FantaVersione 2
Sono le 7.00 del mattino. Piove. Suona la sveglia. ALUNNO (e molti come lui) si alza (o almeno ci prova) e, mentre si trascina lentamente verso la doccia, cerca di ricordare cosa lo aspetta di terribile in quella giornata già di per sé terribile; e quando si materializza nella sua mente ancora sconvolta dal sonno l’immagine di PROFESSORE (di greco e latino), con il suo ghigno beffardo, il senso di catastrofe e frustrazione è totale. Tornare a letto sarebbe la soluzione migliore, tanto più perchè quella mattina c’è la versione in classe. La terribile prova del trasformare un testo di una lingua ormai morta in un testo di una lingua viva. Ma fuggire non è possibile. La scuola è dell’obbligo. Una domanda allora si dipinge sul volto dell’assonnato bipede preso in trappola: perché lo devo fare?
A questa domanda non viene data risposta. E questo silenzio aumenta il senso di frustrazione. La frustrazione si trasforma rapidamente in rabbia e desiderio di vendetta. E PROFESSORE che avrebbe tradotto così il brano assegnato, dal titolo profetico “Attenti all’asino”…
Un asino avendo calpestato una spina rimane zoppo. Imbattendosi in un lupo gli dice: “O lupo, vedi che muoio di dolore e i corvi e gli avvoltoi mi divoreranno. Ma io preferisco diventare tuo pasto. Ti chiedo però un solo favore, estrai prima la spina dalla mia zampa”. Il lupo persuaso dal discorso, con i denti appuntiti strappa via la spina. L’asino liberatosi del dolore, avendo scalciato il lupo a bocca aperta fugge, spezzandogli muso, fronte e denti. Egli si lamentava dicendo: “Ahimè, patisco il giusto, io che essendo macellaio, poc’anzi volevo diventare veterinario”.
… (dicevo) PROFESSORE si vede restituita la sua colpa, di torturare il povero ALUNNO, in termini di pugnalata verbale, di lento e progressivo dissanguamento della lingua antica e moderna: una risposta coerente alla tortura che egli infligge al povero innocente, e così legge le righe di ALUNNO, la peggiore delle lettere di minaccia di morte:Un asino avendo calpestato una palizzata e avendo mangiato un uccello, nacque zoppo. Imbattendosi in un lupo gli disse: “O lupo, muoio dalla mia sofferenza e mi cibo di piccoli corvi e nidi d’avvoltoi. Ma avevo capito che sono nato pranzo per te, tu stesso donami una grazia, togli dapprima l’uccello a me con l’artiglio. Il lupo si convinse alle parole profonde e lo esortò a dare l’addio alla palizzata e abilmente tolse l’uccello a questo. Ma l’asino straziato dalla sofferenza, battute le zampe, essendo caduto sul lupo e gridando contro il lupo, si sciolse per il dolore. Esso gemette dicendo: “Ahimè ho ricevuto l’ospitalità da quel cuoco, il quale dal primo momento voleva conoscermi”.
Allora sul volto di PROFESSORE si dipinge la stessa domanda di ALUNNO: Ma chi me lo fa fare? E anche questa volta nessuno risponde, tutto tace…
Chi avrà il coraggio di interrompere questa spirale di violenza?
AHAHAHA!
Esilarante!
Grande pezzo.
Ed è tutto vero…!
mmmm…idea interessante per la versione di domani…ci farò un pensierino, anzicchè sforzarmi per dare un senso logico giocerò di fantasia…hihi!
per il discorso sulla noia, invece, è difficile esaurire il tema, soprattutto con un commento
Laura
La pretesa qui non è esaurire il tema, ma avere spunti che servano sia agli alunni che ai prof. Quindi Laura aspetto il tuo post…