Specchio
Avere delle alunne con problemi di anoressia costringe Prof 2.0 a prendersela con lo specchio.Stamattina ci siamo specchiati. Abbiamo condiviso questa quotidianissima tragedia: il nostro aspetto. Come faccio ad andare in giro con quella faccia? Ci siamo detti sconsolati. Eppure questo sconforto è segno di qualcosa di grande. C’è qualcuno dentro di noi che sa giudicare la superficie riflessa su uno specchio e quel qualcuno sa che ciò che vede sullo specchio non esaurisce sè stesso. Sa di essere molto di più di quella accozzaglia di connotati più o meno affascinanti secondo i canoni passeggeri di bellezza. Ma tale può essere la delusione di quella superficie e la debolezza di quel qualcuno, da cercare disperatamente di rendere quella superficie il più possibile accettabile dal canone che circola, attraverso pezze modaiole e segni che raccontino in superficie chi siamo. Se metti un cane o un gatto davanti allo specchio si spaventano o attaccano, pensando di avere di fronte un altro esemplare della loro specie. Noi no (a parte Narciso, che ci lasciò le penne…). Qualcosa dentro di noi sa dire che chi abbiamo di fronte sono “io”, ma sa anche che quella superficie non è tutto “io”. Ed è inutile prendersela con la superficie se non è come vorremmo, se ci delude, se ci fa pena… E se ci fa troppa pena, forse “io” sta rinunciando alla sua ricchezza e pienezza, accontentandosi di essere una superficie. Allora viva lo specchio se ci mostra quanto eccediamo la nostra superficie. Immaginate uno specchio capace di riflettere “io” anzichè la superficie. Cosa vedremmo?
C’è chi dice che gli amici siano quello specchio, capace di riflettere la nostra pienezza, migliorarla, restituircela, aiutandoci a vederla ed amarla, quando “io” è incapace di farlo…
A volte ci si incontra con la propria immagine in uno specchio improvvisato, in una vetrina per esempio, e quasi si sussulta: chi è quella? Ah già, sono io. E’ che ognuno si porta dentro un’immagine di sè che non sempre corrisponde a quella reale; a volte ci si sente più belli (magari grazie alle pezze modaiole) ma altre volte ci si sente una schifezza, e non è così.Il fatto è che bisogna mettere insieme tre immagini di noi: quella ideale (come vorremmo essere) quella sociale (i diktat del mercato, come gli altri ci vogliono) e quella reale, che è l’unica vera.
A proposito di specchi:
“– Che fai? – mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio. – Niente, – le risposi, – mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino. Mia moglie sorrise e disse: – Credevo guardassi da che parte ti pende. Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda: – Mi pende? A me? Il naso?”
Uno, nessuno, centomila.
Pirandello aveva già intuito uno dei più grandi problemi dell’umanità contemporanea: la perdita d’identità.
Paola A.
Lo specchio… questo mostro infame.. ti coglie di sorpresa, ti delude, ti affascina… ti dice che sei come gli altri ti vorrebbere, ti fa ricordare che il tempo passa, ti consola quando non ci vedi dentro quello che temi prima o poi di diventare… deforma, comprime, espande.. rende incredibilmente ciechi… lo strato di pelle che ci ricopre… la pelle per cui troppe volte amiamo, detestiamo.. lo specchio la risalta.. è molto più di un microscopio… dentro ci vediamo solo quello che vogliamo! eppure.. se non avessimo specchi, vetrine trasperenti e translucide su cui specchiarci?! Adoro lo specchio del mio ascensore.. mi prepara agli incontri, alla folla, al gruppo e poi: gli posso schiacciare l’occhio o asciugarmi una lacrima in quell’immagine.. fuori da li nessuno MAI SAPRA’! 😉 Stella
A volte i giudizi degli altri, soprattutto quando sono negativi e quando arrivano dalle persone che “dicono” di volerti bene, possono diventare peggio di uno specchio,uno di quelli che non ti risparmia nessun difetto e che magari è anche illuminato da un bel neon che ti rende ancora più insopportabile la superficie che vedi specchiata…Perchè un solo giudizio negativo vale molto di più di mille positivi nella nostra vita?
P.
Bincaneve: suggerimenti per il giusto dosaggio delle tre?
Marina: sarebbe bello fare un elenco delle cose scoperte attraverso amici-specchio.
Paola A.: il problema oggi non so se è più la perdita. Per perdere qualcosa la devi avere. Io spesso vedo che la difficoltà sta nell’acquisirla un’identità.
Stella: mi hai fatto tornare in mente un racconto di V.Woolf, che si intitola lo specchio. Amico-nemico…
P.: A volte ci sono specchi che feriscono è vero. Penso (ma è un’ipotesi) che un solo giudizio negativo valga di più di mille positivi per due posssibili ragioni:
1) viene da qualcuno che ci vuole bene o dice di volerci bene. In questo caso però il contenuto potrebbe anche essere vero, e quindi ci vuole il coraggio di accettarlo.
2) siamo insicuri di noi stessi.
Chi ci vuole veramente bene però sa farci specchiare senza ferirci, amandoci proprio come siamo.
E’ molto comodo poter vedere la superficie soltanto. Mi nasconde, come si nasconde il bimbo dietro alla gamba della madre di fronte ad uno sconosciuto, come si raggomitola nel letto chi ha paura di sè, come i chili di trucco che nascondono il tuo vero volto. Quel volto che neanche tu, io conosciamo.
Non esiste uno specchio che riveli ‘io’ e non la superficie, se non nel cuore. Ma per arrivare a quello specchio bisogna fare molti passi dentro di sè, a volte anche dolorosi. La settima stanza, il centro del centro del nostro cuore, dove nessuno può entrare.
Ma è veramente un amico? A volte è così dura la realtà su di sè: meglio nascondersi, mascherarsi, truccarsi, legarsi i capelli perchè nessuno possa passarci le mani attraverso, mantenere le distanze, andare in giro a testa (cuore) bassa. Bisogna solo decidere da che parte stare, e bisogna farlo ‘solo’ giorno per giorno, momento per momento. AIUTO!
Secondo me il giusto dosaggio si raggiunge se si rafforza l’immagine di sè reale, quella in cui il corpo e la parte più interiore sono inscindibilmente uniti. Ricordo di aver letto una novella di G.Parise, “Sentirsi diversa” che racconta di una ragazza che si era “rifatta” tutta per piacersi e piacere, e alla fina il suo volto era fatto da “pezzi” (naso, occhi, bocca…) legati insieme da una pelle senza calore. Risultato:persa la fisionomia propria. Alla fine un corteggiatore le dice “Ma io l’ho già vista….ecco dove, su un calendario”. Molto interessante.
Caro Prof 2.0, secondo me noi scopriamo come siamo quando ci relazioniamo agli altri. Questo a mio avviso succede perchè, che lo vogliamo o no, siamo tutti relazionali: senza gli altri non possiamo vivere. Il bambino che si relaziona con la sua mamma scopre chi è: com’è fatto il suo corpo, che sentimenti prova, etc. Crescendo poi, vede gli altri agire, sbagliare, imparare e scopre in tutte queste azioni qualcosa di profondamente suo. Scopre se stesso nel denominatore che lo collega agli altri, anzi, in qualche modo riceve se stesso dagli altri. Vediamo se riesco a spiegare quello che penso: hai presente “l’era glaciale?”? E’ un film bellissimo che racconta la storia di alcuni animali che si trovano a dover affrontare prima la glaciazione e poi il disgelo (in realtà i film sono due). Beh, c’è una curiosa “storia d’amore” che coinvolge il saggio mammuth Manny, convinto di essere una specie in via di estinzione, ed Ellie, una femmina della stessa specie che, contro ogni evidenza, crede di essere un opossum…
Il paziente mammuth a poco a poco diventa lo specchio di Ellie e le fa scoprire chi è.
Questo ragionamento è molto umano.
Personalmente, specchiandomi negli altri (e cioè entrando in relazione con loro, cosa che presuppone un qualche scambio), credo di aver imparato 2 cose di importanza capitale: l’amore e l’accettazione. Io ho imparato a voler bene ai miei amici perchè mi sono sentita amata, ho imparato a perdonare me stessa e gli altri perchè sono stata perdonata da qualcun altro e così via. Non so se si capisce. Ho fatto del mio meglio.
beh, il che cosa vedremmo ce lo può anticipare “Il ritratto di Dorian Grey” di Oscar Wilde: Dorian ha avuto la fortuna (???), meglio chiamarla possibilità, di poter vedere il suo vero “io” allo specchio; e ha tentato di distruggerlo, uccidendo se stesso. Penso che sia un po’ quello che succede con la perdita dell’identità: è un piccolo suicidio che porta a perdere completamente la propria libertà, la propria vita.
Anonimo: forse ritroverai la tua amica con il tempo e ti sarà grata, o magari non la ritroverai ma, con il tempo, ti sarà grata lo stesso. O forse non era poi così amica, ma questo non posso saperlo.
aolivarik: Lewis nei Quatto Aamori dice una cosa che mi ha colpito: il luogo in cui ci si autoprotegge per non amare ed essere amati è l’inferno.
Biancaneve: grazie della risposta e della suggestione letteraria. Cerco il racconto!
Marina: grande citazione dell’era glaciale. Avevo dimenticato quell’aspetto della storia! Sintetizza tutto alla grande! Grazie. Ma se è vero che siamo relazionali perchè a volte preferiamo quell’inferno di cui sopra?
3710: gran libro! Non sopportiamo di vedere come siamo se non attraverso lo sguardo di chi ci ama. è vero!
“Quanto sai di te stesso se non ti sei mai battuto?”
Tyler Durden
Peccato che Tyler Durden sia la proiezione immaginaria di uno schizofrenico…
“Quando il saggio indica la Luna, lo sciocco guarda il dito”.
Benvenuto saggio. Che c’entra con il post?
era in risposta a:
“Peccato che Tyler Durden sia la proiezione immaginaria di uno schizofrenico…”
Già quello non c’entrava rispetto alla discussione in corso. E comunque ripeto che la proiezione immaginaria di uno schizofrenico non è la luna. Ma tu sei saggio. Io solo uno sciocco.
“E comunque ripeto che la proiezione immaginaria di uno schizofrenico non è la luna. Ma tu sei saggio. Io solo uno sciocco.”
Sai bene che c’è molto di più di una proiezione immaginaria. Altrimenti ogni romanzo non avrebbe alcun valore.
In definitiva il concetto è lo stesso di ‘conosci te stesso.’
E se nessuno si è trovato a morire di fame, a lottare per un pezzo di cibo o semplicemente difendersi la propria vita, non sono tutti lati che non conosciamo bene di noi stessi e che possiamo solo immaginare tranquillamente seduti in poltrona (con tutta il valore che può avere una simile speculazione)?
E’ una domanda retorica, a cui non puoi rispondere che sì a meno di risultare privi di razionalità.
Il punto è, perché sentirsi minacciati da questa consapevolezza? Paura di perdere il controllo sull’idea che abbiamo di noi stessi e del mondo?
Infatti nessuno qui pretende di esaurire la conoscenza di sè stessi. Semplicemente si cerca di dare risposta a problemi di vita quotidiana, che non sono la sopravvivenza, ma una ragazza che si lascia morire di anoressia… Il post parla di questo.
Tu ti sei mai trovato in una di quelle situazioni estreme di cui parli o ipotizzi anche tu?
Minacciati da quale consapevolezza?
“Semplicemente si cerca di dare risposta a problemi di vita quotidiana, che non sono la sopravvivenza, ma una ragazza che si lascia morire di anoressia… Il post parla di questo.”
Quindi si parla di sopravvivenza.
Il punto non è trovarsi di fronte a quelle situazioni, è l’approccio che abbiamo di fronte alla vita.
‘Noi siamo’ negli eventi che ci capitano, non nell’attimo in cui ci guardiamo allo specchio e nemmeno in cui un amico ci descrive.
Subito dopo, siamo già cambiati.
Questo dovrebbe ‘abbassare il volume’ di ogni speculazione cristallizzata, di ogni istituzione, di ogni regola sociale che ci sembra fossilizzata, perché noi siamo il perenne movimento.
“Le cose che possiedi alla fine ti possiedono.”
Tra quelle cose, anche l’idea che si ha di se stessi e del mondo.
La libertà è non affezionarsi ai propri feticci, altrimenti non avremo mai la forza di capire che quando è il tempo è maturo, dobbiamo lasciarli.
Dici bene. “Noi siamo” negli eventi che ci capitano: cioè c’è qualcuno che è nell’evento. Non è l’evento stesso. è quel qualcuno a vivere l’evento. Allora d’accordissimo con te sul fatto di non ancorarsi a certezze che possono cambiare. Qualche post fa si parlava di questo (la scena di Truman Show). Ma qualcosa di stabile resta e su quel qualcosa stiamo ragionando. Se qualcosa di stabile non ci fosse tu non riconoscesceresti neanche la mia risposta collegata alla tua domanda. E dovremmo ricominciare sempre da capo. Ma non siamo puro flusso.
La libertà è non ancorarsi ai propri feticci. Concordo. Si tratta di ditruggere gli idoli della conoscenza che spesso ci creiamo. Ma non lo faremmo se non fossimo alla ricerca di qualcosa che risponde con maggiore pienezza alla realtà. Se questo non ci fosse, non ditruggeremmo nulla. E in questo senso l’amicizia è una strada, proprio perchè non è la semplice idea che si ha di se stessi, che potrebbe essere falsa.
ps. grazie della discussione. Sono in partenza, se replichi, non potrò rispondere subito.
Il dogma è il velo di Maya.
E ti viene messo addosso immediatamente.
Con il battesimo.
“E in questo senso l’amicizia è una strada, proprio perchè non è la semplice idea che si ha di se stessi, che potrebbe essere falsa.”
Così come potrebbe essere fuorviante quella degli amici. Spesso non ci conosce nemmeno nostra madre…
In questo viaggio alla ricerca di sé, anche le poche semplici certezze devono essere prese con le molle, perché siamo figli di troppe idee preconfezionate date per eterne.
Per cercare se stessi si deve partire da zero, sul serio.
“È solo dopo aver perso tutto che siamo liberi di fare qualsiasi cosa.”
In una parola: disimparare.
Caro Tyler,
la mia frase non dogmatizza il parere degli amici. Non sarà che vedi troppi dogmi dove non ce ne sono, come in questo caso?
E poi mi sembra che questo post parli proprio di questa ricerca, del cercare il vero sè, dopo aver eliminato strati idolatrici.
A proposito delle cose che dicevi all’inizio: sei mai stato a contatto diretto con la sofferenza vera? Gente che muore di fame, gente abbandonata in ospedale, gente torturata da un regime?
In questi commenti si è parlato di tanto, di tutto. Ma non si è affrontata face 2 face l’anoressia. Per chi non ne sa nulla, sappiate che è un vero inferno. Una ragazza (meno di frequente un ragazzo) anoressica è perfetta in tutto: a scuola ottimi voti, veste bene, tendenzialmente è bella e apprezzata per il corpo -e questo peggiora solo tutto: più le si fanno complimenti più lei si discosta dallo specchio degli altri e si vede nel suo brutta scihfosa odiosa-, cercata da molti ma mai arriva fino in fondo, incapace di relazioni durature e serie perchè non vuole scoprirsi, anzitutto a sè. Si fa del male. Dentro e fuori. Parte da dentro, dall’odiarsi, dall’immagine (non solo fisica!, e questo è MOLTO importante) che ha di sè, sotto tutti gli aspetti -affettiva, corporea, familiare, scolastica, etc…-, per percorrere un cammino di doppiezza interna. Faccio schifo? Mi rifugio in uno specchio spaccato che dia un’immagine diversa di me, dove gli altri non potranno trovarmi. Così faccio tutto bene. Ma iniziano i problemi. Non mangi, non mangi, non mangi. E credi di essere sempre più brutta e grassa e hai PAURA profondissima che gli altri ti mollino perchè non ti stimano! Se questa spirale in discesa non è bloccata arriva il punto di non ritorno. Solo allora crolla la perfezione apparente. I voti a scuola peggiorano, perchè le forze fisiche non ci sono proprio più. Tutto salta, tutti i rapporti, le relazioni sempre più frivole, fugaci, alla cieca, e ti fai del male ancora di più. Magari ti inizi a tagliare, perchè il dolore è sia segnale d’allarme che un modo per SENTIRSI VIVI, SAPERE CHE SI E’ ANCORA VIVI. Ma possono succedere due cose.
1. Suicidio
2. Suicidio lento: muori per denutrizione e tutto il resto, detto e non. E la cosa peggiore è che NON AMMETTI DI STAR MORENDO. Se il tuo medico ti dice ‘hai pochi giorni di vita, morirai della malattia, dell’anoressia’ NON CI CREDI. Ma dopo 2 giorni il tuo cuore smette di battere. Non esisti più. E’ finita.
Hai smesso di soffrire ora.
Le persone che amo di più sono le persone sofferenti.
Tutti soffrono, ma queste malattie vanno prese per quel che sono: una prigione interiore. Sei in prigione, guardi dalle sbarre, il mondo passa e tu non riesci, non puoi raggiungerlo, e urli ma non ti esce la voce, e urli ma gli altri non ti sentono, o restano indifferenti. Allora ti fai ancora più male, ti tagli, ti rompi il polso, ti spacchi la testa contro al muro, ti fai sfruttare nel corpo, ti lasci totalmente andare per URLARE DI PIU’ aiuto
Silenzio. Non sappiamo ascoltare. Hai mai ascoltato una di queste voci?
Io si. Non te lo auguro mai, mai.
Ma queste anime, queste persone così sensibili, così sofferenti, sono quelle che più abitano il mio piccolo schifoso cuore, che però cerca di amare. Ora sono in pace. Non hanno colpa, guardandola negli occhi non posso dirle ‘sei colpevole, ti sei uccisa’. Non posso. Mai. Le dico invece ti amo ti perdono e resterai sempre nel mio cuore, e ora già riposi in Cielo, più vicina a Lui di quanto io mai potrò arrivare. Perchè più ti ha chiesto, perchè più hai sofferto.
Ascolta
aolivarik… so che sono passati anni, ma grazie… adesso tu mi stai in un qual senso aiutando…
però scusa, volevo chiedere, se posso: qualcuna vicina a te è morta di anoressia, ho capito bene?
se non l’hai vissuta tu in prima persona, complimenti e tanto di cappello per quello che comunque riesci a capire.
(ps. per Prof 2.0, sono la ragazza che ti ha scritto
pochi giorni fa.)
Simona
Grazie.
“A proposito delle cose che dicevi all’inizio: sei mai stato a contatto diretto con la sofferenza vera? Gente che muore di fame, gente abbandonata in ospedale, gente torturata da un regime?”
La tua domanda presuppone una scala di sofferenze.
Io parlavo di sofferenze non provate, di cui ignoriamo le possibili reazioni, non di sofferenze più o meno grandi, giacché anche la morte di un caro può essere enorme o il semplice sentirsi ‘vuoti’.
Non credi?
Te lo chiedevo in relazione al fatto che parlavi della impossibilità di conoscere noi stessi senza conoscere quelle realtà e il rischio di riempirsi la bocca seduti in poltrona. D’accordo con te che basta la morte di una persona cara. Ma ti assicuro che se stai a contatto diretto con queste cose nella tua vita ordinaria (e non solo quando ti muore qualcuno) qualcosa da dire l’hai rispetto a chi non lo fa.
“Credo alla tua saggezza solo se viene dal cuore, credo alla tua bontà solo se viene dalla ragione.”
Arthur Schnitzler
Non importa cosa hai fatto-visto, importa come lo hai assimilato.
Non esiste nessuna gerarchia di vite, di esperienze.
E questo tu lo affermi perchè sei superiore o è un’opinione come tutte le altre? Potresti usare il condizionale invece dell’indicativo. Sembra che gli assoluti che deprechi, poi sei tu ad affermarli.
“Non esiste nessuna gerarchia di vite, di esperienze.”
Se metti in dubbio questo ‘non-principio’ (che non vuol dire siamo tutti uguali) devi dimostrare in base a quale ‘principio’ discrimini le persone.
Sono curioso di sapere qual è.
Non discrimino nessuno. Semplicemente mi sembrava azzardato da parte tua affermare quello che hai affermato con assoluta certezza. Insomma io una differenza empirica, non di principio, fra la vita di Hitler e quella di Madre Teresa la faccio, tra quella di Michelangelo e quella di Bin Laden, tra quella di Dante e quella di Jack lo squartatore. Ma il fatto che io le differenzi non significa che io le gerarchizzi, questo lo hai detto tu.
è singolare come il relativista (scusa l’etichetta ma non so chi sei, hai solo un nickname) si faccia scrupolo di venire in questo blog, qual è la paura o il fastidio che esistano opinioni che tu dovresti essere il più disposto ad accettare?
E cosa ancora più singolare è che chi non pensa esistanon riferimenti assoluti riporti la discussione sempre indietro e mai in avanti. Come mai il tema di questo post viene riportato indietro alla possibilità stessa di dire qualcosa? Non sarà che come diceva Aristotele chi pensa che non esista la verità non appena apre bocca si contraddice, e allora cerca di riportare a quel silenzio anche gli altri?
Scriviamoci via mail Tyler o ingolfiamo la discussione che era su altro. Mi spiace ma abbiamo banalizzato l’intervento sull’anoressia, questo sì, seduti comodomante in poltrona.
E se vuoi presentati (via mail), cosa che rende il dialogo migliore.
Non capisco perché le tue risposte manifestino sempre un tono difensivo.
Aristotele è interessante… vuoi forse dire che sto zittendo una verità? Quale?
Come vedi ti chiedo solo di argomentare un po’ meglio, per non cadere nella facile retorica dei post ermetici.
Questo mi sembra andare avanti.
Capisco il blog ed il tema,
ma se non vuoi render partecipe altri dei tuoi ragionamenti e di come rispondi alle domande che ti vengono poste, non vedo perché affacciarsi al web e permettere ad altri di scrivere.
Ho seguito con attenzione i tuoi interventi. Hai la singolare abitudine di attribuire etichette, intenzioni e azioni agli altri e di glissare sulle risposte che ti vengono date, soprattutto quando riguardano la contraddizione insolubile di chi afferma non esista alcuna verità, ma poi afferma proprio quest’ultima come verità assoluta.
Quello che avevo da dire è scritto nel precedente commento. Non è il post per il dialogo tra un post-ermetico che ha nome e cognome e un post-sofista anonimo a cui ho proposto di continuare il dialogo a tu per tu, presentandosi, via mail. Qui si taglia fuori dal discorso chi vuole ragionare sul tema in questione, cosa che diversi mi hanno detto a voce.
Solo questione di pertinenza, tatto ed etichetta del blog e del dialogo, anche quando si permette a chiunque di intervenire.
A me pare che le etichette le metti tu ad ogni nuovo post!
Se poi ti appelli a strambi discorsi su chi si presenta via mail o meno, come se a parlar con qualcuno sul web, servisse la carta d’identità…..
Probabilmente la discussione che preferite è una serie di post evocativi seguiti da ‘grazie del post’?
Un’ultima cosa sul tuo svarione circa la verità.
La verità è una ricerca, non un approdo. Ecco perché il discorso non è un semplicistico: “non esiste la verità” che ovviamente sarebbe un controsenso.
Caro Tyler,
se leggi bene questo post originariamente parla proprio della verità come approdo e se leggi bene anche i commenti ad un certo punto l’ho anche ripetuto:
“La libertà è non ancorarsi ai propri feticci. Concordo. Si tratta di ditruggere gli idoli della conoscenza che spesso ci creiamo. Ma non lo faremmo se non fossimo alla ricerca di qualcosa che risponde con maggiore pienezza alla realtà. Se questo non ci fosse, non ditruggeremmo nulla.”
Sei sicuro che non siamo già d’accordo sul punto e stai sollevando la discussione per portarla dove vuoi tu?
Quanto alle etichette sin dal tuo primo intervento hai parlato di chi non sa se non si è battutto, di saggio e sciocco, di post ermetico, di tono difensivo, di porre dogmi e gerarchizzare vite. Tutte cose che ho cercato di spiegare, ma sulle quali spesso hai glissato.
Il fatto che io abbia detto di aderire alla verità non significa che ce l’ho già bella e pronta, concordo con te che ci si arriva gradualmente in quanto esseri storici. Quindi non attribuire ancora una volta una intenzione che non ho. Pensare che la verità esista è compatibile con il pensare di doverla raggiungere, non significa ipso facto di pensare di averla già. E quindi forse lo svarione è tuo, ma capisco che l’interpretazione poteva dare adito alla fallacia.
Sul fatto di presentarsi è solo questione di dialogo migliore. Se non vuoi sei libero di non farlo. Ma ripeto se il tuo interesse è veramente dialogare su questo tema che non c’entra con l’argomento di questo post parliamone via mail e restituiamo a questo post il suo argomento. Ripeto è questione di circostanze non di volerti zittire, il dialogo in un blog dovrebbe rimanere aderente al tema del post altrimenti non serve. Se vuoi facciamo un post a sè sul tema e dialoghiamo. Lungi da me zittire qualcuno, amo ascoltare e confrontarmi con chi la pensa in modo diverso. Vedo che ti sei innervosito. Se è così mi spiace. A presto.
Siamo d’accordo su diverse cose, sì, ma sei satato tu a commentare per primo (e con superficialità) la citazione sul conoscere se stessi, a parlare di relativismo, di verità della non verità.
Io mi sarei limitato a quella citazione, ma se rilanci in modo tanto plateale e strumentale, (‘Tyler è un’allucinazione, quindi ciao’), non puoi aspettarti il silenzio.
Ecco l’origine di tutto il discorso.
Ma sta di fatto che con meno impulsività (condita da un pizzico di onesta arroganza) non saremmo arrivati qui… è il lato più che positivo della cosa e confermiamo in pieno la frase di Tyler: battersi per conoscersi.
Su quella mia uscita hai ragione. Sono stato superficiale, solo mi aveva dato fastidio il tipo di intervento a gamba tesa.
Grazie del chiarimento. A presto
“Colui che conosce gli altri è sapiente; colui che conosce se stesso è illuminato.
Colui che vince un altro è potente; colui che vince se stesso è superiore.”
Lao Tzu
ma prof… perchè rispondi a gente che più che parlare del post cerca una discussione che sfiora l’arroganza???
ma questi non sono affari miei, vero tyler? Hai pensato quanto possa importare una tua discussione a un povero liceale ignorante e grezzo come me (fidati anche se non mi conosci)?
pensaci, e usa di più le posta elettronica.
ciaociao
ps. in questo caso PENSO che abbia vinto Prof 2.0 sia con se stesso che con te semplicemente scrivendo:
“Su quella mia uscita hai ragione. Sono stato superficiale, solo mi aveva dato fastidio il tipo di intervento a gamba tesa.
Grazie del chiarimento. A presto”
pps: riusciremo a smetterla con commenti che non c’entrano con il post? ma per favore…
ciaociao
Il problema dell’anoressia non è il specchio… quella è solo la punta dell’iceberg… Se il problema fosse quello, sarebbe tutto molto più semplice… Ma le vere cause dell’anoressia sono molto più profonde, complesse e personali…
Lo dice una che c’è passata…
Veggie: hai perfettamente ragione. Non pretendo certo di banalizzare un problema così delicato. Era solo lo spunto di partenza per riflettere sul tema dell’identità, quello sì che ha a che fare con l’anoressia. Almeno credo. Che ne pensi?