22 novembre 2016

50 motivi per amare Leopardi (II parte) e un video della prima teatrale

davenia_15112016_57In “L’arte di essere fragili” (Mondadori) Alessandro D’Avenia racconta del suo incontro con Giacomo Leopardi e della scoperta di un ragazzo e poi di un uomo completamente diverso dallo sfortunato pessimista descritto dai libri di scuola. Ora che quel libro diventa un “racconto teatrale” (il debutto il 15 novembre al Carcano di Milano), abbiamo chiesto allo scrittore una lista di 50 motivi per farsi trasportare nella conoscenza del poeta recanatese. Ecco la prima parte del suo elenco.

Repubblica, 20 novembre, 2016 – Link

Il link al video della prima al teatro Carcano di Milano

Cinquanta motivi per amare Leopardi (seconda parte) e non ditemi che sono troppi perché ne ho almeno altri 50.

  1. Perché era soltanto un ragazzo di un paesello della periferia dello Stato Pontificio ad inizio del XIX secolo.
  2. Perché ha spiegato come nascono le sue poesie e quanto tempo gli ci voleva prima di ritenerle perfette, tanto che è una gioia per gli occhi guardare il suo autografo dell’Infinito ora terremotato.
  3. Perché era a volte intrattabile a volte dolcissimo.
  4. Perché odiava le letture di poesia ad alta voce.
  5. Perché aveva una grafia spaziata e slanciata.
  6. Perché doveva procurarsi lavori che non amava per campare.
  7. Perché ha riempito le sue poesie di punti interrogativi come nessuno aveva fatto fino a quel momento.
  8. Perché sapeva che i libri accelerano l’anima ma non la sostituiscono.
  9. Perché la sua speranza è lunare: non ci nasconde il notturno della vita, ma vi cerca sempre la luce a cui aggrapparsi.
  10. Perché lottò tutta la vita contro la seduzione del nulla.
  11. Perché non sopportava gli ignari assertori di ideologie vincenti e dominanti.
  12. Perché gli intellettuali del suo tempo lo soprannominavano “ranocchio” come bulletti di scuola media.
  13. Perché consigliava i biglietti della lotteria dicendo che la sua gobba portava fortuna.
  14. Perché ha guardato le stelle come se ogni notte fosse quella di san Lorenzo.
  15. Perché ha insegnato che non esistono cose poetiche e cose impoetiche, ma che la poesia è in un canto di pastore che dialoga con il suo gregge, che un passero solitario o una semplice ginestra contengono tutta la dolorosa poesia del mondo.
  16. Perché fece riparare molte volte il suo vestito blu, per essere più bello quando si innamorò di una donna.
  17. Perché nessuno come lui ha preso sul serio il dolore.
  18. Perché nessuno come lui ha preso sul serio la felicità.
  19. Perché in uno degli ultimi pensieri dello Zibaldone ha scritto delle sue poesie: “Uno dè maggiori frutti che io mi propongo e spero dà miei versi, è il piacere che si prova in gustare e apprezzare i propri lavori, e contemplare da se compiacendosene, le bellezze e i pregi di un figliuolo proprio, non con altra soddisfazione, che di aver fatta una cosa bella al mondo; sia essa o non sia conosciuta per tale da altrui”
  20. Perché ci ricorda che sempre fiorire si può e si deve, anche in mezzo al deserto, perché se le cose fragili come un fiore di ginestra lo sanno fare, anche noi siamo chiamati a fare altrettanto.
  21. Perché amava perdersi per le vie di Napoli e ascoltare le storie della gente comune.
  22. Perché è stato un critico letterario senza altra ideologia che la parola.
  23. Perché sapeva che la parola è la più avveniristica invenzione dell’uomo, soprattutto quando la si trasforma in canto.
  24. Perché ha resistito per decenni alla calunnia di pessimismo ricordandoci che “il cuore sente sempre una gran mancanza, un non so che di meno di quello che sperava, un desiderio di qualche cosa, anzi di molto di più“.
  25. Perché in una sua lettera riduce tutto all’osso: “Io non ho bisogno di stima, né di gloria, né d’altre cose simili. Ma ho bisogno d’amore“.

Prima parte e video delle prove – Link

13 risposte a “50 motivi per amare Leopardi (II parte) e un video della prima teatrale”

  1. Claudia Spurio ha detto:

    Carissimo prof…questa sera inizio la lettura del suo libro:”l’arte di essere fragili”. L’ho comperato per me…fragilissima. E poi per i tanti meravigliosi ragazzi che incontro in parrocchia. Non sono un’insegnante ma un’animatrice-educatrice-catechista…un esemplare raro tuttavia…perché farò? Ora le spiego…sto con i ragazzi in parrocchia, li incontro settimanalmente, organizzo per loro gite, cene…e tempi di condivisione davanti alla cioccolata calda. Parlo molto con loro…moltissimo…e loro mi parlano molto. Mi raccontano…Sono fortunata. Insieme organizziamo attività per i bimbi, feste…etc…parlo loro di Gesù e del Vangelo. Li riprendo sui valori…sulla fraternità…sull’amore al prossimo. Ma poi..li consegno alla loro libertà. So infatti che dentro i percorsi di vita più normali e anche dentro i fragili accessi della loro età incontreranno Dio. Come è accaduto per me. Il mondo non ha bisogno di “cristiani da serra” ma di uomini e donne che hanno vissuto la fede dentro la realtà spigolosa e ferente. Li nel reale ciascuno assume la piccola parte di forte-debolezza che lo renderà speciale. E poi…poi…nella Chiesa darà il meglio. Dopo essersi reso sufficentemente fragile e ferito…così io li attendo. Li attendo prima, nel mentre delle loro battaglie (spesso spariscono per anni) e dopo. Sorella maggiore che esorta chiaramente ma senza meccanismi obbliganti. E loro mi raccontano i destini tortuosi e le avventure. E lei sa professore quanto sono belli poi…questi piccoli guerrieri! Li amo molto…i “miei” giovani. Buon lavoro…e grazie! Le farò sapere alla fine che ne penso. Claudia

  2. Paola Semeraro ha detto:

    Roma, 2 dicembre 2016
    Incontro Alessandro D’Avenia, non è vero, non lo incontro, lo vado a cercare.
    Pochi minuti per un pó di libri da autografare che bastano per catturare il suo sguardo bello, sereno, e intelligente che è trasparenza di Dio.
    Grazie ??

  3. Lavinia ha detto:

    Sono una prof di 59 anni….con lo stesso slancio per la mia professione di insegnante di quando avevo 22 anni. Amo il mio mestiere , mi ritengo una artigiana, sempre in fieri , senza certezza assoluta , senza verità assolute….ma con una profonda voglia di un aggiornamento continuo. Riguardo Leopardi….devo confessare che lo amo profondamente…..la mia insegnante delle superiori, una docente speciale, nel lontano 1975, aveva presentato alla classe come un uomo che aveva filtrato il suo pessimismo in un innovativo alla vita. Questo è il quadro che io conservo di Leopardi

  4. silvia ha detto:

    Siamo coetanei, siamo entrambi insegnanti ( io alla secondaria di primo grado) ed entrambi cerchiamo con passione di ribaltare i luoghi comuni sul nostro amatissimo poeta. In queste settimane sto affrontando con i ragazzi proprio questo e resto piacevolmente incantata quando qualcuno di loro riporta commenti inaspettati…ogni tanto sono battute simpatiche ( anch’io faccio spesso il gioco del ” facciamo finta che entri adesso dalla porta “e , alla mia domanda” che cosa farebbe Leopardi se entrasse adesso in classe?”, un ragazzo ha giustamente ribattuto ” sicuramente darebbe un colpo di tosse!”), ogni tanto sono osservazioni davvero profonde. Analizzando i versi dell’Infinito, ecco che qualcuno salta su dicendo”ma usa il verbo MIRARE proprio lui che aveva la vista così debole e insiste su quel verbo sapendo che il vedere é per lui un’azione anche dolorosa…ma per fortuna la mente lo aiuta”… Oppure, rispetto alle pause e agli enjambement, “sembra quasi che abbia bisogno di inserire le pause perché é preso dall’affanno, dalla necessità di respirare….un po’ a causa dei suoi problemi di salute, un po’ per l’incredibile lavoro della sua mente”.
    Bene, penso di aver fatto un buon lavoro con questi acerbi tredicenni!

  5. Maria Lucia ha detto:

    Ho avuto la fortuna di conoscere i suoi libri attraverso i miei studenti e ora in classe stiamo leggendo “L’ arte di essere fragili’. La mia fragile vita è stata salvata da una professoressa delle Superiori: ha saputo trasformare le mie fragilità in opportunità. Non può immaginare quanta commozione provo quando lo leggiamo.
    So che gira molte scuole e così vorrei invitarla anche nella mia. Potrebbe suggerirci in che modo è possibile contattarla? Grazie

    • Prof 2.0 ha detto:

      Cara Maria Lucia, grazie per le tue parole. Proprio in questo sito, alla sezione eventi e contatti, trovi il modulo per la richiesta incontro. Un abbraccio e auguri di buon Natale

  6. Giulia Cortella ha detto:

    Dalle stelle il nostro desiderio
    È possibile trasformare un intero anno della nostra vita in desiderio (de-sideribus), una vita che magari appare come la negazione del desiderio, un disastro (dis-astrum), per 365 giorni l’anno? E’ possibile, attraverso la volontà e la forza interiore, superare il limite del quotidiano buio per raggiungere la luce che illumina il silenzio? E’ possibile guardare le stelle non solo la notte del 10 agosto?
    Dalla lettura del “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” fino alla “Ginestra o il fiore del deserto” ieri sera Alessandro D’Avenia ci ha accompagnato attraverso Giacomo Leopardi e il suo errare nel mondo della poesia, al di là dell’immagine dipinta in 180 anni di critica letteraria e ci ha restituito le quattro tappe di una vita spesa alla ricerca di un’armonia tra opposti, tra luce e buio, tra disperazione e speranza, tra ragione e cuore. Una ricerca che investe la vita di ognuno e che mai si deve deporre, per far sì che la vita sia piena e, al rischio di essere infelici, sia però autentica e vera. D’Avenia ci ha regalato un grande affresco della vita del poeta, dipinto con sensibilità ed emozione, in un’ora e mezzo di intervento sul grande palco dell’Auditorium della Gran Guardia su cui ha ricreato una classe di giovani studenti. Un clima familiare a tutti, per cui tutti sono tornati sui banchi di scuola: i numerosissimi giovani accorsi ad ascoltare l’autore di romanzi famosi quali “Bianca come il latte, rossa come il sangue” (Mondadori 2010), che lo hanno lanciato nell’orbita delle stelle della letteratura contemporanea italiana, e i meno giovani che si sono lasciati avvolgere dalla parola del biondo giovane professore siciliano. L’ultimo lavoro, dedicato al poeta di Recanati, “L’arte di essere fragili”, uscito per Mondadori nel mese di Ottobre del 2016, è stato presentato con un racconto che intreccia la biografia dell’autore a quella del grande poeta, perché ciò che conta veramente è l’umanità che c’è in noi, il nome di ogni singolo alunno che ogni mattina si chiama all’inizio della giornata scolastica o il nome di tutti noi, chiamati all’appello del quotidiano nostro vivere. Attraverso il poeta D’Avenia ci interroga dunque sul senso della nostra vita.
    Fu il desiderio e l’attrazione delle stelle che mosse il giovane adolescente Leopardi sulla via dell’esperienza che è divenuta universale ed è al fondo dei ricordi di tutti noi. Il desiderio e non il pessimismo viene esaltato ed è il mezzo attraverso il quale Leopardi riuscì, nel riconoscimento dei propri limiti, (la deformità, la malattia, la siepe che limita in un paesaggio domestico pieno di affetti, la semi-cecità) a raggiungere la piena consapevolezza e l’accettazione di se stesso e l’intima conoscenza della propria estrema fragilità. Così si incarna in lui il grande monito dei Greci: “γνῶθι σαυτόν” “Conosci te stesso”, con i tuoi limiti e le tue imperfezioni, limiti e imperfezioni che l’amore ti farà riconoscere e accettare e gli amici ti aiuteranno a superare. D’Avenia ci ricorda che i limiti sono importanti e che l’infelicità odierna deriva proprio dall’aver voluto negarli a noi stessi. Per questo Leopardi diviene maestro per noi e ci indica la luce gialla dei fiori di ginestra, il colore dell’oro e della luce, alla fine della sua vita.
    Giulia Cortella

  7. Jessica ha detto:

    caro Alessandro,
    E’ sempre intenso ed emozionante leggere cio’ che scrivi. Ti ho conosciuto grazie a Leopardi, e’ stato colui che mi ha rapito in 5 anni di liceo dove ho sempre anteposto la scienza alla letteratura. Ma quando ho incrociato Leopardi non ho potuto, ha vinto lui. E’ stato meraviglioso lasciarsi rapire e trovare nei suoi versi, come nelle tue righe, tutto l’amore per la vita che ho.
    grazie per il tuo bellissimo lavoro, non ti fermare mai…
    Mi piacerebbe poter fare una chiacchierata….a presto…Jessica

  8. Jessica ha detto:

    Ciao Alessandro,
    che meravigliosa scoperta, e’ intenso ed emozionante leggerti. Grazie ancora a Leopardi, come Leopardi mi ha rapito 20 anni fa, oggi ritrovo l’eterna fanciullezza e lo sguardo di fuoco e amore per la vita che ho.
    Non fermarti mai…
    a presto,
    Jessica

  9. Roby ha detto:

    Se sbaglio mi correggera’, ma a me risulta che Leopardi venne soprannominato “u ‘rannucchiettu” per il suo aspetto, durante il suo soggiorno napoletano (dove contrasse e mori’ di colera), e non dagli intellettuali che, senz’altro, mutuarono tale nomignolo.

    • Prof 2.0 ha detto:

      caro Roby, giustissimo il primo punto, come racconto nel libro (ma sembra siano stati proprio i suoi “colleghi” letterati a dargli per primi il soprannome: si veda la biografia di Leopardi di Iris Origo). QUanto alla morte non sembra sia morto propriamente di colera, come mostrano gli studi più recenti la morte è sopravvenuta per insufficienza respiratoria dovuta alla complessione fisica che rese sempre più difficile la respirazione sino all’arresto cardiaco.

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