Contro la perfezione
Prof 2.0 ha scoperto che gli indiani navajo di proposito lasciano sempre nei loro tappeti e in altri manufatti una tenue imperfezione, un punto di più o un grumo di argilla, per non mettersi in competizione con gli dei. Gli è così tornata in mente una canzone (aggiunta nell’ipod) suggerita da una cittadina di Shit City, dal titolo Costruire: …ma tra la partenza e il traguardo / nel mezzo c’è tutto il resto / e tutto il resto è giorno dopo giorno / e giorno dopo giorno è / silenziosamente costruire / e costruire è sapere / e potere rinunciare alla perfezione…
E siccome un pensiero tira l’altro è riaffiorato il passo di quel libretto straordinario e anonimo Sul sublime, che riteneva fonte di bellezza sublime la calda grandezza, ricca di imperfezioni (e quindi tutta umana), di Omero e della Bibbia, piuttosto che la fredda impeccabilità di altri autori, che si perdono in minuzie, e che infatti non leggiamo…Perfectum è una specie di superlativo del verbo fare, ciò che è portato a termine fino in fondo. Potremmo dire fattissimo se non suonasse ambiguo… Quel fondo da raggiungere (purchè questa non diventi una scusa per coprire la propria mancanza di impegno) a volte è imposto da canoni che stranamente nessuno mette mai in discussione, ma che spesso sono disumani: la donna perfetta è/ha…, l’uomo perfetto è/ha…, il lavoro perfetto…, la casa perfetta…, il marito perfetto…, la moglie perfetta…, l’amore perfetto…, l’amico perfetto…, il vestito perfetto…, la serata perfetta…, la festa perfetta…
La perfezione è dono, altrimenti diventa condanna. Come avviene per le opere d’arte, che la raggiungono inaspettatamente, attraverso le imperfezioni della materia che resiste: la pietra, i colori, le parole…
La loro perfezione infatti è grazia, che supera le imperfezioni di quella pietra, di quel colore, di quelle parole e che misteriosamente brilla grazie a quella pietra, quel colore, quelle parole… quella carne, se l’opera d’arte è la vita!
La perfezione, come noi vorremmo intenderla, non esiste…la donna perfetta, l’uomo perfetto, l’amico perfetto, il compito perfeto non esistono, sono solo idealizzazioni che ci poniamo (o proponiamo) come mete.
Queste mete xò vanno bene solo quando ci aiutano a prendere consapevolezza di noi e ci spronano per migliorare continuamente: la perfezione è come l’infinito, non si può raggiungere, ma ci si pò tendere, avvicinare!
Per quanto riguarda il sublime…cosa c’è di sublime senza imperfezione (ovvero quell'”errore” k può essere fatto solo una volta in quel modo e solo da una specifica persona, UNICO)??
un commento molto platonico laura!apprezzo…la perfezione è come la strada inarrivabile che si propone beppe,spazzando a poco a poco la polvere sull’asfalto su cui ragiona la formica senza coscienza..e io non la immagino e continuo a camminare triste sul melanconico sentiero..
Ma gli uomini a differenza delle formiche possono alzare gli occhi al cielo e scoprirlo pieno di stelle…
…facendo attenzione a non finire dentro al pozzo come Talete! 😉
Carissimo Prof 2.0,
mi domando se la perfezione sia oggettiva (un valore assoluto per tutti) o soggettiva (ognuno ha un proprio criterio di valutazione).
Nel secondo caso credo che si annulli il senso universale di perfezione.
Rimarrebbe quindi solo la prima accezione. Ma quali sono questi valori assoluti sulla base dei quali misurare se una persona, un oggetto è perfetto o meno?
Tu dici bene che esistono canoni che nessuno mette mai in discussione, ma che spesso sono disumani.
Su questo mondo non esiste la perfezione, se non nella globalità delle varietà e dei mutamenti avvenuti e che avvengono nello spazio e nel tempo.
Anche gli Dei della mitologia erano pieni di difetti.
Leonardo, Michelangelo, Einstein, Archimede, Newton, S. Agostino, Palladio, Nick Rhodes, Zichichi, Zeffirelli, Pasteur, tanto per citarne alcuni, sono geni ma pur sempre imperfetti, sia come uomini, sia nelle opere o scoperte da loro compiute.
Solo Dio è perfetto.
Tanto perfetto da lasciare a ciascuno di noi i propri difetti, altrimenti il mondo sarebbe stato troppo monotono.
Senza imperfezioni come farebbero gli uomini a praticare il loro sport preferito e più diffuso a livello planetario?
Qual è?
La critica!
Bye,
Charles
La filosofia del perfettibile si basa su una dichiarazione precedente di ciò che è perfetto.
Se viene applicata alle ideologie, alle religioni, questa dichiarazione è mutevole nel tempo.
Anche quando viene applicata alla persona, è generatrice di aberrazioni di rara potenza.
Solo l’espressione dell’intimo umano, del trascendente, hanno un valore universale ma l’arte è la cosa meno codificabile che esista, quindi non potrà mai ricevere etichette di perfezione.
In definitiva, essere contro la perfezione implica l’essere contro la morale della perfezione-imperfezione, in qualunque ambito si manifesti.
Anonimo: e se nel pozzo ci fosse un tesoro?
Charles: mi hai fatto tornare in mente un bel racconto di Buzzati “Il disco si posò” che parla della noia della vita di un gruppo di estraterrestri che vivono senza aver conosciuto il peccato originale e le sue conseguenze. Il sacerdote, nel cui giardino si presentano, non riesce neanche a immaginare l’idea di una vita così perfetta e noiosa come quella di quegli “alieni”.
Tyler:
dici: “Solo l’espressione dell’intimo umano, del trascendente, hanno un valore universale”. E non ti sembra che l’arte abbia a che fare con questo? Gadamer parlava infatti di “transistoricità” dell’opera d’arte, che non è una teoria esterna, ma un dato di fatto.
Sulla seconda parte, se ho capito bene, la tua mi sembra una posizione bianco-nero che non tiene conto delle sfumature e dell’ambito di critica che il post avanza sulla perfezione. Che cosa è la morale della perfezione-imperfezione?
Valuto alcune persone ‘perfette’, in base al genere di difetti che mi ‘piacciono’. Per questo non apprezzo le persone intelligenti: dicono sempre cose giuste, e quindi sono prevedibili. Gli stupidi, invece, non sai mai cosa faranno.
“Solo l’espressione dell’intimo umano, del trascendente, hanno un valore universale”. E non ti sembra che l’arte abbia a che fare con questo?”
Infatti mi riferivo all’arte (come puoi leggere continuando la mia frase e non troncandola come hai fatto) che però non è codificabile, etichettabile essendo così diversa da luogo a luogo, da tempo a tempo.
Per questo non si può parlare di perfezione nell’arte o di imperfezione, ci hanno già provato durante il nazismo.
“Che cosa è la morale della perfezione-imperfezione?”
Quella che ‘definisce’ un perfetto ed un imperfetto. La perfezione è un’astrazione filosofica, un sognante equivoco che applicato al quotidiano, dà frutti molto amari.
Non vedo di quale bianco e nero tu stia parlando.
Per Tyler:
Non ti ho citato in quel modo per forzare il tuo pensiero. Mi sembrava contraddittorio che dicessi che di universale c’è l’espressione dell’intimo umano e che poi dicessi che l’arte, che è quell’espressione, è poi fenomeno relativo a spazio e tempo. Quello credo sia il gusto e non il bello. Il fatto che ogni cultura riconosca come bello qualcosa rispetto a qualcos’altro significa che c’è questa tensione.
La transistoricità dell’arte non credo sia un concetto nazista, ma qualcosa di legato a quel valore universale di cui parli, che fa superare ad Omero, Policleto, Virgilio… il tempo e lo spazio che hanno ospitato le loro vite.
Ma comunque sono d’accordo con te sul tema. Infatti il post critica quella perfezione imposta in ciò che è semplicemente culturale e quindi parziale e che come dici tu è fonte di grandi disagi nel quotidiano.
Quante persone corrono dietro a questa chimera procurandosi e procurando sofferenze che non hanno ragion d’essere.
Quanto al bianco nero non volevo offenderti, mi era sembrato che il ragionamento che avevi fatto (“essere contro la perfezione implica l’essere contro la morale della perfezione-imperfezione, in qualunque ambito si manifesti”) fosse una conclusione che non tenesse conto delle sfumature.
“La transistoricità dell’arte non credo sia un concetto nazista”
Il concetto di un’arte degenerata o meno, sì. Dato che il nazismo si proponeva di ritrovare la perfezione artistica, sociale e genetica, è evidente il nesso tra l’assurdo della perfezione applicata alla realtà.
‘Mettere al mondo’ il concetto di perfezione e non limitarlo alla sfera personale del trascendente (da cui deriva quest’ipotetica virtù), ha generato ‘giustificazioni’ di morte e persecuzioni come pochi altri.
Noto che più che altro, è la forma ad essere un ostacolo (superabile) tra noi.
Infatti. Il problema è che oggi sulle parole non ci si capisce, tanto sono incrostate di interpretazioni e interpretazioni delle interpretazioni. A presto