“Vede prof il problema non è avere qualcuno che mi ascolti. Se chiedo loro di parlare, mia madre mi ascolta, mio padre mi ascolta.
Il problema è avere qualcuno che mi creda”
Perchè non gli credono? Forse perchè dopo tanto dare fiducia, non l'ha saputa mantenere. Oggi i ragazzi vogliono sempre di più e oltre la loro età. Vogliono sempre ciò che i genitori non gli possono dare. Roberto
O forse vogliono semplicemente ciò che i genitori "possono essere" e che chissà per quale motivo, spesso non sono. Per dare bisognerebbe prima "essere" in un certo modo. I figli imitano i genitori…quasi sempre.
Roberto, scusami, ma credo che dire che i ragazzi di oggi vogliono sempre di più sia una brutta generalizzazione. Sono un sacerdote, ho un oratorio con più di 200 ragazzi…non sono tutti come la tv li descrive e se sono come la tv li descrive, forse, come dice Carmen, vorrebbero che qualcuno fosse in un certo modo. I ragazzi non dovrebbero crescere da soli, non solo in senso fisico ma in senso spirituale e psicologico ed è vero, quasi sempre imitano i genitori o chi li "cresce". Don Giorgio
Non credo si sia parlato di "colpa". E poi parlare di colpe non ha mai portato da nessuna parte. Sia i genitori sia i ragazzi sono "persone", e quindi capaci di pensare, parlare ed agire. Solo che… i ragazzi devono crescere e i genitori e gli educatori in generale, diventando tali, dovrebbero accompagnarli. E molto spesso, i ragazzi guardano a loro come punti di riferimento dai quali partire. Con questo non voglio dire che i ragazzi non abbiano una loro volontà, un loro io e una loro personalità. Ma la stanno costruendo e non possono farlo da soli. Quindi…c'è bisogno che i ragazzi si buttino in mare (e devono farlo!), ciascuno con le proprie modalità, perchè ogni ragazzo è diverso dall'altro, ma c'è anche bisogno che qualcuno li guardi come un faro, li rimproveri se vanno troppo in fretta o troppo lenti, li incoraggi, butti loro un'àncora e sia sempre loro vicino con una barca nei momenti di tempesta. Così loro affronteranno il mare e, diventati adulti, sapranno essere a loro volta àncore, fari e barche per i ragazzi che verranno. "Essere", prima di fare e dare. Per buttarsi in mare, però, hanno bisogno di credere in sè stessi, e per credere in sè stessi, hanno bisogno che qualcuno creda in loro. Almeno per me.
Concordo con te Carmen. Aggiungo che quando qualcuno “crede in noi” significa che hanno fiducia in noi, ci amano per quello che siamo anche quando commettiamo degli errori. E' come sentirsi dire “puoi farcela, noi siamo e saremo sempre con te qualsiasi cosa accada". E possibilmente ci si sentirà non più sottovalutati ma persone capaci di prendere decisioni, sapendo di avere qualcuno sempre al nostro fianco. Ma dietro ad ogni vissuto c'è una propria storia personale che non sappiamo…so soltanto che oggi il ruolo sia dei genitori che dei figli, è molto difficile da svolgere.
Ma quanto conta l'essere credibili? Nella nostra vita di tutti i giorni, quanto siamo credibili? Quanto è importante tener fede a quello che si dice, nel poco come nel molto? Io a volte me lo dimentico…
Non so se io credo ai ragazzi. Certo non ci credo quando mi dicono che hanno lasciato il quaderno a casa. Ma cerco di ascoltarli molto attentamente e di credere a ciò che vogliono dirmi anche con le loro bugie. E di essere molto leale con loro.
Secondo me le parole sono bellissime, ma portano con sé un rischio fatale: quello di essere equivocate. Le parole sono polimorfe, hanno tanti significati. Si rischia di usare codici diversi, da cui deriva incomunicabilità. Tu dici una cosa, io la fra-intendo… Le parole sono polisemiche e questa è la loro ricchezza, ma anche il loro rischio e potenziale pericolo di disgregazione delle conoscenze e delle loro relazioni. In questo caso la cosa più giusta da fare è chiarire, ma non sempre è possibile farlo. Gli equivoci comunicativi… grande rischio
Perchè non gli credono?
Forse perchè dopo tanto dare fiducia, non l'ha saputa mantenere.
Oggi i ragazzi vogliono sempre di più e oltre la loro età.
Vogliono sempre ciò che i genitori non gli possono dare.
Roberto
O forse vogliono semplicemente ciò che i genitori "possono essere" e che chissà per quale motivo, spesso non sono.
Per dare bisognerebbe prima "essere" in un certo modo.
I figli imitano i genitori…quasi sempre.
Roberto, scusami, ma credo che dire che i ragazzi di oggi vogliono sempre di più sia una brutta generalizzazione.
Sono un sacerdote, ho un oratorio con più di 200 ragazzi…non sono tutti come la tv li descrive e se sono come la tv li descrive, forse, come dice Carmen, vorrebbero che qualcuno fosse in un certo modo.
I ragazzi non dovrebbero crescere da soli, non solo in senso fisico ma in senso spirituale e psicologico ed è vero, quasi sempre imitano i genitori o chi li "cresce".
Don Giorgio
Quindi secondo voi, Carmen e Don Giorgio, la colpa è sempre dei genitori?Anche questa è una generalizzazione.
Non credo si sia parlato di "colpa".
E poi parlare di colpe non ha mai portato da nessuna parte.
Sia i genitori sia i ragazzi sono "persone", e quindi capaci di pensare, parlare ed agire.
Solo che… i ragazzi devono crescere e i genitori e gli educatori in generale, diventando tali, dovrebbero accompagnarli.
E molto spesso, i ragazzi guardano a loro come punti di riferimento dai quali partire.
Con questo non voglio dire che i ragazzi non abbiano una loro volontà, un loro io e una loro personalità.
Ma la stanno costruendo e non possono farlo da soli.
Quindi…c'è bisogno che i ragazzi si buttino in mare (e devono farlo!), ciascuno con le proprie modalità, perchè ogni ragazzo è diverso dall'altro, ma c'è anche bisogno che qualcuno li guardi come un faro, li rimproveri se vanno troppo in fretta o troppo lenti, li incoraggi, butti loro un'àncora e sia sempre loro vicino con una barca nei momenti di tempesta.
Così loro affronteranno il mare e, diventati adulti, sapranno essere a loro volta àncore, fari e barche per i ragazzi che verranno.
"Essere", prima di fare e dare.
Per buttarsi in mare, però, hanno bisogno di credere in sè stessi, e per credere in sè stessi, hanno bisogno che qualcuno creda in loro.
Almeno per me.
Concordo con te Carmen.
Aggiungo che quando qualcuno “crede in noi” significa che hanno fiducia in noi, ci amano per quello che siamo anche quando commettiamo degli errori. E' come sentirsi dire “puoi farcela, noi siamo e saremo sempre con te qualsiasi cosa accada". E possibilmente ci si sentirà non più sottovalutati ma persone capaci di prendere decisioni, sapendo di avere qualcuno sempre al nostro fianco.
Ma dietro ad ogni vissuto c'è una propria storia personale che non sappiamo…so soltanto che oggi il ruolo sia dei genitori che dei figli, è molto difficile da svolgere.
Carmen ha risposto anche per me.
E poi nessuno ha parlato di colpe…
Don Giorgio
"I figli imitano i genitori".
Mi è venuto in mente questo video
CHILDREN SEE CHILDREN DO.
http://www.youtube.com/watch?v=SJF50kwwRJE
"Si , io ti credo..!"
Ale
Ma quanto conta l'essere credibili? Nella nostra vita di tutti i giorni, quanto siamo credibili? Quanto è importante tener fede a quello che si dice, nel poco come nel molto?
Io a volte me lo dimentico…
non solo genitori o insegnanti, ma anche amici.
Da SOLI non riusciamo a credere neanche in noi stessi (o almeno nn basta).
un figo il ragazzo..
eve
Non so se io credo ai ragazzi. Certo non ci credo quando mi dicono che hanno lasciato il quaderno a casa. Ma cerco di ascoltarli molto attentamente e di credere a ciò che vogliono dirmi anche con le loro bugie. E di essere molto leale con loro.
Mi piace!
Secondo me le parole sono bellissime, ma portano con sé un rischio fatale: quello di essere equivocate. Le parole sono polimorfe, hanno tanti significati. Si rischia di usare codici diversi, da cui deriva incomunicabilità. Tu dici una cosa, io la fra-intendo… Le parole sono polisemiche e questa è la loro ricchezza, ma anche il loro rischio e potenziale pericolo di disgregazione delle conoscenze e delle loro relazioni. In questo caso la cosa più giusta da fare è chiarire, ma non sempre è possibile farlo. Gli equivoci comunicativi… grande rischio