1% ispirazione 99% disperazione
Iniziamo subito con il chiederle: lei é professore, e sappiamo che ama molto il suo lavoro. Vuole dirci perché?
Perché è l’unica cosa che so fare: raccontare ad altri ciò che amo. E amo stare con persone ancora piene di progetti, vita, sogni. Spendere la vita per questo fa della mia vita qualcosa di sensato e entusiasmante. E sanamente impegnativo.
Quanto questo lavoro, che é anche passione, ha contribuito al D’Avenia scrittore? Per esempio ha tratto spunto dai suoi studenti per i personaggi?
Scrivere e insegnare sono due facce della stessa medaglia. Nella scrittura ascolti i personaggi. A scuola ascolti persone. E in entrambi i casi sei chiamato a portarli a compimento con le tue inadeguate risorse.
Qual è in classe la priorità del professor D’Avenia, cosa desidera che rimanga nel cuore degli alunni?
Che la cultura serve a interrogare la vita non a controllarla.
E come scrittore in quello dei suoi lettori?
Farli sentire a casa, senza adularli. Far scoprire loro che anche a casa ci sono cose che credevamo di non avere, nel bene e nel male. Uso le parole di una lettera di Tolstoj che faccio mie: “Lo scopo dell’arte non è quello di risolvere i problemi, ma di costringere la gente ad amare la vita. Se mi dicessero che posso scrivere un libro in cui mi sarà dato di dimostrare per vero il mio punto di vista su tutti i problemi sociali, non perderei un’ora per un’opera del genere. Ma se mi dicessero che quello che scrivo sarà letto tra vent’anni da quelli che ora sono bambini, e che essi rideranno, piangeranno e s’innamoreranno della vita sulle mie pagine, allora dedicherei a quest’opera tutte le mie forze”.
Ha qualche suggerimento per avvicinare i ragazzi alla lettura?
Si fa tutto quando sono bambini. Se i genitori leggono loro le favole ad alta voce. Se li fanno sognare su altre storie quando sono un po’ più grandi. Allora il seme è gettato. E anche se ci sarà quel periodo tipico di abbandono dei libri poi torneranno alla loro felicità di un tempo. Per i ragazzi più grandi l’unico modo è testimoniare la bellezza dei libri letti. Come dice Pennac leggere, come amare e sognare, non conosce l’imperativo.
Quali sono i suoi libri preferiti, quelli che hanno contribuito a formarla come scrittore?
Domanda impossibile. Ma ne scelgo tre. Odissea. Le Confessioni. Delitto e castigo.
L´impressione è che lei viva in equilibrio perenne tra il professore e lo scrittore cercando però di vivere pienamente entrambi. Che ruolo riveste per lei la scrittura?
La scrittura è ciò che mi rende esploratore dell’esistenza. Una specie di palombaro che si inabissa nel mare dell’essere e prova a trovare qualche tesoro.
Qualcosa sui suoi libri. Parlando di Bianca come il latte Rossa come il sangue, perché ha scelto un tema così difficile?
Perché vita e morte sono gli unici temi che non mi annoiano. Ti costringono a esplorare zone della tua casa come la cantina e la soffitta…
C’è molto di lei nel personaggio di Leo, oppure si identifica di più col professore?
C’è un po’ dello scrittore in ogni personaggio. In Leo c’è molto di me: caos, passione per la vita, fragilità.
Il lettore potendo scegliere tra film e libro sceglie quasi sempre il libro. Da scrittore come ha vissuto la realizzazione cinematografica del suo libro?
Come una sfida creativa. Non mi tiro mai indietro. É stata un’avventura entusiasmante e frustrante allo stesso tempo. Frustrante perché il cinema è essenziale rispetto alla letteratura e bisognava tagliare tagliare tagliare… Entusiasmante perché quello che era un canto a solo è diventata una polifonia di voci: attori, sceneggiatori, regista…
Personalmente trovo “Cose che nessuno sa” piú maturo e completo rispetto al precedente. É una mia impressione o é d´accordo sulla crescita della sua scrittura?
Sono due libri semplicemente diversi. La grazia di Bianca come il latte… sta nel dissimulare la profondità nella apparente superficialità del protagonista. Non è un caso che io abbia scelto la prima persona per narrarlo. In Cose che nessuno sa ho scelto la terza persona. È un approccio totalmente diverso alle domande che hanno generato il secondo libro. Non vi è però dubbio che ogni libro è un passo in avanti nella propria maturazione umana e interiore, non fosse altro perché la vita pone nuove domande e nuove sfide e ogni libro scritto è portatore di una maturazione.
Abbiamo pensato di farla incontrare virtualmente con qualche suo lettore. Ecco le domande di alcuni di loro che abbiamo selezionato.
Non ha avuto paura all’inizio del suo percorso? Che il libro non piacesse, che non fosse all’altezza delle aspettative?
Non me ne preoccupavo. Per me era già un sogno che il libro fosse pubblicato, anche se lo avessero letto soltanto i miei familiari. La paura l’ho avuta più con il secondo. Lì le aspettative erano altissime e ho dovuto lottare contro un’ansia che uccide la creatività: il consenso. L’unico consenso da cercare è quello della verità di ciò che racconti. Il resto se viene è un di più. Ed è andata bene.
Come supera il cosiddetto “blocco dello scrittore”? Da dove trae l’ispirazione?
1% ispirazione. 99% disperazione. Vedo un aspetto della realtà, un volto, un fatto, che improvvisamente aprono uno squarcio sulla superficie delle cose e voglio guardarci dentro come uno che si cala nelle profondità marine perché intravede qualcosa di interessante. I blocchi dello scrittore sono benedizioni: è il motivo per cui stai scrivendo quel libro, la paura di porre le tue domande fino in fondo. Quando arriva mi dico: ecco ci siamo. A noi due!
Perché sono sempre le figure femminili nei suoi romanzi a dover affrontare percorsi difficili, duri,dover affrontare malattie e sconfitte?
Perché mi affascina la forza della donna. La sua capacità di generare la vita la rende capace di portarne tutto il peso.
Come vive ogni volta “l’inizio” e la “fine di un libro che scrive?
L’inizio e la fine sono altrettanto esaltanti. L’inizio per la domanda che poni alla tua storia. La fine perché la storia è la risposta. Il problema è il deserto da attraversare in mezzo…
Che consigli si sente di dare a un esordiente?
Professionalità. Scrivere un romanzo dall’inizio alla fine. Consultare un editor e farsi dare qualche consiglio (non gli amici). Consultare un agente e vedere se vuole scommettere su quella storia per proporla ad una casa editrice.
Ci può dire un dettaglio del suo prossimo progetto?
La domanda che sta alla base del prossimo romanzo è: come si fa a morire sorridendo a chi ti sta per uccidere?
***
Per chi è a Roma vi segnalo questa interessante mostra di un amico fotografo (soprattutto di natura) che ha avuto la bella pensata di fotografare gli scrittori nel loro “habitat” naturale.
con ammirazione e stima, una tua collega
Bravo…non riesco ad aggiungere altro!! Anch’io..provo a trasmettere la passione…la curiosità…e con la matematica..non sempre…sembra facile!!
Sono una profana del mondo dell’editoria, ho scritto un “racconto”, ma: dove potrei cercare un editor?…e soprattutto un agente? (non sull’elenco telefonico suppongo 🙂 Grazie!
Ciao Alessandro,
sono un ragazzo di 29 anni che vive in un paese quasi fuori dal mondo. Inutile dirti che sono anche io un tuo lettore e ammiratore, in attesa dei tuoi prossimi capolavori.. Se fossi in aula in questo momento mi vedresti con la mano alzata. No, non perché devo andare in bagno… ma perché avrei una domanda da porti:
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Spero tu mi possa dare un consiglio. Una dritta. Perché per chi vive come me lontano dalle città che fanno rima con “maggiori opportunità”, questi canali che hai creato con i tuoi lettori, possono essere come un faro sul quale fare rotta per raggiungere un giorno quell’isola lontana dalla veglia realtà, prima che il mare aperto assieme al cattivo tempo, travolgano questa zattera sul quale custodisco il mio tesoro. Questo piccolo baule con dentro il sogno di diventare un giorno un interessante scrittore.
Se ho scritto a te è perché è stato grazie ai tuoi libri che ho ritrovato la voglia di crederci.
Spero davvero tu possa trovare due minuti per poter rispondere alla mia domanda. Te ne sarei grato.
Ok. E’ suonata la campanella !! 🙂
Grazie prof.
Arrivederci
Ho appena finito di leggere ‘Cose che nessuno sa’ ed ho trovato questa lettura una delle più arricchenti della mia vita. A 22 anni non si è poi così distanti dall’essere ‘funamboli a piedi nudi su di un filo in cui l’equilibrio è un miracolo’, come a 14. Mi sono ritrovata subito in Margherita, per una situazione di abbandono che fortunatamente però non è uguale alla sua. L’Amore si può perdere sotto tante forme ed essere convinti di averlo finalmente trovato avendo voglia di moltiplicare valigie, fusi orari, attese, spazzolini, lacrime e sorrisi, per poi scoprire all’improvviso che questa moltiplicazione non si può attuare perché per l’altro diventa sottrazione, divisione… beh, le sensazioni che si provano in situazioni come questa sono ‘cose che tutti sanno’. Eppure questo libro, che è forse il secondo o il terzo tra tutti quelli che ho letto che mi ha fatta piangere, mi ha lasciato un magone dentro indescrivibile. Mi ha fatto pensare a quante cose in comune ho con chi è ‘soltanto’ un personaggio di un romanzo: la voglia di futuro di Margherita, un fratello come Andrea, amiche come Marta, nonne come Teresa, passione per la recitazione ed il Teatro, Fabrizio de André che un giorno andrò a trovare nella sua Genova… tutto questo mi ha fatta sentire meno sola. Perché purtroppo molto spesso ci si lascia vincere dalla convinzione che non si ha nulla, pur avendo tutto, semplicemente perché si è troppo concentrati sull’unica cosa che crediamo ci manchi per essere felici, piuttosto che sulla Bellezza che ci circonda… e tu con questo libro sei riuscito a ricordarmelo.
Grazie.
Ps. non sono un tipo che commenta i post dei blog che segue, e scusami per questo se sono stata prolissa. Ma spero di averti reso un po’ più ‘soddisfatto’ del tuo lavoro, perché ho capito che limitarsi ad amare la luce non è amare la Vita… per quello bisogna abbracciare anche le ombre.
Aspetto la prossima conchiglia su cui poggiare l’orecchio. Complimenti e… ad maiora!
Queste parole sono il meglio che possa capitare ad uno scrittore. Un po’ di bellezza, che non muore, è passata in te.
Grazie per …3P!!! Lo attendo con ansia per presentarlo ai miei figli.Coraggio,ti sosteniamo tutti!
Caro Alessandro,
mi permetto di rivolgermi a te con una certa confidenza, in quanto rappresenti per me e per i miei alunni un importante compagno di viaggio e punto di riferimento.
Come avrai capito, sono un’insegnante e mi trovo alle prese con un’importante questione: i consigli di lettura per le vacanze natalizie. Dopo alcuni anni di esperienza e proposte di percorsi di lettura nel biennio liceale, credo di poter dire con sufficiente chiarezza che cosa cerca un ragazzo in una lettura e che cosa cerco io come insegnante.
L’alunno cerca una storia che lo rappresenti e lo rispecchi, che lo appassioni, che parli al suo cuore, che sia di lettura abbastanza semplice e coinvolgente, che non insista troppo su aspetti “tragici” dell’esistenza. Io, come insegnante, cerco un’opera pregevole dal punto di vista letterario, che coinvolga, che porti a riflettere su temi profondi, che contenga, al di là di tutto, valori e messaggi positivi e, soprattutto, Speranza (ingrediente consustanziale all’educazione, dal mio punto di vista).
Ora, queste richieste si intrecciano perfettamente nei tuoi libri, che i miei alunni amano. Stamattina: “Prof., non ha scritto niente di nuovo D’Avenia?”; “Prof., non potremmo leggere qualcosa di simile ai romanzi di D’Avenia?”. Ora, a te che mostri di conoscere e capire profondamente il loro mondo e i desideri del loro cuore, chiedo: che consigli di lettura ci offri, per le prossime vacanze?
Grazie per l’attenzione, ma soprattutto per ciò che fai.
Giovanna T.
Cara Giovanna, qui trovi un bell’elenco che può ispirarti. https://www.profduepuntozero.it/2013/07/09/theres-no-self-without-shelf/
Io darei loro: Qualcuno con cui correre o Il gusto proibito dello zenzero.
Leggere questa intervista è come ascoltare consigli dati da un padre ad una figlia. Il padre ti sfida ma allo stesso tempo ti permette sfidarti. Consigli perché non so quando avrò il coraggio per affrontare in prima persona le mie domande e riuscire soprattutto ad accettare le risposte. Scrivere è attraversarsi attraverso una serie di corridoi quasi senza uscita,labirinti che tormentano. L’uscita è solo un’utopia…ma appunto l’uscita sta proprio (nel mio caso) nella scrittura.Affido spesso i miei pensieri,della vera Giada,al mio prof d’italiano quando le tracce mi chiedono di ripristinare dentro di me appunto eventi che mi hanno permesso di diventare ciò che sono adesso. Non ho paura,perchè so che anche se ci fossero situazioni da dover “giudicare”,il giudizo sarà soltanto una mano che mi proietterà nel futuro. Dicono che do lezioni di vita quando scrivo,quando parlo della vita,quando ogni istante scopro dentro di me qualcosa che forse nemmeno sapevo di possedere. Benedetta paura allora,benedetta paura di scoprirsi,benedetta la vita che mi ha sfidata e continua a farlo incessantemente,con un amore che va al di sopra dell’immaginabile.