22 febbraio 2012

Due modi, anzi uno

Ci sono due modi di “vivere la vita” e uso l’espressione di proposito. Perché due modi ci sono per sentirsi viverla e per sentirla vivere: controllarla o servirla, dominarla o accoglierla, imprigionarla o amarla. E vale per tutti: dallo scienziato all’insegnante, dalla madre all’amico. Nella recente commemorazione della Shoah ho riletto alcune parole di Appelfeld che amo molto: «Nel ghetto e nei campi di concentramento avevo visto la bassezza, ma anche la generosità degli uomini. La bassezza era tanta e la generosità poca, ma la mia memoria ha custodito proprio i momenti chiari e umani nei quali la vittima superava il suo meschino egoismo e si sacrificava per il prossimo. Questi pochi momenti non si limitavano a portare luce nell’oscurità: infondevano in me la fiducia che l’uomo non sia un insetto… Ho fatto un conto: ogni uomo che si è salvato durante la guerra si è salvato grazie ad una persona che, in un momento di grande pericolo, gli è venuta in aiuto. Nei campi di concentramento non abbiamo visto Dio ma abbiamo visto i giusti. L’antica leggenda ebraica, che dice che il mondo continua a esistere per merito di pochi giusti, era vera allora come oggi».

Se ciò è stato vero nell’orrore nazista, vale in momenti della storia meno assurdi, anche se critici e carenti di speranza. La vita è un compito di fronte al quale siamo posti come esseri liberi, di fronte alla vita che emerge, in ogni sua forma, possiamo scegliere: o imprigionarla per usarne o ammirarla e farla fiorire, servendola. Di fronte ad un fiore blu in montagna, incastrato tra le rocce e il ghiaccio posso scegliere: coglierlo per me o incontrarlo, stupirne come un dono da lasciare intatto. Di fronte alla vita di uno studente posso scegliere il controllo perché faccia ciò che voglio, o cercare di capire che unicità è venuto a portare sulla terra e mettermi a fianco, proteggerla, difenderla, sfidarla. Da oggetto da modellare a soggetto ricco di potenzialità. Così faceva mia nonna con le piantine ancora deboli: piantava accanto un bastoncino che le aiutava a crescere dritte, verso la luce del sole. Più una pianta si slancia verso l’alto più rende profonde le radici. Quando le ha affondate nella terra che la nutre abbastanza in fondo da resistere alle intemperie, il bastone sparisce, altrimenti ne limiterebbe la crescita.

Non è una forma di controllo, ma una forma di servizio. All’apparenza ruvido, ingiusto, forse, ma alla fine capace di restituire la pianta a sé stessa, al suo migliore slancio: «Perdonami se ti cerco così / goffamente, dentro / di te / È che da te voglio estrarre / il tuo migliore tu. / Quello che non / vedesti e che io vedo, / immerso nel tuo fondo, preziosissimo. / E afferrarlo / e tenerlo in alto come/ trattiene / l’albero l’ultima luce / che gli viene dal sole» (Pedro Salinas). Davanti a un malato il dottore può scegliere di estirpare o accogliere. Davanti all’embrione lo scienziato può scegliere se congelare o riservare il calore di un grembo. Davanti ad un feto la mamma può scegliere tra la sua vita e la propria vita, tra il controllo della vita del bambino o il dono della propria al bambino.

Davanti alla propria vita un giovane può scegliere: controllare o donare, imprigionarla o servirla. Ma potrà farlo solo se gli adulti che ha vicino gliel’avranno messa sotto gli occhi come qualcosa di amabile e da servire, in sé e negli altri. Emily Dickinson diceva che «non sappiamo la nostra altezza sino a che non siamo chiamati ad alzarci in piedi». Da oggetti a soggetti. Ma avremo noi il coraggio di guardare la vita? Quella vita che tra le ombre emerge, si slancia verso l’alto, a cercare la luce. Avremo noi occhi capaci di vederla? E una volta vista, che cosa sceglieremo: imprigionarla per soddisfare i nostri desideri (che poi non sono altro che desiderio di divorare ciò che c’è aldilà del desiderio stesso), o chinarci a servirla, dovesse costarci la schiena? E la vita la perdiamo di più controllandola o donandola?

Lo sanno i giusti. Chiedilo a loro. O al chicco di grano.

Avvenire, 5 febbraio 2012

22 risposte a “Due modi, anzi uno”

  1. michela ha detto:

    TE SE PROPRIO BELL ti devo per forza riscrivere tutto questo non può essere solo casualità ma .!!!!!…:

  2. rossana ha detto:

    Ho letto con il cuore l’articolo e con il cuore rispondo…le prime parole arrivano da un grande poeta, Pablo Neruda, che scriveva “Vorrei fare con te quello che la Primavera fa con i ciliegi”, qui sta l’essenza dell’amore, far fiorire come una magia tutto quello che c’è dentro di noi…e allora noi prof forse dobbiamo semplicemente farci guidare dall’amore, agire con la stessa forte dolcezza della Primavera. Quando guardo i miei alunni negli occhi cerco di cogliere la forza della vita…mi preoccupo quando non la trovo. Alcune volte trovo il buio e la disperazione…la resa, la noia…la mancanza di sogni. Sono i momenti peggiori. Ma sono quelli i momenti in cui mi avvicino a loro ancora di più, li marco stretti…non li mollo.Nessuno mi dà alcuna certezza, spesso non riesco a raggiungerli e allora mi sento “un Don Chisciotte con lo scolapasta sulla testa” tanto per usare l’espressione di qualcuno ;)Ma se e quando ci riesco….allora arriva la Primavera che con la sua forza incredibile fa fiorire la vita e il sogno continua, continua, continua…quanto amo la mia professione! Sentirsi parte di un grande disegno, accogliere, sostenere, amare.Una mano sulla spalla, un abbraccio nel corridoio della scuola, un “grazie prof…” con le lacrime agli occhi…non c’è prezzo, non c’è soddisfazione più grande. Quando penso a certi alunni che ho incontrato finisco sempre per chiedermi…chi di noi ha insegnato di più all’altro? Chi ha dato di più? La Primavera quando arriva innonda tutto e tutti.
    Rossana

  3. KOIRO ha detto:

    Credo che chiudere Avvenire non sia un’idea buona! 😉 Grazie!

  4. […] Via Profduepuntozero. Rate this: Share this:EmailFacebookTwitterStampaLinkedInLike this:LikeBe the first to like this post. […]

  5. Monica ha detto:

    Grazie di queste riflessioni, questo post è molto bello!
    Mi tocca particolarmente, perchè mi ricorda quello che vorrei fare della mia vita: nella tradizione ebraica si dice che in ogni momento della storia ci sono sempre 36 giusti ed è grazie a loro che il mondo si salva…ecco, io vorrei essere uno di quei 36 giusti!
    Servire la vita è certo più faticoso, a volte apparentemente senza risultati, ma sulla lunga distanza più gratificante e la vita si gusta di più. Starci dentro, tuttavia, aiuta ad allargare l’orizzonte e confrontarsi (o a volte scontrarsi) con la constatazione che spesso le cose non sono bianche o nere, ma ci sono molte altre sfumature…
    Belli i versi di Salinas!

  6. Sara ha detto:

    Grazie. Le tue parole mi fanno ritrovare il nord della bussola della mia vita quando ogni tanto mi perdo. Poter essere sostegno nella crescita di un bambino o di un ragazzo è un dono e assistere al loro fiorire una gioia immensa.

  7. Narcisa ha detto:

    Grazie per le tue sempre profonde riflessioni. Leggendole, a proposito della Shoah, mi è venuta in mente un’altra figura eroica, Etty Hillesum, che volle essere internata, pur potendo evitarlo… la sua determinazione si manifesta nel suo rifiuto di ogni possibilità di salvarsi e nella ricerca testarda di ogni gesto che possa aiutare chi le si trova vicino. Finchè ci sono persone eccezionali come lo è stata Etty, sì credo anch’io che: ‘il mondo continua a esistere per merito di pochi giusti’.

    “Bisogna essere sempre disposti a rivedere la propria vita, a ricominciare tutto da capo in un luogo diverso. (…) Credo di vedere sempre meglio gli abissi che inghiottono le forze creative e la gioia di vivere dell’uomo. Sono buche che ingoiano tutto e queste buche sono nella nostra stessa anima. A ciascun giorno basta la sua pena. Inoltre: l’uomo soffre soprattutto per la paura del dolore. Ed è la materia, è sempre la materia che attira tutto lo spirito a sè e non viceversa. ‘Vivi troppo con lo spirito’. E perchè no?. (…) Maria cara, qui di amore non ce n’è molto eppure mi sento indicibilmente ricca, non saprei spiegarlo a nessuno. (…) Credo che per noi non si tratti più della vita, ma dell’atteggiamento da tenere nei confronti della nostra fine.”
    (Etty Hillesum, 1941-1943 internata al campo di Westerbork, morta ad Auschwitz nel novembre 1943)

    • Prof 2.0 ha detto:

      Hai citato uno dei miei libri preferiti. Anzi di più: uno di quelli che mi ha cambiato. Grazie, Narcisa.

      • Narcisa ha detto:

        Pensa che in questi giorni lo stavo proprio rileggendo… perchè ogni volta la lettura di Etty ti ‘rinnova’ …
        Fa molto piacere poi scoprire come si abbiano certe letture/figure ‘ispiratrici’ in comune … magari un giorno o l’altro ci si incontrerà… speriamo 🙂
        Grazie ancora a te e … continua a scrivere !!!

  8. Azzurra ha detto:

    una volta ho letto queste parole che oggi voglio condividere con te mio caro prof:”La notte sovrasta e tutto colora di nero, appropriandosi anche del nostro intimo più profondo. La notte dell’odio e della violenza, il buio della vendetta e del sopruso, le tenebre dell’ingiustizia e della prepotenza. Sembra che anche il nostro futuro sia colorato di nero, ansia e sfiducia, angoscia e apprensione sono ormai i compagni di viaggio. Un viaggio che si snoda lungo strade senza alcuna segnaletica che ci difenda e ci protegga. Incroci che ci portano all’indifferenza e all’insoddisfazione.
    È la notte del cuore, è il buio dei sentimenti, è la tenebra dell’emozioni.
    Ma proprio quando la notte ci appare più nera, da qualche parte del mondo sta sorgendo l’aurora, la quale presto o tardi giungerà anche a noi. E allora il buio si trasforma in certezza e le tenebre diventano luce splendente. Ci accorgiamo che c’è qualcuno che cammina nel buio accanto a noi e che è compagno del nostro viaggio e che ci avverte che il buio non si rischiara semplicemente scacciando le tenebre bensì facendovi penetrare la luce, che illumina il nostro andare.
    È questa la storia di ciascuno di noi ed in particolare del chicco di grano che cadendo nella profondità e nel buio della terra marcisce fino a morire, ma attraverso questo suo donarsi completamente il piccolo seme rinasce a miglior vita, sconfigge le tenebre, rompe il silenzio e l’abisso della terra solo per ritrovare e riscoprire la luce, per risorgere e portare molto frutto.
    La sua sconfitta si trasforma in vita, la sua sofferenza diventa occasione di rinascita. Cosi anche noi se vogliamo approdare dalle tenebre della sofferenza alla luce, dobbiamo scoprire che non basta sopravvivere o vivacchiare ma è necessario vivere, si tratta cioè di abbandonarci totalmente alla pienezza dell’amore di Gesù, arrivando a ringraziarlo per la tristezza e l’angoscia provata perché proprio in virtù di questa sofferenza siamo riusciti a scoprire la gioia. Nessuno, infatti, sa apprezzare la luce meglio di chi è rimasto prigioniero delle tenebre.
    Come il chicco di grano per amore dona la sua vita anche noi dobbiamo restituire amore per amore donando noi stessi per gli altri senza limiti o riserve.”
    prof ti scrivo questo perchè, vedo e mi relaziono con tanti giovani che io definisco “apatici”, persone che non danno valore alla vita, essi si limitano a vivacchiare o a sopravvivere non gustando al meglio la gioia di esistere…si lamentano del sistema della società ma poi nel concreto non fanno nulla per cambiare e migliorare ciò che non va bene…non capiscono che la società siamo noi e siamo noi che dobbiamo preservarla…ma vivendo!!!!forse hai raagione tu noi educatori dovremmo incitarli a scoprire la bellezza della vita, ma come se noi educatori x primi ci trasciniamo in quella che ci ostiniamo a chiamare vita????
    vorrei regalare ai giovani lettori del tuo blog LE DODICI RICETTE PER DIVENTARE GRANDI di Pino Pellegrino nella speranza che le possano seguire….o almeno rifletterci su:

    1. NON RASSEGNARTI MAI, ti possono lanciare e tirare pietre, puoi urtare contro le pietre, ma se tieni duro, con tutte quelle pietre puoi fare le fondamenta della tua casa
    2. ROMPI LA SOLITUDINE, strappati da te stesso e mettiti in gruppo che tiri. Se uno sogna da solo è soltanto un sogno, se molti sognano insieme è l’inizio di qualcosa di nuovo
    3. NON FARTI MAI SCONTI, non lasciarti crescere la muffa sotto i piedi: sfidati almeno due volte al giorno. Un po’ di grinta, un po’ di coraggio! Non è da te essere come la ricotta: se qualcosa trema, trema pure lei. Non sei più un lattante che succhia il biberon offerto a temperatura giusta dalla mamma!
    4. NON ACCONTENTARTI, non accontentarti di essere un barattalo d’egoismo soddisfatto. No avere il motorino non è tutto. Non di sola benzina vive l’uomo! Tanto meno di alcol e droga. Chi si droga si affoga!
    5. PREGA, la preghiera non è un gargarismo di parole, non è un guasto senile (dei vecchi). La preghiera è una vera e propria energia, una forza. Chi non prega fa la carriera del gambero!
    6. CERCA IL TUO STILE, non sei stanco di sentirti dire che hai preso tutto dalla mamma, dal papà, dalla nonna?
    7. VAI ANCHE CONTRO CORRENTE, solo i pesci morti si lasciano portare dall’acqua
    8. DISPREZZA GLI SBADIGLI, chi dice “uffa” cresce nella muffa
    9. NON ESSERE COME IL LAVANDINO NEL QUALE FINISCE TUTTO
    10. LA BELLEZZA VIENE DALL’ANIMA, se ti accorgi di non poter più crescere in altezza, cresci in simpatia!
    11. LO ZAINETTO NON FA LO SCOLARO PERFETTO
    12. SE I COMPITI VANNO STORTI, LA COLPA NON è DELLA PENNA CHE NON è DRITTA!
    grazie prof e scusa se mi sono dilungata!!!

  9. nicola sorella ha detto:

    piantine deboli, piantine senza rami, belle perché un altro vede la loro bellezza per primo … spero che tu possa passare da termoli (io insegno lì) nei prossimi mesi: http://youtu.be/IHdxs1WNHMo

  10. Giovanni ha detto:

    “… E la vita la perdiamo di più controllandola o donandola?
    Lo sanno i giusti. Chiedilo a loro. O al chicco di grano.”

    E leggendo quanto hai scritto ho pensato che vorrei poter fare la stessa domanda anche al bambino mai nato: Hai voglia di vivere questa avventura? (purtroppo a questa domanda risponderanno solo gli adulti (che cosa sarà meglio per noi, per lui?), ma al bambino che pian piano cresce, cioè il protagonista, chi chiederà qualcosa?

    Grazie Alessandro per la ventata di gioia e speranza che metti in tutti i tuoi articoli.

  11. Sara ha detto:

    A proposito di Giusti, mi è venuta in mente questa poesia…

    I GIUSTI

    Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
    Chi è contento che sulla terra esista la musica.
    Chi scopre con piacere una etimologia.
    Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
    Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
    Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
    Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
    Chi accarezza un animale addormentato.
    Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
    Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
    Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
    Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

    Di Jorge Luis Borges

    Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo! Ah…

  12. SILVIA SEMPERBONI ha detto:

    Voglio fermare questo pensiero: i tuoi genitori hanno accolto 6 vite come un dono, donandosi a Voi. Compiendo così la loro esistenza. Dì a loro da parte di una giovane mamma che hanno saputo fare del loro piccolo uomo, l’Uomo che oggi ci sta dando così tanto, e vorrei tanto esser genitore come lo sono stati loro! Grazie!

  13. Serena Mirea ha detto:

    Sa professore…lei ha una grande capacità. riesce anche con semplici e concise frasi a “smuovere le coscienze”. A far riflettere quando c’è in noi poca riflessione, a cambiare quando c’è bisogno di cambiamento. Leggere i suoi articoli significa “arricchirsi”. è una continua scoperta di prospettive nuove attraverso cui scorgere il mondo. Mi sarebbe piaciuto averla come insegnante! Troppo spesso invece “la religione del programma da finire” se così lo posso definire, acceca molti docenti! e fa perdere di vista il ruolo di “guida” indispensabile per un insegnante. Le ricordo delle domande che le ho inviato al suo indirizzo mail. l’edizione del giornale sta per andare in stampa…. ci tengo davvero tanto alla sua intervista. Mi risponderà?

  14. Sergio ha detto:

    “Fate della vostra vita un capolavoro” E’ stato l’invito del Beato Giovanni Paolo II. Qualcuno desidera di meno di questo per la propria vita ? I maestri, i testimoni ci propongono strade che hanno come esito la speranza che questo avvenga non mancano. Occorre la Grazia di incontrarli e di riconoscerli. Quindi le circostanze sono occasioni che possono aiutarci a “vivere la vita” . Circostanze a volte non corrispondenti al nostro desiderio,alle nostre aspettative, ma se visute in compagnia del testimone allora hanno in se una promessa. E’ il prezzo da pagare per “vivere la vita” : Affidarsi a chi e’ piu’ grande di noi, a chi ci invita ad alzarzi. Chi cura le piante, mette i sostegni perche’ ha gia’ in mente il frutto che raccogliera’. L’esito deve essere gia’ una promessa per poter percorrere la strada. ps: ma per essere tuoi alunni che cosa occorre fare ?

  15. marco ha detto:

    la vita….questo video per chi non l’ha ancora visto spiega bene cos’e’ la vita per chi non doveva nascere.. http://www.youtube.com/watch?v=AKztjBZ6bm0&feature=youtu.be

  16. elena ha detto:

    Ci sono due modi di vivere la vita. Uno è pensare che niente sia un miracolo. L’altro è pensare che ogni cosa sia un miracolo ( A. Einstein)

  17. Teresa ha detto:

    Caro Alessandro D’avenia, come stai?.ti volevo ringraziare per i tuoi bellissimi libri.
    Mi chiamo Teresa ho sedici anni e da tre e mezzo sto combattendo contro i disturbi al comportamento alimentare.Il mese scorso la psicologa che mi segue mi ha detto che sono riuscita ad arrivare a una situazione di normopeso e che sono nella via della guarigione,infine mi ha lasciato il compito di ripensare a tutte le tappe di questo lungo percorso di “rinascita”.
    Tornata a casa ero un pò spaventata oltre a non avere nessuna voglia di ripensare a questi ultimi anni per me così dolorosi.Ho deciso allora di mettermi sotto le coperte a leggere la fine del tuo straordinario libro “cose che nessuno sa”;arrivata all’ultima pagina,ho chiuso il libro e nel metterlo nella scrivania mi sono imbattuta nella frase riguardante la nascita di una perla.Subito ho pensato alla mia situazione e ho deciso di accettare la sfida proposta dalla psicologa.Era incredibile di come in ogni situazione di dolore vedevo un piccola perla che la rendeva preziosa e unica.Tutti gli interminabili giorni di ospitali non erano invasi solo dal dolore,mi sono resa conto che lì dentro c’era un modo nuovo di guardare la sofferenza,un nuovo nuovo di stare di fronte alla realtà,un nuovo modo di vivere il quotidiano questo lo vedevo nella mia compagna di stanza una signora di 80 anni amante di tutti gli aspetti della vita,nella badante la quale aveva lasciato la sua bimba nel loro paese, nei parenti di quel ragazzo morto proprio il giorno che mi hanno dimessa e addirittura nelle altre due ragazze ricoverate per il mio stesso motivo. Tutti i momenti di solitudine, sofferenza,tutti i miei momenti di disperazione sono stati preziosi; è un privilegio poter portare la croce come Gesù.Questa sofferenza mi ha fatto guardare a LUI, LUI che mi ha voluto fin dall’origine e che mi accetta così come sono, che mi riempie il cuore del Suo amore:la mia felicità. questa sera posso affermare:”Dio ti sei servito di una malattia terribile per farmi sentire che Tu ci sei,che mi baci in fronte ogni mattina e mi dici vai,grazie perché ho capito di quanto la vita sia un fantastico dono e che ogni giorno mi è dato da TE che abbracci tutto di me”
    L’anoressia nervosa è stata per me una grandissima grazia.
    Non so se mi sono spiegata, ma volevo innanzi tutto ringraziarti perché i tuoi libri aiutano a desiderare la gioia di vivere.
    P.S:so che insegni italiano perciò chiedo scusa per gli errori.
    GRAZIE E PER FAVORE SE HAI TEMPO RECITA UNA PREGHIERA PER ME E PER TUTTI QUELLI CHE IN QUESTO MOMENTO STANNO SOFFRENDO PERCHè POSSIAMO DARE UN SENSO E SOPRATUTTO NON DIMENTICARLO A QUESTO NOSTRO DOLORE.lo so che la mia lettera non centra molto con l’articolo è che io desidero guardare la vita con gli occhi di un bambino e stupirmi di tutto,a partire dal sole che la mattina sorge.
    grazie

    • chiara bruzzone ha detto:

      Ciao Teresa, mia sorella da due anni è in cura per dca… un mese fa si è laureata in scienze motorie, e io le ho regalato un bracciale di perle, e nella dedica le ho scritto proprio quel brano di Cose che nessuno sa in cui si racconta come il dolore renda possibile le cose più straordinarie. Soffro per la malattia di mia sorella e a volte non riesco a vedere più in là della semplice malattia, ma sono certa che valga la pena soffrire se il risultato è una perla. Scusa se mi permetto di rispondere così ma mi ha colpito molto quanto hai scritto…non arrenderti!
      Ciao, Chiara

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