 35 anni, figuriamoci tra i 14 e i 18. Ogni anno è una vita in miniatura a quell’età, e quei 200 giorni un’esistenza in carne viva come è la pelle dell’adolescenza, durante la quale il mutamento è la regola e il rifiutare il mondo il suo corollario. Che cosa posso mai accettare, se non riesco ad accettare chi sono neanche per un giorno?
Per questo scrivo di ragazzi nelle mie storie. Il verbo latino adolescere viene da una radice che indica il “portare a compimento qualcosa” e il participio passato di questo verbo latino è adultus. Per diventare adulti bisogna “adolescere” bene. Da adulti poi bisognerebbe mantenere ciò per cui l’adolescenza è fatta: trovare per che cosa valga la pena giocarsi la vita futura, senza compromessi, con quella fame di verità, bellezza e autenticità che è la costante delle centinaia di ragazzi che ho incontrato in questi anni a diverse latitudini del nostro Paese.
Quando ci decideremo a rinnovare il paradigma che interpreta le età della vita come compartimenti stagni da superare e chiudersi alle spalle? Quando cominceremo a raccontare la vita come continuum in cui le età si mescolano continuamente e ritornano, soprattutto quando alcune fasi sono state trascurate? Solo così trasformeremo l’adolescenza da una malattia ad una possibilità, l’adolescente da oggetto da risolvere a soggetto capace di creare. Ma questa è un’altra storia.
Che cosa resta di quest’anno? Voti? Interrogazioni? Compiti? Programmi? Scartoffie? Note? Tutto questo lo laveranno via le prime settimane di vacanze. Quello che resta è invece la solita umile, usata, difficilissima arte di vivere: quanto sono cresciuto nell’amore ai miei colleghi e ai miei studenti?
Purtroppo non ha memoria la vita se non dell’amore declinato nelle sue molteplici e quotidianissime forme: quanto tempo dedicato a quella lezione per raccontarla proprio a quegli studenti, diversi da quelli dell’anno prima? Quanto tempo trascorso con un collega in cerca di strategie migliori per la la loro crescita? Quanto tempo dedicato al quaderno con una pagina per ogni alunno con su scritti i punti forti e i punti deboli, per aiutarlo a superare i secondi grazie ai primi? Quanto tempo speso con ragazzi al di fuori dall’ora di lezione? E quanto tempo perso a sparlare e demolire?
Qualche giorno fa, in un momento di sconforto burocratico, ho formulato una legge: somma il numero di ore impiegate a parlare dei e con i ragazzi, sottrai il numero di ore dedicate a compilare carte e registri. Il risultato, spesso purtroppo negativo, è la scuola italiana.
E che cosa resterà di una scuola così? Quelle riunioni, quelle scartoffie? Non credo, nessuno vive e lavora per queste cose. Resteranno le vite dei ragazzi e le nostre, mutate e maturate con le loro, per un più pieno compimento nostro e loro.
Spesso ho sentito dire da alcuni colleghi che noi siamo seminatori di dubbi. Io preferisco dire seminatori di domande. Ma prima dobbiamo trovare il coraggio di porle a noi stessi: che cosa resta di quest’anno?
Ciao Alessandro, forse questo link ti potrò interessare:
http://camoscibianchi.wordpress.com/2012/06/12/la-scuola-di-una-volta/
Buon lavoro
Beppe
…volevo scrivere “potrà”… Scusa l’errore.
Un bel segno rosso! (fai ancora così?)
Grazie, Giuseppe. Molto interessante.
Touchè ( si scrive così????? ), come sempre… Grazie !
Bellissimo articolo, Ale. Mi permetto di “correggere” la legge: le ore perse dietro alla “burocrazia” sono ore non dedicate ai ragazzi, d’accordo. Ma al massimo saranno uno zero nella somma, non un addendo negativo: non è possibile distruggere il bene di quei minuti, ore, giorni, dedicati alle persone, ai ragazzi, ai colleghi. Anche un solo sorriso, pochi secondi, o una sola chiacchierata in un anno sono un tesoro prezioso. Grazie perché riesci a dirlo all’Italia!
CAro Cristian, hai ragione. Ma si sa: la matematica non è il mio forte…
Credo che di quest’anno mi siano rimaste una manciata di cose. Briciole di sogni, di sentimenti. Mi è rimasta la voglia di sentirmi me stessa, la fragilità dopo un litigio che mi ha segnata, forse per sempre. La certezza che qualcuno che ci tiene, da qualche parte, c’è. Ed un mucchio di compiti per le vacanze!
Grazie, prof.
Che cosa resta di quest’anno di scuola? Per me che insegno lettere in un istituto professionale resta un GRAZIE per tanti: per i miei ragazzi di un terzo da 36 che mi hanno sfidato ogni giorno e che mi hanno insegnato a non mollare anche quando tutto sembrava vano, a quei colleghi che mi hanno sorpreso con la loro disponibilità, a te Alessandro che vieni ad incontrare i nostri alunni (Perugia!)per testimoniare loro che ciò di cui parliamo è vero e grazie a tutte queste cose messe insieme che mi hanno permesso di crescere e sorprendermi di potenzialità che non credevo di avere. E’ proprio vero, la vita è un continuum in cui le età si mescolano continuamente e ritornano.
Grazie, sempre
Matilde
Molto bello e profondo quest’articolo… io ho 36 anni e trovo gli stessi dubbi ed incertezze.
Sì, perchè alla fine anche i 36 anni possono essere il risultato di una formula (18x2volte).
La ricerca di “noi” non deve mai interrompersi a mio parere, e spero che questa voglia non si fermi con l’età! Me lo auguro…
[…] “con quella fame di verità, bellezza e autenticità che è la costante delle centinaia di ragazzi che ho incontrato in questi anni a diverse latitudini del nostro Paese”.
Tre aggettivi che personalmente ritengo i tre pilastri che dovrebbero sempre sostenere la personalità di giovani e meno giovani:
“verità”
“autenticità”
“bellezza”
E se allora i ragazzi cercano questo, non vedo l’ora che siano loro a prendere in mano le redini del nostro Paese.
Perché abbiamo disperatamente bisogno di futuro e non c’è niente di più grandioso che scorgerlo negli occhi di coloro che cercano quelle tre cose.
Beato te che puoi apprezzare “panorami” così gratificanti.
Caro Alessandro,
qualche anno fa avevi pubblicato questo post sul vecchio blog
http://blog.librimondadori.it/blogs/profduepuntozero/2008/06/14/principi-della-termodidattica/
Principi della Termodidattica
I principi della Termodidattica sono basati sul calore e sul fatto che le radici degli occhi sono nel cuore.
Primo Principio della Termodidattica:Il cuore dei tuoi alunni si riscalda in modo direttamente proporzionale al brillare dei tuoi occhi quando spieghi.
Secondo Principio della Termodidattica:
Il brillare dei tuoi occhi aumenta in modo direttamente proporzionale a quanto credi in ciò che stai dicendo.
Terzo Principio della Termodidattica:
Il tuo credere in ciò che stai dicendo aumenta in modo direttamente proporzionale a quanto quello che stai dicendo ti cambia la vita.
Primo Corollario:
Nessun occhio spento ha mai insegnato nulla a nessuno.
Secondo Corollario:
Nessun cuore spento ha mai riscaldato un altro cuore.
Una mia (ormai ex) studentessa mi aveva scritto una mail con il suo punto di vista e mi piace ora fartelo conoscere perché si tratta di una di quelle cose che rendono il nostro lavoro bello, importante e significativo…
Principi della Termoregolazione studentesca.
I principi della termoregolazione studentesca sono basati sul calore e sul fatto che un raggio di affetto si tramanda con lo sguardo.
Primo Principio della Termoregolazione studentesca.
L’estensione del sorriso della prof è direttamente proporzionale all’attenzione che presti alla sua voce e ai suoi occhi.
Secondo Principio della Termoregolazione studentesca.
L’attenzione che presti alla voce e agli occhi della prof aumenta in modo direttamente proporzionale all’interesse, al rispetto, all’affetto che nutri nei suoi confronti.
Terzo Principio della Termoregolazione studentesca.
Interesse, rispetto ed affetto aumentano in modo direttamente proporzionale a quanto la prof che hai davanti ti ha cambiato e ti cambia la vita.
Primo corollario:
Senza raggi d’affetto ogni aula rimane buia
Secondo corollario:
Senza un primo sguardo non nasce un primo sorriso
Comincia a piacermi la fisica…
Che cosa mi resta di quest’anno?
Sacrificio: pomeriggi e domeniche dedicate alla preparazione delle lezioni rinnovate, creative , stimolanti, mentre il marito si dedica ai figli per sostenerti.
Sorrisi: l’entusiasmo dei bambini di fronte alla novità.
Stupore: la meraviglia continua nel rendersi conto di quanto possano assorbire gli studenti.
Intimità: la magia del mattino al momento della preghiera e del racconto della “storia per crescere”
Unione: l’intuizione della collega che capisce quando è il momento di offrirti un cioccolatino
Confronto: soprattutto quello con te, caro professore, che tanto hai condiviso con chi ha avuto voglia di starci, di esserci, di mettersi in ricerca, che tanto hai arricchito chi ha avuto voglia di confrontarsi partendo dalle tue provocazioni.
Poi mi resta un regalo speciale, un sogno a lungo desiderato, la cosa che dà il senso al tutto: un ex alunno mi ha chiesto di essere la sua madrina alla Cresima.
Sono sicura che tutto ciò non nasca dalla Grammatica, dalla Storia, dal puro insegnamento, quanto piuttosto dall’amore condiviso, dall’ascolto reciproco, dalla volontà di mettersi continuamente in discussione senza vergognarsi dei propri limiti perché è da quelli che nasce la bellezza.
Così, al di là della rigida burocrazia, amo la fantasia di Dio nell’offrici così tante occasioni per dire “Grazie” a questi 200 giorni che non ci hanno risparmiato nulla: dolore, gioia, feste, calamità… ma questo è lasciarsi innaffiare dal mistero della vita, questo è crescere.
L’ultimo bambino è uscito con il suo zaino in spalla…li aspetterò sul portone a settembre, uno ad uno, con un nuovo sogno nel cuore.
Grazie anche a te, professore.
GRAZIE ROSY PER LE COSE BELLISSIME CHE HA SCRITTO!
DA INSEGNANTE CONDIVIDO CON LA MIA PARTE ADULTA QUELLO CHE HA SCRITTO ALESSANDRO, E CON LA MIA PARTE ADOLESCENTE QUELLO CHE HA SCRITTO LA TUA ALLIEVA….
Che cosa resta di un anno di scuola? Mi resta una gratitudine, uno stupore per quei volti che ho avuto davanti e che mi hanno sfidato. I ragazzi e ciò che insegno (Chimica e Biologia) sono stati per me l’opportunità di verificare in che cosa consisto, che cosa ho da dire, dove poggia il mio cuore. io non so scrivere bene, ma allego il Grazie che le mie alunne di seconda dell’Istituto tecnico di Verona dove insegno mi hanno dato l’ultimo giorno di scuola. Tra pochi giorni sarò nuovamente in campo come commissaria esterna per gli esami di maturità e guarderò questi alunni che per breve tempo mi sono dati come qualcosa di prezioso per la mia vita.
“Cara profe, siamo arrivati alla conclusione di questi due magnifici anni passati con lei. Per dimostrarle l’affetto che nutriamo nei suoi confronti e il dispiacere che proviamo nel lasciarla, vorremmo scriverle questa lettera:
Grazie per averci fatto trovare nella chimica e nella biologia il loro significato profondo.
Grazie per averci insegnato che l’ossigeno in natura è O2
Grazie per averci spiegato il viaggio di quella piccola cellula che, percorrendo strade tortuose contro la forza di gravità e arrivando ai piedi dell’immensa Luna Piena, si sarebbe aggiudicata il titolo di “The Winner”.
Grazie per essersi presa cura di noi.
Grazie per non averci trattato come bidoni che devono essere riempiti di vagonate di istruzioni che alla fine saranno dimenticate.
Grazie per il sorriso che fa (e che pochi fanno) quando entra nella nostra classe.
Grazie per essersi fidata di noi.
Grazie per aver sempre creduto in noi.
Grazie perché ci capisce con uno sguardo.
Grazie perché preparava le lezioni immaginando le nostre espressioni.
Grazie per essere sempre stata se stessa con noi.
Grazie per averci dato la possibilità di parlare con i nostri genitori di argomenti di cui non avremmo mai parlato.
Grazie per essersi esposta con noi riguardo la sua vita privata.
Grazie per averci lanciato mille provocazioni che noi abbiamo saputo cogliere e sulle quali abbiamo riflettuto e discusso tra di noi.
Grazie perché non è stata una professoressa come tutte le altre; infatti con la sua serenità, le sue battute e i suoi incoraggiamenti ha saputo spiegarci e farci apprezzare due discipline non molto semplici. Inoltre, durante il cammino che abbiamo intrapreso con lei, abbiamo potuto scoprire giorno dopo giorno la sua più grande dote: farsi amare dai suoi studenti stando loro vicino e aiutandoli nel momento del bisogno.
Grazie per aver fatto sì che da mucche che pascolano tutto il giorno senza alzare mai gli occhi al cielo, siamo diventati ragazzi che non danno niente per scontato.
Grazie perché sappiamo che ci sarà sempre.
Grazie per aver accettato una grande sfida: NOI.
Sappiamo che la nostra vita sarà ancora molto lunga, ricca di belle sorprese ma anche di tanti ostacoli che potremo superare solo lottando come ci ha insegnato e dai quali usciremo vincitori”
Senza parole.
Di quest’anno vorrei mi fosse rimasto un po’ di più che una media alta. Ed invece eccomi qui, vuota. Sono senza parole, senza sogni, senza stimoli. Una volta scrivevo, ma adesso mi manca sempre proprio quella parola per incominciare una storia, mi manca l’incipit, mi manca la poesia. Adesso che è finita la scuola e dovrei sentirmi più libera di fare quello che amo, è come se fossi legata a terra dalle catene dello sconforto, dell’insofferenza. Sono vuota. Sono senza me, senza quello per cui, almeno un po’, mi piacevo.
E’ come se quest’anno al posto che darmi qualcosa di nuovo avesse preso, invece, qualcosa di mio, qualcosa che mi serviva a star bene con me stessa.
Prof, hai qualche consiglio per un’alunna che si è persa un po’?
(Le tue parole sono, come sempre, speciali)
Grazie, Prof, per quello che dici.
Quanto vorrei un collega come te! Sono anni che combatto con persone insensibili che scaraventano le loro frustrazioni su ragazzini fragili, nel pieno della crescita 🙁
Vorrei che tutto cambiasse, che tutti cambiassimo… leggerti mi dà speranza, coraggio e volontà di continuare a fare del mio meglio nel mestiere più bello del mondo 😉
Regalino che già conoscerai, senz’altro: “Gli alunni non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere”. Ah, a proposito… Plutarco o Aristotele? Svelamelo, por favor 😉
Ah… hai una schiera di nuovi lettori; durante quest’anno scolastico ho portato una pagina di “Cose che nessuno sa” come spunto per un tema e i ragazzi sono letteralmente impazziti; lo hanno letto, postato, cliccato, sviscerato, riletto, ripostato…. mi hai aiutato a farli leggere e a far amare loro le cose belle, grazie!
Manu
Che cosa resta?
Bella domanda.
Però credo questa volta di essere pronta a rispondere. Nonostante i diversi momenti di sconforto di fronte a intere settimane di interrogazioni e verifiche. Nonostante alcuni insuccessi. Nonostante alcuni professori. Nonostante tutto, credo di essere cresciuta quest’anno. Forse non porterò a casa grandi risultati in greco e in latino, ma di sicuro posso dire che il liceo mi ha permesso di trovare e conoscere delle persone meravigliose che mi hanno aiutato a superare i momenti difficili. Cosa mi resta dunque di quest’anno? Mi restano i loro sorrisi. La loro voglia di venirmi incontro e di tendermi una mano nonostante io non avessi chiesto il loro aiuto. La loro parola di incoraggiamento. Il fatto che ci sono sempre.
Di quest’anno mi resta un corso “di recitazione”, iniziato quasi per gioco, che però mi ha infine aiutato a vincere la mia paura di espormi e recitare davanti ad un (seppur piccolo) pubblico.
Di quest’anno mi restano alcuni (in realtà pochi, credo due) professori che hanno davvero svolto il loro lavoro, cercando di farci appassionare alla materia che insegnano. Mi resta qualche lezione particolarmente interessante. Mi restano alcune assemblee di classe che non dimenticherò mai.
E forse mi resta molto altro, ma me ne devo ancora accorgere. Di sicuro in questi tre mesi non mi mancherà la scuola, ma devo ammettere che in qualche modo la devo ringraziare per tutto questo.
caro Alessandro,
questo anno scolastico mi ha lasciato tanto, tantissimo direi. e di sicuro mi resterà uno splendido ricordo dell’esperienza vissuta, accanto a colleghi tanto più grandi di me, con i quali mi sono capita al volo e ho instaurato una splendida collaborazione, e soprattutto accanto a loro, i miei alunni (non facili, preciso, in un professionale dove ci si imbatte in classi- pollaio, con livelli di motivazione e interesse spesso pari a zero, dove ci si abitua a toni alti -eufemismo- e si tenta di farsi sentire e capire, mettendo a dura prova corde vocali non allenate a “urlare”!). Eppure in questi mesi questa realtà è diventata parte integrante di me, mi sono legata a tutti e a tutto, ho imparato a capire gli sguardi, le parole dette e soprattutto quelle non dette, ho avuto segni di affetto e attenzione da chi meno me l’aspettavo, e in tutto questo tra Storia e Italiano credo di aver lasciato in loro una traccia dei nostri discorsi… tanto più che i miei alunni mi hanno vista arrivare magrissima e in forma e nel tempo vistosamente cambiare: il mio pancione (oggi di 7mesi) è cresciuto insieme al nostro rapporto! Sentivo il mio bimbo muoversi quando loro mi parlavano, e mi fa piacere pensare che lui come me gradisse la presenza intorno di tanti adolescenti alle prese con insicurezze, prodezze, con il cuore pieno di amore e di attaccamento verso i propri compagni di classe, rabbia verso genitori poco presenti e ancora troppo immaturi, insofferenza verso una scuola che vivono come una costrizione senza capirne ora l’importanza. Ogni anno non è facile iniziare da zero, tutto nuovo, ambiente, segreteria, dirigente, colleghi, classi.. ma in poco tempo quell’ambiente nuovo diventa familiare e parte della quotidianità, perno intorno a cui ruotano le giornate, i pensieri, le idee, anche quando si torna a casa. Vivere la scuola oltre i voti e le lezioni, in un intreccio di emozioni e condivisione: questo è ciò che mi fa amare il mio lavoro e me lo fa scegliere al di là di ogni precarietà. La nostalgia alla fine dell’anno è tanto più forte perchè accompagnata dalla domanda: dove sarò l’anno prossimo? Che dire, meglio non pensarci ora… è giusto che finalmente mi goda l’attesa del mio bimbo, e dedichi a lui e a me stessa un pò di riposo, anche se il mio cuore resta sempre pieno delle emozioni che abbiamo condiviso, io, lui, e gli scalmanati alunni, in questo anno speciale.
Le insegnanti come te tengono in piedi la Scuola. Grazie e auguri per il tuo bimbo.
Gentile collega,
il tuo articolo mi ha fatto fermare e riflettere. Anche io come te passo tanto tempo a compilare registri e documenti, ogni tanto mi domando il perchè.
Con il tempo (e 27 anni di servizio nella scuola primaria) mi sono però resa conto che rendere un documento un “impiccio burocratico” dipende solo da noi. Il documento può diventare un momento di riflessione, di riesame, di feedback, un’occasione per formalizzare e rendere più nitido quel grande, immenso, multiforme lavoro d’aula che è relazione, insegnamento, appprendimento, crescita personale e… mettici tutto quello che vuoi e non sbaglieresti.
L’autovalutazione è un atto che l’insegnante generalmente tende a rifuggere e posticipare. Aleggia sempre un disagio palpabile nelle occasioni in cui si tenta di analizzare l’esito di una prova d’istituto. Ci sono colleghi che omettono i dati, che li alterano, che si rifiutano di condividerli.
Ma quegli atti formali e burocratici, se fatti diventare strumenti di autovalutazione consapevole, possono davvero far crescere il successo formativo dell’alunno, attraverso la consapevolezza che il docente ha del proprio insegnamento. Lo strumento a disposizione può apparire inutile o altresì molto potente.. dipende se si decide di farlo diventare solo un dubbio o lo si considera per ciò che è: una domanda!
Grazie per la tua pacata riflessione, piena di anni di fatiche e paziente lavoro.
Grazie Alessandro per questa domanda, per questa grande provocazione. Io quest’anno ho fatto la 4^ginnasio con una prof. bravissima che me lo ha fatto vivere meravigliosamente. Ma la cosa che rimane di quest’anno è, come hai detto tu, l’arte di vivere; la vita per me è stata la compagnia di GS, la mia storia in GS, e la felicità in questa compagnia, la Sua presenza ogni giorno in quei volti. La cosa che mi ha colpito di più è stato proprio nel programma di italiano: l’incontro del brutto anatroccolo con i cigni, che lo cambia. Io mi sono rivista in questo perché vedo nei miei amici i cigni, i più belli del mondo. 🙂 Adesso finisco con una tua frase: “Lei sorrise e la luce le riempì gli occhi a tal punto che si sarebbe potuto pensare che luce e amore siano la stessa cosa, una per gli occhi e l’altro per il cuore.” Ho ripreso in mano ‘Cose Che Nessuno Sa’ e questa frase mi ha stupito perché con le tue parole hai espresso quello che non sapevo dire :)grazieeee :):)
Di questo anno scolastico mi resteranno due irresistibili battute.
La prima:
” Ivan, dimmi cos’ è un Ampere..”
Risposta:
“L’Ampere è la quantità di pere che attraversano un conduttore nell’unità di tempo!” Non fosse stato per l’uso improprio e generico del termine “conduttore”, gliel’avrei data buona..
La seconda è fresca fresca, di oggi.Esame di qualifica da elettricista. Gli allievi si cimentano nel disegno di una planimetria di un impianto di illuminazione. Il buon Damiano, il mio “eletto”, vuole esagerare nello zelo.Prende il foglio si alza e tutto compunto viene da me e mi domanda:
“Prof..la planimetria..la posso fare tridimensionale? Mi dà di più?”
La mia risposta:
“…sei bravo a fare gli origami?”
Damiano mi ha consolato tutto l’anno con il suo incrollabile buonumore, contrario alle logiche adolescenziali e lontano dallo sterotipo di cuffiette, broncio, telefonino, facebook e incazzatura costante dei suoi compagni. Damiano cancellerà il peggio: l’impotenza, la stanchezza, la burocrazia,la rabbia.. So che di quest’anno ricorderò con nostalgia il suo sorriso diciassettenne e le sue strambe domande..
…potrò mai saperlo? Potrò mai davvero sapere quanto sono entrata nel cuore di chi ho avuto davanti per questo lungo anno? Potrò mai capire il mistero per cui Andrea, l’alunno che proprio “non mi andava giù”, è diventato il mio pupillo negli ultimi giorni?
E voi, piccoli teppisti, strafottenti e maleducati, cosa vi è saltato in mente di sorridermi con gli occhi bassi, l’ultimo giorno di scuola, di balbettare “grazie prof…”, rinunciando all’amicizia su facebook mentre mi chiedevate qualcosa di ben più grande?
A voi non so; a me è rimasta una stanchezza che pesa ancora sugli occhi, la sera, mentre non posso che pensare a quanto, nonostante tutto, vi voglio bene.
Mi resta la soddisfazione di essermi spesa senza risparmio per costruire e curare buone relazioni con gli alunni e con i colleghi ed è una fatica che lascia sicuramente il segno, visto che a fine anno sono praticamente consumata.
Mi resta, però, anche molta tristezza quando mi accorgo che per alcuni ciò che conta è solo la promozione, indipendentemente da tutto…anche dal merito.
Una mamma, il cui figlio è stato bocciato, ha fatto una sceneggiata folle, insultando me e un’altra collega per più di mezz’ora: davvero non riesco a giustificare tanta maleducazione e penso che i figli di cotanti genitori siano irrimediabilmente rovinati e tra vent’anni avremo una classe di lavoratori volgare e ignorante!!
Se oso rispondere e rompere la mia naturale riservatezza è per dire che quest’anno finisco con la bella sensazione di non essere sola come insegnante:
ci sei tu che hai creato questo spazio, bello, di libertà e confronto;
ci sono tanti che qui testimoniano come te questa passione “che tiene in piedi” la scuola italiana;
ci sono alcuni miei colleghi di scuola che ho ritrovato compagni di cammino dopo che ho segnalato loro l’ascolto di una tua testimonianza al Sermig e che mi hanno ringraziato commossi. Penso che l’anno venturo potrà accadere qualcosa di bello!
Perciò grazie anche da parte loro e un nota bene:
ogni tanto le “robe” da film raccontate ne L’attimo fuggente accadono. E’ il caso raccontato nel film Freedom writers.
Caro prof, grazie per il bellissimo articolo: mi ha fatto riflettere. Forse non è estremamente pertinente ma mi sono imbattuta in quest’altro articolo dal sito del Corriere della Sera: http://lettura.corriere.it/chiudiamo-le-scuole-per-amor-dei-libri/
Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensi.
Grazie!
Che cosa resta dopo un anno di scuola? È una domanda che cade nel momento giusto, quando i miei/nostri ragazzi di terza e quarta stanno affrontando gli esami e gli altri, più ‘piccoli’, festeggiano la fine o cominciano ad affacciarsi nel mondo del lavoro.
Li guardo e mi ritornano in mente le loro facce di quando sono arrivati in prima…che cosa resta?
Resta lo stupore nel rendersi conto che si sono fidati di me e dei miei colleghi, lo stupore che sono diventati grandi e adesso, da soli, ce la stanno facendo. Resta l’ammirazione perchè stanno realizzando i loro progetti, il rammarico perchè non tutti ce la fanno e magari avrebbero avuto bisogno di maggiore attenzione. Resta la commozione per la determinazione con cui affrontano le sfide della vita. Resta l’attesa di un nuovo anno. Resta la convinzione che sono fortunata a fare il lavoro dell’insegnante.
Del mio secondo anno al liceo resta poco, ma quel poco mi ha reso veramente una persona diversa, migliore.Resta il fatto che la professoressa di matematica è rimasta dopo l’orario scolastico per parlare con noi dei nostri problemi riguardanti la scuola, della depressione, della rinuncia, dello sforzo non ricompensato.Resta l’ultimo mese nel quale è arrivato un supplente che ci ha lasciati salutandoci così:”E’ normale avere paura, ma vedete, il coraggio viene facendole le cose!Prima però dovete guardarvi allo specchio, accettarvi e capire chi siete, perchè se avete paura di voi stessi non andate da nessuna parte.Poi il coraggio viene da solo.In un periodo difficile per la mia vita, perchè mi sto ponendo molte domande su me stesso,vi ringrazio di cuore PERCHè MI AVETE SIGNIFICATO UN TIPO DI SCUOLA CHE ERA SPARITO DALLA MIA ESPERIENZA, MI AVETE RICORDATO PERCHè SONO INSEGNANTE.” e si avvia verso la porta sorridendo” AH RAGAZZI, UN’ULTIMA COSA, NON DIMENTICATEVI MAI DI ESSERE UOMINI LIBERI”.Questa è la scuola, la scuola vera(anche se dura poco più di un mese): un confronto, un dibattito ,uno specchio grazie al quale si impara a conoscere se stessi e a non avere paura del futuro.Una scuola che ti sussurra all’orecchio parole sulla tua vita e ti mostra quanto essa può essere grande. 🙂
Spero ti leggano in molti.
Parole semplici,che vengono dalla settima stanza del cuore.Parole vere,senza alcuna pretesa.Non mollate, tutti voi sognatori,non molliamo neanche noi studenti capaci di sperare ancora…queste parole sono semplicemente la prova che ne vale ancora la pena!
Mi resterà un bellissimo mazzo di fiori, regalo inaspettato dei miei scalmatati periti meccanici del secondo anno. Con tanto di bilgietto, addirittura!
Ho finito il quarto anno di liceo.
Il mercoledì dell’ultima settimana non vedevo l’ora che finisse per la stanchezza e per la monotonia di nove mesi di vita tutti uguali. Ma il sabato un senso di nostalgia mi ha assalita. La paura che le solite cose mi mancheranno e che poi dureranno solamente ancora un anno mi ha fatto stringere lo stomaco.
Da questo ho capito che la scuola mi ha dato tanto anche se mi è difficile ammetterlo. In quest’anno ho torvato il calore e il coinvolgimento dei compagni nell’affrontare le situazioni, anche personali. Ho capito (anche se alla fine del quarto anno) che anche i prof sono umani, con paure, gioie e ansie, un po’ come tutti. Ho capito che una prof non è contenta se piangi ma sa che in quel momento stai crescendo. Mi mancherà un pò tutto di questo ma soprattutto mi mancherà quella monotonia che prima trovavo insopportabile e ora indispensabile. Quindi si posso affermare che di quest’anno rimarranno le piccole cose forse scontate che poi ripensandoci scontate non sono. Per questo ringrazio tutti, copagni e professori ugualmente.
[…] riaffiorati dopo tanto tempo leggendo l’intervento di Alessandro D’Avenia sul suo blog https://www.profduepuntozero.it/2012/06/14/che-cosa-resta-di-un-anno-di-scuola/. D’Avenia, professore in un liceo milanese oltre che scrittore, si chiede che cosa resta […]
A 18 anni si vorrebbe che d’estate, di un anno di scuola non rimanga nulla. Tutte le nozioni, le date, i professori, i compiti e le verifiche dovrebbero sparire dentro una bolla. Ma si sa le bolle sono fragili e per quanto possano opporre resistenza, prima o poi si romperanno liberando, come una sorta di vaso di Pandora, tutto il caos contenuto. Tutti quei 200 giorni, che sembravano protetti e lontani dalla mente, vengono improvvisamente a infilarsi tra i pensieri. Bruciano. Bruciano come ferite mai guarite. Bruciano come solo un ricordo amaro può fare. Sono come batteri, si insinuano tra la carne, si fanno spazio e a poco a poco infettano la carne. A volte però, il male è anche la cura. Sì, perchè quel bruciore ha risvegliato gli anticorpi, che lentamente combattono i batteri e cicatrizzano la ferita. Ecco cosa rimane alla fine di quei 200 giorni: cicatrici. Servono anche quelle.
non smetta mai di essere un professore, prima ke uno scrittore…non c’è niente di più meravigliosamente bello…forse è per questo ke amo tanto i suoi libri e aspetto con ansia il prossimo, perchè mi piace, oltre ke leggere storie dei “suoi” ragazzi, di quelli ke crea attraverso l’esperienza personale, anke pensare quale fortuna abbiano i SUOI ragazzi, quelli veri, ad avere uno scrittore x professore e un professore x scrittore…
anche io ho appena finito il quarto anno di liceo.dopo mesi passati a fare il conto alla rovescia prima che arrivasse l’8 giugno,ecco che l’ultimo giorno arriva,la campanella suona per l’ultima volta e la nostalgia mi assale:è già trascorso,o meglio,volato un anno.a quest’ora,l’anno prossimo sarà già finito tutto,starò svolgendo gli esami di maturità e probabilmente avrò già scelto la facoltà in cui continuare il mio percorso scolastico.ma come?dopo un anno intenso passato sui libri,dovrei essere felice di avere a disposizione 3 mesi liberi da verifiche,interrogazioni e prof.eppure sento che qualcosa mi manca:non solo gli amici,ma anche il duro impegno che mi ha permesso di raggiungere i miei obiettivi durante quei “maledetti” 200 giorni.della scuola mi è rimasto molto,ma non tutto.spero che l’anno prossimo,quegli ultimi 200 giorni della mia esperienza al liceo mi consetiranno di preservare nel mio cuore tutto ciò che la scuola di oggi,seppur carente,ci insegna.
Cosa resta di un anno di scuola?
La speranza che i miei alunni abbiano iniziato a cercare le loro stelle (de sidera = desiderio) e il timore che non lo stiano facendo!!!
Salve caro Alessandro,credo essendo oramai un ventenne,avendo portato a termine i miei studi Liceali che rimangano del Liceo un plenario di avvincenti ricordi e amicizie.Quello che vivi,nell’età dell'”adulescens”,liceale mai più sorgerà nella tua vita,è una cosa che non è possibile da scrivere,ma vivere solamente appieno,peccato sia una sola volta…Vivete al massimo gli anni del liceo,perché ogni anno ha la sua storia,via,modo,la scuola è essenziale…
Eeemh salve, forse non sono la persona adatta a scrivere un commento a un professore di letteratuta, non sono mai stata brava nello scrivere, io volevo solo ringraziarla, lei mi ha fatto scoprire un altro mondo grazie ai suoi libri! Quando ho letto ” Bianca come il latte rossa come il sangue ” ( primo libro che sono riuscita a finire di leggere)sono rimasta affascinata! Se devo essere sincera a me non è mai piaciuto leggere, forse perchè tutti i libri non erano adatti a me e non erano il mio tipo e poi per la maggior parte delle volte erano i miei professori ad assegnarmeli.
Ora è estate e come ogni anno i miei professori mi hanno dato altri libri da leggere e tra questi ci stava proprio il suo secondo libro ” Cose che nessuno sa” Ho iniziato a leggerlo all’ aereoporto di Roma mentre aspettavo di partire per Il Canada, mi ha fatto compagnia durante tutto il viaggio e sono contenta di dire che ho finito di leggerlo proprio 5 minuti fa… È un libro bellissimo mi ha incantata non ho parole per descriverlo! Il suo modo di scrivere è rivolto ai giovani, io sono riuscita a immedesimarmi nella storia e sinceramente è stato divertente!
Forse il mio commento non sarà dei più belli o scritti bene, sarà un semplice commento scritto da una quindicenne, ma mi creda lei mi ha fatto scoprire cosa vuol dire amare i libri e la lettura e non ho parole per ringraziarla!
Grazie davvero, con il cuore 😉
Ogni commento è benvenuto. Grazie di cuore.
“Scrivere è usare una rete da pesca: ha la sua paradossale forza nei buchi, che lasciano passare l’ovvio della vita, e nei nodi, che trattengono ciò che si nasconde e sfugge sempre. Provo a tirare su le reti: dopo un anno che cosa resta?”
Sono rimasta colpita da queste righe … mi hanno fatto riflettere. Sono solo una ragazza come tante, a cui piace davvero molto scrivere. A volte uso la scrittura per “evadere” dalla scuola, dalle lezioni, dallo studio e devo dire che con il tempo mi ha molto aiutato.
Ci tengo a dirle che l’ammiro davvero molto, come scrittore e, anche se non conosco il suo metodo, anche come insegnante.
Ho assolutamente adorato ‘Bianca come il latte, rossa come il sangue’, è stato un libro che ho divorato in pochi giorni.
Spero, un giorno, di poter raggiungere anche io un traguardo come il suo … per questo volevo chiederle se per caso avesse qualche consiglio da darmi.
Gliene sarei grata.
Grazie e complimenti, quello che scrive è unico.
Laura.
Leggo e commento quest’articolo con un po’ di ritardo. Ho appena finito di leggere “Bianca come il latte, Rossa come il sangue”, ho acceso il pc e cercato questo blog. Questo libro mi ha presa, catturata, sono bastati due giorni per finirlo. La scuola, il Liceo, sono stati il mio mondo per cinque anni, e ora che é finita la scuola, sento già un po’ di nostalgia. Quando incontro i miei amici, spesso ci ritroviamo a ricordare qualche episodio o qualche prof, e ci ridiamo su. A volte, qualcuno del gruppo, chiede di non parlare più di scuola, ora che ne siamo fuori. Eppure, gli anni scolastici rimangono dentro di te, si attaccanosei di te, e fanno crescere una nuova pelle, più dura. In questi 5 anni di Liceo, siamo cresciuti e cambiati. Il cambiamento é passato attraverso gli sguardi, i voti, le incazzature, le delusioni, le gioie, le risate, i libri, gli appunti, le interrogazioni.. Cosa mi resta di questi 1000 giorni di scuola? La Felicita di essere arrivati alla fine. E non é un controsenso rispetto a ciò che ho detto prima. Penso che il regalo più grande che una scuola possa lasciarti, é la convinzione di aver speso bene gli ultimi 5 anni della tua vita, e la forza per affrontare il tuo futuro. Se arrivato a quell’ultimo giorno di scuola, guardando quel voto che ti osserva e segna un punto e a capo nella tua esperienza scolastica, sei pronto a ricominciare di nuovo, allora la scuola ti ha lasciato qualcosa.
Ancora complimenti!
Marta R.
In bocca al lupo, Marta, per la nuova tappa.
Ho letto solo ora, forse avrei preferito leggere a giugno, quando mancava poco alla maturità.Ho avuto la fortuna di avere, quest’ultimo anno, una professoressa con la sua stessa voglia di educare. Per lei eravamo più importanti noi del programma, più importanti i nostri pensieri, quelli veri, quelli della vita, piuttosto che un compito in classe. E’ bello vedere che esistono professori così, che non generalizzano, che credono che in ogni ragazzo ci sia qualcosa di buono. Non penso sia facile, lo sanno fare in pochi!!
Oggi è iniziata la scuola e per la prima volta non ho sentito la campanella delle 8. Quel mondo ormai non mi appartiene più e un pò mi sento svuotata, smarrita. Davanti a me c’è qualcosa di nuovo, di sconosciuto, non so con precisione cosa accadrà, non ho la sicurezza degli anni passati. Mi è rimasto molto della scuola, soprattutto del liceo. Ce le ho incastrate dentro lo stomaco quelle sensazione, quei momenti, le risate, le campanelle, le ricreazioni, le pagine dei libri, la pioggia che cadeva d’inverno, i nostri visi, i sospiri, le lezioni. Il tempo stava correndo e solo gli ultimi mesi dell’ultimo anno mi sono accorta che stava davvero finendo tutto e allora ho cercato di vivere ogni attimo più intensamente, ma il tempo è volato lo stesso. Il tempo sfugge anche se provi a trattenerlo. Avevo paura della fine per il semplice fatto che non sarei più potuta tornare indietro. Finiva una parte di me, della mia vita! Forse più che una risposta a questo post il mio è stato uno sfogo post liceo, pre università 🙂
Lei è una grande persona.Credo che la sua più che una lezione scolastica sia una lezione di vita.
A presto, Ilaria
[…] sono riaffiorati dopo tanto tempo leggendo l’intervento di Alessandro D’Avenia sul suo blog https://www.profduepuntozero.it/2012/06/14/che-cosa-resta-di-un-anno-di-scuola/. D’Avenia, professore in un liceo milanese oltre che scrittore, si chiede che cosa resta alla […]
ciao! complimenti per il blog!
se volete passate su http://www.fiocchifiocchi.com
Leggo questo post ormai datato solo ora, a quasi due mesi dalla fine della maturità.
Mi chiedo anche io cosa resta di un anno – l’ultimo – di scuola e mi rispondo così: resta una chiacchierata di cinque minuti con il professore di filosofia, il giorno dopo il mio orale, quando, sebbene avessi raggiunto la tanto agognata libertà, sono andata a vedere l’orale di due miei compagni. Il giorno prima, al termine del mio esame era rimasto sorpreso quando avevo detto che sarei andata a fare filosofia.
Nella pausa tra un colloquio e il successivo, con la mano mi fa cenno di seguirlo, andiamo fuori, parliamo di università e a un certo punto mi dice “Ci sono due cose che vorrei dirti: la prima è che leggere il tuo tema è stata davvero una soddisfazione per me, non capita tutti i giorni e fa piacere. La seconda è che se dovessi aver bisogno di qualsiasi qualcosa, mandami pure una mail”.
Questo mi è rimasto di un anno di scuola: la soddisfazione di aver restituito a quel professore – uno dei pochi che mi ha lasciato veramente qualcosa – un po’ di quello che mi ha dato nel corso del triennio e la consapevolezza di essere stata condannata – da lui – a un futuro aperto probabilmente sulla porta della disoccupazione.
Degli ultimi tre anni di liceo mi resta qualcos’altro: un amore platonico nei confronti di quel professore di filosofia, consumato, come è naturale che sia, con una tensione e un interesse viscerali nei confronti della materia. Degli ultimi tre anni mi è rimasto quell’amore platonico, quel transfert tra banco e cattedra che se resta su un piano esclusivamente mentale ritengo sia il cuore ultimo dell’insegnamento e che come tale possa portare un giovane a capire cosa vuole fare della sua vita. Anche a costo di iscriversi a filosofia sognando il proprio posto da disoccupato in un mondo il cui unico paradigma sembra essere quello della concretezza.
Vai avanti, Agne. E ragiona in termini globali: non è detto che il tuo talento sia confinato all’Italia.