28 novembre 2010
Zibaldino domenicale
“Le passioni tristi, l’impotenza e il fatalismo non mancano di un certo fascino. È una tentazione farsi sedurre dal canto delle sirene della disperazione, assaporare l’attesa del peggio, lasciarsi avvolgere dalla notte apocalittica che, dalla minaccia nucleare alla minaccia terroristica, cala come un manto a ricoprire ogni altra realtà. È a questo che ciascuno di noi deve resistere… creando. Infatti sappiamo bene che le passioni tristi sono una costruzione, un modo di interpretare il reale e non il reale stesso. Non possono far altro che arretrare di fronte allo sviluppo di pratiche gioiose”.
M. Benasayag-G. Schmit, L’epoca delle passioni tristi
Quali sarebbero, esattamente, queste passioni tristi?
Miguel Benasayag e Gérard Schmit sono due psichiatri francesi che hanno rilanciato l’espressione “passioni tristi”, usata per la prima volta da Baruch Spinoza (Etica, IV, 8) per qualificare passioni che paralizzano la vita. Oggi passione triste è per i due autori l’abbandonarsi alla resa interiore di fronte al futuro vissuto come una minaccia.
Grazie mille Lanfranco.
Ora posso affermare di averle conosciute, queste passioni tristi…
Non sempre dipende da noi, gioire e lasciare prevalere la creatività.
A volte si resta sopraffatti dagli eventi e, ogni volta che cerchi di rialzarti, arriva una nuova tempesta. E dopo svariate tempeste della vita può capitare anche che rialzarsi sia complicato. Non sono d’accordo con l’autore, questa affermazione non tiene in conto la soggettività e le molteplici circostanze della vita. Laura
Capisco cosa intendi Laura e concordo sul fatto che a volte sia difficile gioire, alcuni eventi investono e trascinano le nostre esistenze…onde altissime, difficili da cavalcare e noi restiamo aggrappati alla tavola da surf aspettando il tempo giusto che tarda ad arrivare… Tuttavia, ritengo che l’invito degli autori sia generale, rivolto a tutti, perché chiunque può “resitere…creando”. La visione di uno può divenire quella di molti e, in questo caso, la nostra convivenza non potrebbe che giovarne.
Ho questo libro sul comodino da anni! Da leggere!!
Simona, anche i più bravi surfisti , a volte, sono travolti da onde così complicate da non poterne prevedere l’andamento. Il vero problema , secondo me, e’ generalizzare. Anche o più grandi forgiatori di parole e immagini hanno avuto i loro cali creativi. Forse l’autore vuole indicare una tensione ideale , un percorso ideale,quella della creatività. Il resto e’ affidato alla pura soggettività .
E’ bellissimo vivere e saper resistere…creando!
Creare è: amare, nonostante le delusioni, credere, nonostante le infedeltà, lavorare sebbene la fatica ti stordisca.
La ragione non ti permetterà di far questo, ma tu fallo. Non hai niente da perdere giacchè le onde complicate travolgeranno sempre la nostra vità.
Avvalorare ottimismo e/o pessimismo degli altri, significa: non esistere! o frantumare quell’insulso barlume di esistenza, se c’è.
Ricorda: prima di esistere, bisogna essere, e per essere, non bisogna essere nessun altro.
La tristezza è l’avamposto della creazione. Ricordate Troisi e Pino Daniele?
Per creare una canzone è necessario soffrire un po’ … ma per creare un film bisogna soffrire tantissimo ….
Scrivere da tristi è più facile. Le immagini vengo fuori insolite, taglienti, dramatiche. Ma scrivere da felici, staccandosi un attimo dalla vita in cui sguazzi con pienezza, è più bello, è vero, e la gente ne ha sete.
…come è vero, anche se non ci avevo mai riflettuto.
Scopiazzo e diffondo….:-)