How are you?
Usare quotidianamente una lingua diversa dalla propria costringe a soffermarsi su frasi troppo usurate dall’uso quotidiano. Continuamente qui ci si chiede l’un l’altro: “How are you?”. In italiano lo traduciamo: “Come stai?” ma letteralmente il significato è “Tu come sei?”.
Come stai? Una domanda tanto superficiale quanto profonda. Per darle il giusto peso basterebbe porla alla fine di una conversazione piuttosto che all’inizio. Dopo aver parlato a lungo uscirsene con un “E tu, come stai?”. In questo caso il senso della domanda sarebbe più vicino a quel “e tu come sei?”, quasi un “chi sei?”. Cioè: dove è quello che regge il filo della tua felicità? Che cosa veramente ti rallegra? Che cosa ti chiama ad essere essenzialmente te? Che cosa ti rende capace di dar vita a ciò che tocchi?
Per questo molti si dilungano tanto al telefono, quando si sentono rivolgere la domanda “come stai?”. Per questo una scrittrice nostrana concludeva alcune sue lettere chiedendo: “Su che cosa fondi oggi la tua vita?”. Per questo non possiamo ridurre “Come stai?” a “Come ti senti?”, ma riportarlo a “Tu come sei?”, “cosa ti sta a cuore?” .
Porre le domande giuste è spesso più importante di avere le risposte giuste…
E tu come stai?
How am i?
Come ci si chiede: Come sono io?
E’ un aspetto effettivamente sottovalutato, questo, nella colloquialità quotidiana, nonostante il suo valore.
Rifletto ora, sull’importanza di domandarlo profondamente a noi stessi, ora e sempre, come siamo oggi, come vogliamo essere domani.
Ehi, Prof! Se sei a Londra ti invidio molto perché è una città entusiasmante, anche se in questo momento tutti i miei pensieri sono rivolti a Sydney (GMG chiama…)
Pensando a città diverse e lontane, credo che è proprio quando ci allontaniamo dai nostri contesti abituali che meglio riusciamo a fare la domanda su noi stessi. Quando mi confronto con persone diverse da quelle abituali, si fa più viva la domanda su come sono / chi sono.
Senza nulla voler togliere all’inglese, dalle mie parti – in Italia ma dove soffia lo scirocco – “come stai” si dice “comu si” in dialetto.
serenella: colto lo spirito del post.
sbit: davvero entusiasmante. stare fuori aiuta a capire quanto a volte siamo provinciali e il provincialismo dell’anima è la cosa più pericolosa…
ape: mi è venuto in mente anche a me e tu sai che siamo delle stesse parti…
conosci i fratelli cohen?… un po’ bizzarri, ma simpatici…
“o brother where art thou?”
questo sarebbe da chiedere! fratello dove sei? A che punto sei della tua strada? in che direzione stai puntando?
Solo gli amici con la A maiuscola sanno riempire un “come stai?” e quando lo fanno, anche le situazioni peggiori sembrano sparire e le lacrime asciugarsi da sole… perchè il loro “come stai?” diventa “o brother where are thou?” amica/o, dove sta andando il tuo cuore? io voglio saperlo! ci sono!”
purtroppo per la fretta ci si appiattisce ad un veloce “come va?”..io per prima..
Certo che li conosco! E poi una rivisitazione dell’Odissea è miele per me!
Credo che il titolo sia una citazione shakespereana, tanto per cambiare…
Gli inglesi hanno poi un’altra formula che esclamano quando si incontrano: how do you do?
Cui si risponde: how do you do?
Letteralmente, uno domanda:” Come fai?” . E l’altro risponde pari pari: “Come fai?”
Questo protocollo non l’ho mai capito.
So… I’m fine, thanks!
Charles
Oggi tra i ragazzi della tacca sotto casa sento spesso “Cumpà, tutto a posto?”. Ma non riesco a capire a cosa si riferisca il “tutto”.
Charles: il protocollo è che neanche interessa la risposta… lo si fa perchè è educato…
Biancaneve: la saggezza delle parole del popolo!
Ma educato da chi?
Avrà pure una radice.
Ogni modo di dire, in fondo, ha una sua atavica spiegazione.
Anche la celeberrima esclamazione affermativa “OK” ha un significato.
Possibile che nessuno sappia spiegare il perchè di “How do you do”?
Bye,
Charles
che significa “ok”?
Riflettevo sul fatto che anche nel nostro dialetto siciliano si utilizza lo stesso idiomatismo … non c’è niente da fare: il siciliano è proprio internazionale, anche linguisticamente!